Corte Suprema di Cassazione – Penale Sezione VI Sentenza n. 42249 del 2006

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Ritenuto in fatto

1. M. M. propone ricorso contro la sentenza 23 marzo 2005 della Corte d’appello di Trento che, in riforma della decisione 1 ottobre 2003 del Tribunale di Trento con la quale fu assolto perché il fatto non costituisce reato, lo ha dichiarato responsabile del delitto di favoreggiamento perché rifiutava di fornire informazioni a lui note in ordine al traffico di stupefacenti al parco S. e alle persone alle quali era stato visto consegnare danaro ricevendo in cambio un piccolo involucro ?verosimilmente? contenente sostanza stupefacente.

Il giudice d’appello non ha condiviso la soluzione del Tribunale secondo cui nell’ipotesi d’acquisto di sostanze e detenzione di stupefacenti per uso personale il fatto deve essere denunciato all’autorità giudiziaria, perché la valutazione sulla destinazione personale non può che essere attribuita alla inderogabile competenza del magistrato cui la notizia di reato deve essere tempestivamente inoltrata da parte della polizia. Per tale ragione, ad avviso del primo giudice, M. M. era persona sottoposta alle indagini e pertanto, a norma degli articoli 350, comma 1, e 64, comma 3, lett. b) c.p.p., avrebbe avuto la facoltà di non rispondere alle domande rivoltegli dagli organi di polizia.

La Corte di Appello ha, invece, condiviso le censure dei Pm che hanno impugnato la sentenza di assoluzione. In particolare, il giudice ha giustificato la pronuncia di condanna perché M. M. non aveva commesso alcun reato con l’acquisto per uso personale di sostanze stupefacenti e per tale ragione non era stato iscritto nel registro degli indagati e non vi erano ostacoli di carattere giuridico per sentirlo quale persona informata sui fatti. Per il giudice d’appello, la giurisprudenza di legittimità e nel senso che l’acquirente-consumatore, ove rifiuti di dare agli organi di polizia giudiziaria informazioni sul suo fornitore, commette il reato di favoreggiamento personale.

Quanto alla condotta, la sentenza precisa che M. M., sentito in due distinte occasioni nel corso di un indagine diretta ad accertare i responsabili di un capillare traffico di stupefacenti, si è rifiutato di rispondere alle domande rivoltegli dagli organi di polizia il 15 marzo 2002 e poi il 7 maggio dello stesso anno. Tale rifiuto, per il giudice d’appello, configura il delitto di favoreggiamento poiché diretto ad aiutare le persone, dalle quali egli aveva acquistato stupefacente, a eludere le investigazioni di polizia.

Ad avviso della Corte di Appello, non è applicabile l’esimente prevista dall’articolo 384 c.p., cui ha fatto riferimento la difesa in sede di conclusioni, in quanto M. non ha ?mai invocato a giustificazione della propria condotta? la necessità di salvare sé medesimo da un grave nocumento nell’onore o nella libertà. Al riguardo, la Corte di merito rileva che, quanto all’onore, il certificato penale dell’imputato riporta due condanne, una delle quali in materia di stupefacenti, e, quanto alla libertà, M. non è risultato titolare di patente, di passaporto e di licenza di porto d’armi e pertanto non avrebbe potuto in concreto essere applicate le sanzioni amministrative previste dall’articolo 75 Dpr 309/90.

Peraltro, la procedura amministrativa, indipendentemente dalle dichiarazioni di M., sarebbe stata in ogni caso attivata, tenuto conto che la violazione da lui commessa era stata accertata dagli inquirenti.

2. Il difensore di G. M., avv.to G? C?, deduce la nullità della sentenza per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonché per manifesta illogicità della motivazione e mancata assunzione di una prova decisiva. La violazione di legge è riferita agli articoli 378 e 384 c.p. e agli articoli 350, comma 1, e articolo 64, comma 3, 351, comma 1, c.p.p. in relazione agli articoli 73 e 75 Dpr 309/90.

Per il ricorrente, la premessa della conclusione cui è pervenuto il giudice d’appello è l’esito di un’erronea valutazione della complessiva vicenda in cui l’imputato è stato coinvolto. M. risulta essere diretto protagonista di un’operazione di polizia volta alla repressione di un’attività di traffico di stupefacente e, pertanto, egli aveva maturato la consapevolezza di sicuri effetti negativi a proprio carico, di natura penale o amministrativa.

Il nocumento cui fa riferimento l’esimente di cui all’articolo 384 c.p. comprende le conseguenze di carattere amministrativo collegate all’articolo 75 Dpr 309/90, e, pertanto, l’inevitabilità va collegata al rapporto in cui il comportamento dell’agente si pone rispetto ai beni personali.

Il ricorrente contesta l’affermazione del giudice d’appello secondo cui l’esimente di cui all’articolo 384 c.p. non può riguardare la persona che ha riportato altre condanne.

Altro profilo posto in rilievo è quella della mancata considerazione della condotta complessiva di M., in quanto non sarebbe stata acquisita una ?cassetta? sulla quale sono state riportate le frasi che effettivamente M. e gli inquirenti si scambiarono e che consentono di inquadrare meglio la vicenda.

Si evoca, ancore, la giurisprudenza di legittimità favorevole all’applicazione dell’esimente di cui all’articolo 384 c.p. in episodi analoghi a quelli nei quali risulta coinvolto M..

Infine, si deduce che M., a differenza di quanto riportato in sentenza, è titolare di patente di guida per autoveicoli pesanti.

3. Altro difensore di M., avv.to, F? V?, deduce l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche in ordine al mancato riconoscimento dell’esimente di cui all’articolo 384 c.p., in quanto risulta evidente che l’imputato ha agito per salvare sé stesso e non per favorire altri.

Errata è la conclusione cui è giunta la Corte d’appello circa la concreta inapplicabilità delle sanzioni amministrative previste dall’articolo 75 Dpr 309/99 in quanto, al di là della titolarità di documenti equipollenti al passaporto, la norma de qua si riferisce anche al divieto di conseguire le abilitazioni in essa indicate.

Il ricorrente pone in risalto che la convocazione del 7 maggio 2002 era riferita non a uno specifico episodio, bensì genericamente ?per essere sentito su quanto di sua conoscenza riguardo lo spaccio di sostanze stupefacenti?. M. in tale occasione si rifiutato di rispondere in ordine all’uso di sostanze stupefacente e ?a quanto succede in parco S.?

4. Tale è la sintesi ex articolo 173, comma 1, disp. att. c.p.p. delle questioni poste col ricorso.

Considerato in diritto

1. La questione dedotta dal ricorrente è oggetto di contrasto di giurisprudenza, sotto un duplice profilo.

2. Un primo profilo, che costituisce l’antecedente logico-giuridico rispetto all’operatività dell’esimente di cui al primo comma dell’articolo 384 c.p. ed è il presupposto negativo del favoreggiamento, riguarda la possibilità per gli organi di polizia di sentire l’acquirente di sostanza stupefacente in qualità di persona informata dei fatti anziché con le garanzie difensive nel cui ambito va annoverata la facoltà di non rispondere.

Come noto, il favoreggiatore non deve essere coinvolto nella realizzazione del reato presupposto. Se ciò sia in concreto ipotizzabile e la persona, comunque escussa dall’ autorità giudiziaria o di polizia, renda false o reticenti informazioni nel corso delle indagini si configura una situazione giuridica riconducibile al secondo comma dell’articolo 384 c.p.. Fattispecie che – a differenza dell’esimente prevista dal primo comma dello stesso articolo per la quale rileva una situazione assimilabile allo stato di necessità – si riferisce a chi per legge non avrebbe potuto essere assunto come testimone o persona informata dei fatti anche dall’autorità di polizia nel corso delle indagini e per tal ragione e sia poi chiamata a rispondere del delitto di cui all’articolo 371 bis c.p. o di favoreggiamento. A tale ultimo proposito, non pare sia da revocare in dubbio che anche al delitto di favoreggiamento, nonostante non sia indicato nella norma, la causa di non punibilità de qua debba ?erga omnes? le dichiarazioni rese senza garanzie difensive da un soggetto che avrebbe dovuto fin dall’istesa?, dopo l’incostituzionalità dell’articolo 384, comma 2, c.p. nella parte in cui non prevedeva la non punibilità per false o reticenti informazioni rese a norma dell’articolo 351 c.p.p. da chi ex articolo 199 c.p.p. avrebbe avuto la facoltà di astenersi (Corte costituzionale, 416/96).

Peraltro, in tale ipotesi, la escussione è effettuata non iure, perché è avvenuta in violazione di un divieto previsto dalla disciplina processuale e, pertanto, piuttosto che di una causa di non punibilità, come osservato in dottrina, si è in presenza di un elemento che incide in negativo sulla tipicità del fatto.

Per tal motivo, è preliminare la questione giuridica se l’acquirente di stupefacente possa o meno giuridicamente essere assunto come ?persona informata dei fatti? e se abbia il diritto di rifiutarsi di fornire informazioni nel corso delle indagini agli organi di polizia.

Rispetto a tale posizione, il cui fondamento è nel principio del nemo tenetur se detegere racchiuso nel secondo comma dell’articolo 63 c.p.p. che sanziona con l’inutilizzabilità ?patologica? le dichiarazione di chi sin dall’inizio avrebbe dovuto essere sentito in qualità di imputato o indagato, si registrano orientamenti opposti.

Questa Corte si è espressa nel senso che l’acquirente di modici quantitativi di sostanza stupefacente ben può in linea di principio assumere la veste di indagato, non risultando, allo stato e ictu oculi, affatto scontata la destinazione della sostanza acquistata a esclusivo uso personale, di guisa che il soggetto deve essere sentito quale indagato (Sezione sesta, 20 novembre 2002, Pg in proc. Pastiglia, n.m, ; id, 18 novembre 2003, dep. 6 febbraio 2004, n. 4900, Rv. 227740). In linea con tale principio di diritto, si è ritenuto che le dichiarazioni rese dall’acquirente di stupefacente senza le garanzie difensive sono inutilizzabili in sede di giudizio abbreviato (Sezione quinta, 23 settembre 2004, dep. 8 novembre 2004, n. 43542, Rv. 230065).

A diversa conclusione è pervenuta Sezione sesta, 16 giugno 2003, secondo cui la sanzione delineata al secondo comma dell’articolo 63 c.p.p., secondo il quale sono inutilizzabili ?enizio essere sentito in qualità di imputato o persona soggetta alle indagini, opera solo nei casi in cui a carico di costui sussistano indizi in ordine alla sua responsabilità penale per un determinato fatto. Ne consegue che non è applicabile il disposto di cui all’articolo 63 c.p.p. alle dichiarazioni rese da soggetti tossicodipendenti cessionari di sostanze stupefacenti, non essendo prospettabile a loro carico alcun elemento di responsabilità penale, ma solo profili di responsabilità amministrativa ex articolo 75 Dpr 309/90 (Sezione sesta, 16 giugno 2003, dep. 226767,30 marzo 2004, dep. 3 giugno 2004, n. 25051, Rv. 229269). Nello stesso senso, con maggiore specificazione si è affermato che, poiché la destinazione a uso di terzi costituisce elemento essenziale del reato, la persona trovata in possesso di sostanza stupefacente va considerata, almeno fino a che nei suoi confronti non siano emersi concreti elementi indicativi della finalità di spaccio o non sia stata effettuata l’iscrizione nel registro degli indagati, persona informata sui fatti, le cui dichiarazioni pertanto possono essere utilizzate contro i terzi ai sensi dell’articolo 63, comma 1, c.p.p. (Sezione quarta, 24 febbraio 200 1, dep. 24 aprile 2001, n. 17104, Rv. 219451).

Quest’ultimo orientamento si giustifica in un contesto orientato a salvaguardare le esigenze fondamentali del processo penale volte, dopo l’intervenuta modifica dell’articolo 111 Costituzione e della legge 63/2001, a garantire il contraddittorio tra il dichiarante e la persona accusata.

In tal senso va letta e interpretata la regula iuris per la quale la sanzione delineata al secondo comma dell’articolo 63 c.p.p. richiede un maggiore rigore per verificare se prima dell’escussione fossero sussistenti indizi ?non equivoci di reità?, e se tali indizi fossero ?conosciuti dall’autorità procedente, non rilevando a tale proposito eventuali sospetti o intuizioni personali dell’interrogante.

I parametri richiesti per valutare l’operatività della sanzione di inutilizzabilità si giustificano dunque, in ottica tipicamente processuale e in rapporto alle esigenza di conservare elementi di prova ab origine legittimamente raccolti. Mentre, per la configurazione del delitto di favoreggiamento i parametri sono quelli previsti dalla fattispecie incriminatrice e non può non rilevare che ai fini della legalità del rifiuto o della ?giustificazione? della falsità delle informazioni rese si debba tenere conto, in un giudizio ex post, della?concreta? situazione così come ipotizzabile al momento in cui la persona è chiamata a rendere informazioni; informazioni che in ?concreto? avrebbero potuto implicare anche in ipotesi un coinvolgimento della persona escussa nell’indagine in corso.

3. La questione presenta aspetti non meno problematici quanto all’ipotesi di non punibilità ex articolo 384 comma 1 c.p. di chi ha commesso il reato ?per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà e nell’onore?.

ÿ prevalente l’indirizzo che ritiene non punibile, a norma dell’articolo 384, comma 2 c.p., chi, per non ammettere di essere tossicodipendente, neghi l’acquisto e il consumo di stupefacenti nonché di fornire indicazioni della persona dalla quale abbia ricevuto la sostanza.

In particolare, si è affermato che, in tema di favoreggiamento, la causa di non punibilità per avere agito allo scopo di evitare un ?grave e inevitabile nocumento nella libertà? è configurabile nei confronti della persona che, nel corso delle indagini, abbia negato falsamente l’acquisto di stupefacente destinato al proprio personale consumo in considerazione del rischio derivante dalla prospettiva di applicazione delle sanzioni amministrative previste dall’articolo 75 del Dpr 309/90 (Sezione sesta, 37013/03, Venneri, Rv. 227003; 19384/05, Rv. 232121; 7 febbraio-28 marzo 2006, Strada, Rv. 233732).

Ad analoga conclusione si è pervenuti nel caso di falsa testimonianza.

Anche qui, la prospettiva dell’applicazione delle sanzioni amministrative delineate all’articolo 75 del Dpr 309/90, per evitare la quale il testimone abbia negato falsamente l’acquisto di stupefacente destinato al proprio personale consumo, si configura quale ?grave e inevitabile nocumento nella libertà?, ed esclude per tale motivo la punibilità della reticenza o della falsa testimonianza (Sezione sesta, 7752/02, Degrassi, Rv. 221154).

Non è da revocare in dubbio che sia privo di pregio il rilievo – cui la Corte di merito ha attribuito significato ai fini della concreta prospettiva di applicazione delle sanzioni amministrative previste dall’articolo 75 Dpr 309/90 – che in concreto il soggetto non avrebbe corso alcun rischio per non essere titolare di patente, di passaporto e di abilitazione al porto d’armi. Il citato articolo 75, infatti, prevede non solo la sospensione di tali abilitazioni, bensì anche il divieto di conseguirle.

Un principio di diritto opposto è enunciato da Sezione sesta, 2991/05, Lucci Rv. 231188 secondo cui l’applicazione dell’esimente di cui all’articolo 384 c.p. non può essere invocata, per un delitto di favoreggiamento, dal tossicodipendente che abbia agito al fine di sottrarsi all’applicazione delle sanzioni amministrative previste dall’articolo 75 Dpr 309/90, in quanto tali sanzioni non sono applicabili se l’interessato si sottopone al programma terapeutico e socio riabilitativo regolato dall’articolo 122 del citato Dpr 309/90, di tal che il relativo nocumento nella libertà personale non può dirsi inevitabile, mentre l’assunzione del programma di riabilitazione non comporta in sé quella limitazione di libertà grave che può assumere rilevanza, per l’articolo 384 c.p., ai fini di esclusione della punibilità.

Mette conto rilevare che l’articolo 75 comma 11 del citato Dpr, nel testo modificato dall’articolo 4ter legge 49/2006, stabilisce che la sospensione degli atti abilitativi è sempre disposta dal prefetto e può essere ?revocata? soltanto nel caso di esito positivo del programma terapeutico e socio riabilitativo. Ciò pare confermare che il ?nocumento alla libertà? sia in ogni caso ?concreto e attuale? allorché la persona ammetta, indipendentemente dagli accertamenti al riguardo compiuti dagli organi di polizia, l’acquisto di stupefacente per uso personale.

4. Il contrasto delineato impone, ex articolo 618 c.p.p., la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite.

P.Q.M.

Dispone la trasmissione degli atti alle Sezioni Unite di questa Corte.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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