Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-07-2011) 04-08-2011, n. 31135

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.G. e G.C. ricorrono avverso la sentenza di cui in epigrafe che, assolvendo il primo imputato dall’imputazione di furto aggravato di cui al capo 22, nel resto ha confermato la sentenza di primo grado, riconoscendoli responsabili di diversi episodi di truffa aggravata e furti aggravati nei confronti di persona anziane, commessi nell’arco di tempo 2006-2009.

La condanna veniva basata sia sulle deposizioni delle persone offese e sui riconoscimenti fotografici dalle stesse effettuati; solo il S. ammetteva la responsabilità per tutti i reati, salvo per quelli di cui ai capi 22 e 23.

S.G. articola un unico motivo con il quale, lamenta la manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità per i reati di furto allo stesso attribuiti ai capi 22 e 23 di imputazione.

Con riferimento al primo episodio si sostiene che la sottrazione del libretto di assegni in danno della parte offesa era ascrivibile come riconosciuto dalla stessa Corte di merito esclusivamente al G., che da solo si era introdotto nell’appartamento in compagnia dell’anziano. Con riferimento al secondo episodio si sostiene che la vittima avrebbe consegnato spontaneamente la somma richiesta e che, pertanto, non era configurabile alcun impossessamento della somma, ma semmai con comportamento fraudolento.

Gallano Carlo articola cinque motivi.

Con il primo motivo censura la sentenza sotto il profilo della ritenuta responsabilità per i reati di truffa contestati al capi 8, 14 e 17 sostenendo la carenza assoluta di prove.

Con il secondo motivo si duole del riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 5. sul rilievo che non era stato verificato l’esistenza di fenomeni concreti di decadimento delle facoltà mentale dei soggetti passivi.

Con il terzo motivo si duole del diniego delle attenuanti generiche nonostante il corretto e collaborativo comportamento prò cessuale.

Con il quarto motivo invoca il minimo aumento per la ritenuta continuazione.

Con il quinto motivo insta per la riduzione della pena e l’esclusione della recidiva.

Motivi della decisione

I ricorsi sono manifestamente infondati.

Passando ad esaminare il ricorso proposto dai S., va innanzitutto rilevato che la Corte territoriale, in riforma della sentenza di primo grado, ha già assolto il S. dall’imputazione di cui al capo 22 per non aver commesso il fatto.

E’ manifestamente infondata anche la censura riguardante il giudizio di responsabilità con riferimento al reato di furto pluriaggravato di cui al capo 23, ove si consideri che per un verso si vorrebbe imporre a questa Corte di ricostruire ex novo la vicenda rispetto a come invece delineata nelle sentenze di merito e, dall’altro, si introducono prospettate violazioni di legge all’evidenza insussistenti.

Sotto il primo profilo, la ricostruzione operata dai giudici, che si esprimono nel senso che vi è stato "un materiale scippo" dei soldi, e quindi il reato di furto aggravato in contestazione, non ammette spazio per una diversa ricostruzione.

Sotto il secondo profilo, conseguentemente, corretta è la qualificazione della condotta aggravata. Basta qui ricordare che, secondo assunto pacifico, per quanto interessa, il furto aggravato dall’uso del mezzo fraudolento è caratterizzato da un’aggressione unilaterale del reo al patrimonio della persona offesa e l’impossessamento della cosa avviene eludendo, grazie al mezzo fraudolento, la vigilanza del detentore contro la sua volontà. Nella truffa, invece, l’inganno induce la stessa vittima ad "auto danneggiarsi", nel senso che il trasferimento della cosa avviene con il consenso del soggetto passivo, sia pure viziato dagli artifici e raggiri posti in essere dall’agente. In altri termini, mentre la truffa rientra pur sempre tra i reati commessi con la cooperazione della vittima, il cui consenso all’atto di disposizione patrimoniale è ottenuto mediante "frode", il furto rientra tra i reati consumati mediante "violenza", contro la volontà della vittima e quindi con atto aggressivo unilaterale, onde, in caso di uso del mezzo fraudolento, l’azione delittuosa prescinde dall’induzione in errore del soggetto passivo e mira all’lmpossessamento della cosa mediante l’utilizzo di un mezzo che sorprenda o soverchi con l’insidia la contraria volontà del detentore, violando le difese e gli accorgimenti che questi abbia apprestato a custodia della cosa (cfr.

Sezione 4^, 18 novembre 2008, Santaniello).

Ineccepibile è anche la ravvisata aggravante della destrezza, ove si consideri che, per tale, deve intendersi quella condotta significativamente volta all’approfittamento di una qualunque situazione di tempo e di luogo idonea a svisare l’attenzione della persona offesa, distogliendola dal controllo e dal possesso della cosa (Sezione 4^, 17 febbraio 2009, Scalise). Coerentemente a tali principi i giudici di merito hanno legittimamente ritenuto la sussistenza della ipotesi delittuosa contestata, giacchè il S., presentatosi come collega del figlio dell’anziana donna e prospettata la necessità di ritirare per conto dello stesso la somma di denaro, approfittava del momento di incertezza e titubanza della donna nella materiale consegna del denaro allo sconosciuto, afferrandolo dalle mani della vittima e scappando.

Anche il ricorso proposto dal G. è manifestamente infondato.

Quanto al primo motivo, va innanzitutto rilevato che le doglianze relative al capo 8 non hanno rilievo non essendovi stata nè contestazione nè condanna.

Anche le censure sulle responsabilità per i reati indicati ai capi 14 e 17 sono manifestamente infondate a fronte della confessione resa dall’imputato con riferimento al primo episodio e del riconoscimento fotografico da parte della vittima, avvenuto anche con riferimento all’episodio delittuoso descritto nel capo 17.

Non va del resto dimenticato che, secondo assunto pacifico, il riconoscimento fotografico cui, nel corso nelle indagini, abbia proceduto la polizia giudiziaria, pur non regolato dal codice di rito, costituisce un accertamento di fatto e, come tale, è utilizzabile nel giudizio in base al principio di non tassativltà dei mezzi di prova ed a quello del libero convincimento del giudice.

In tal caso, la certezza della prova dipende non già dal riconoscimento in sè, ma dalla attendibilità accordata alla deposizione di chi, avendo esaminato la fotografia dell’imputato, si dica certo della sua identificazione; e ciò soprattutto quando questa venga confermata al giudice (Sez. 2^, 13 maggio 2009, Perrone).

In questa prospettiva, le critiche sviluppate nel ricorso propongono una inammissibile diversa Interpretazione del compendio probatorio, logicamente e convincentemente già esaminato dai giudici di merito posto a fondamento di una argomentata motivazione, incensurabile in questa sede.

Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Ai fini della ravvisabilità dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 5, non è richiesto che la difesa sia quasi o del tutto impossibile, ma è sufficiente che essa sia semplicemente ostacolata, La debolezza fisica dovuta all’età senile ed i fenomeni di ansia collegati alle vicende familiari, che il più delle volte caratterizzano queste persone, costituiscono certamente una minorazione delle capacità difensive del soggetto che impedisce il tentativo di reazione possibile a una persona giovane e di ordinaria prestanza fisica, particolarmente quando risulti che la vittima del reato è stata scelta dall’agente proprio in considerazione dell’avanzata età. Tale valutazione è stata logicamente ed ampiamente compiuta dalla Corte territoriale che ha ravvisato la circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 5, in modo non manifestamente illogico nell’età avanzata delle vittime, che sono state avvicinate dagli imputati con informazioni relative alla loro vita privata, quali l’esistenza o il nome di figli e nipoti creando con false notizie situazioni di ansia tali da diminuirne la capacità di difesa, ostacolando la serena capacità di riflessione e di comprensione della realtà.

Non va del resto dimenticato che la circostanza aggravante dell’aver profittato di circostanze tali da ostacolare la privata difesa ha carattere oggettivo ed è integrata per il solo fatto della ricorrenza di condizioni utili a facilitare il compimento dell’azione criminosa, a nulla rilevando che dette condizioni siano maturate occasionalmente o indipendentemente dalla volontà dell’agente (cfr.

Sezione 3^, 12 ottobre 2007, Tolomelli), non essendo dubitabile in proposito la ricorrenza nella vicenda de qua di una tale situazione.

Anche il quarto ed il quinto motivo sono manifestamente infondati.

E’ noto, In proposito, che la valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti genetiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione delle circostanze, nonchè per quanto riguarda in generale la dosimetria della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’art. 133 c.p., è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico.

Ciò che qui deve senz’altro escludersi avendo il giudice motivato, con puntuale argomentazione, le ragioni in forza delle quali non potevano essere accolti i motivi afferenti il trattamento sanzionatolo ed il diniego delle generiche, facendo specifico riferimento alla particolare ed elevata capacità criminale ed all’effettiva pericolosità sociale del prevenuto ed alla oggettiva gravità dei fatti allo stesso addebitati. Ineccepibile anche il giudizio che ha portato a ritenere la recidiva, sviluppato argomentando diffusamente sulla pericolosità sociale del prevenuto, attestata dalle modalità dei fatti.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., gli imputati vanno condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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