T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 13-09-2011, n. 7226

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente è proprietario di un manufatto ad uso deposito realizzato abusivamente nel Comune di Roccasecca, Via Casilina, ricadente nella fascia di rispetto del Fiume Melfa oggetto di domanda di condono ai sensi della L. 724/94.

Con istanza del 16/6/2000, ha chiesto al Comune di Roccasecca il rilascio del parere ex art. 32 della L. 47/85.

Con determinazione n. 2 del 9/1/03, il Comune di Roccasecca ha reso parere favorevole ritenendo che non sussistessero motivi di contrasto tra il corpo di fabbrica interessato dal condono ed il contesto paesistico e panoramico vincolato, tale da impedire la sanatoria dell’opera realizzata.

Detto provvedimento è stato annullato dall’Amministrazione statale con il decreto impugnato.

Avverso detto provvedimento il ricorrente ha dedotto il seguente motivo di impugnazione:

1. Violazione dell’art. 32 della L. 47/85. Violazione degli artt. 146 e 151 del D.Lgs. 490/99. Eccesso di potere per difetto ed erroneità dei presupposti, travisamento, difetto di istruttoria, illogicità. Sviamento.

Deduce il ricorrente che l’Amministrazione Comunale avrebbe fornito una adeguata motivazione avendo tenuto conto del contesto nel quale si inserisce il manufatto oggetto di sanatoria.

Il deposito, infatti, pur ricadendo in zona E, sottozona E3 (agricola vincolata), sarebbe circondato da molti altri magazzini, ricadenti in zona B3, che si trovano ancora più vicini all’argine del Fiume Melfa, a dimostrazione dell’inesistenza di ragioni di contrasto tra la conservazione del manufatto ed il contesto paesistico e panoramico vincolato.

Peraltro, secondo il P.R.G. di Roccasecca sarebbero ammissibili fabbricati ad uso magazzino nella fascia di rispetto del fiume e secondo l’art. 8 comma 11 delle N.T.A. del P.T.P. sarebbe consentito al Comune di derogare al vincolo di inedificabilità di 150 metri consentendo interventi di riqualificazione e adeguamento con il solo limite del mantenimento dalla fascia di inedificabilità di 50 metri dall’argine, della comprovata esistenza di aree edificate contigue e dell’assenza di altri beni di cui all’art. 1 della L. 431/85.

Non vi sarebbero reali ragioni di contrasto tra la conservazione del fabbricato ed il contesto vincolato: pertanto il provvedimento della Soprintendenza sarebbe stato adottato per ragioni di merito e non di legittimità.

Pertanto insiste il ricorrente per l’accoglimento del ricorso.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie con le quali hanno meglio illustrato le loro tesi difensive.

All’udienza pubblica del 26 maggio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Con il ricorso in epigrafe, il ricorrente ha impugnato il provvedimento del 15/5/03 con il quale la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico del Lazio ha annullato il provvedimento del Comune di Roccasecca del 9/1/03 n. 2, con il quale è stato espresso parere favorevole ai sensi dell’art. 32 della L. 47/85, alla sanatoria del fabbricato ad uso deposito di sua proprietà sito nel Comune di Roccasecca, Via Casilina, ricadente nella fascia di rispetto di m.150 del Fiume Melfa iscritto nell’elenco delle acque pubbliche di cui al T.U. n. 1775/33, da cui dista m. 71.

Il manufatto ricade quindi in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 146 lett. c) del D.Lgs. 490/99, mentre dal punto di vista urbanistico ricade in zona E, sottozona E3 – agricola non compromessa; il fabbricato abusivo si trova a ridosso della zona B nella quale sono stati realizzati molti altri manufatti, alcuni dei quali si trovano anche a distanza più ravvicinata rispetto al fiume.

L’Amministrazione, nel disporre l’annullamento, ha rilevato che il provvedimento comunale sarebbe carente nella motivazione; ha poi rilevato che l’intervento contrasterebbe con le previsioni recate dal P.T.P. ambito territoriale n. 14 in quanto il fabbricato sarebbe stato realizzato in totale difformità con la normativa di zona ricadendo nella fascia di rispetto del corso d’acqua vincolato:

si tratterebbe quindi di un abuso sostanziale non passibile di sanatoria.

Deduce il ricorrente, in estrema sintesi, che il provvedimento comunale sarebbe adeguatamente motivato in quanto il parere favorevole sarebbe stato reso in considerazione della specifica localizzazione del fabbricato, trovandosi praticamente circondato da aree edificate ricadenti in zona B3 e dunque oggettivamente compatibile con il contesto paesistico esistente.

Deduce, poi, che il provvedimento di annullamento sarebbe intervenuto per ragioni di merito e non di legittimità e che, infine, la normativa paesaggistica di zona non imporrebbe il vincolo di inedificabilità assoluta come ritenuto dalla Soprintendenza; infine, la Soprintendenza non avrebbe tenuto conto della specifica localizzazione del fabbricato, posto a ridosso della zona urbanizzata.

Nessuna delle censure proposte può trovare accoglimento.

Dalla lettura del provvedimento impugnato emerge chiaramente che l’annullamento è intervenuto per motivi di legittimità e non di merito, in quanto la Soprintendenza ha disposto l’annullamento del nulla osta paesaggistico per il suo evidente contrasto con la normativa recata dal P.T.P.

Il manufatto abusivo, infatti, realizzato nel 1987 – quindi in data posteriore rispetto all’introduzione del vincolo – ricade nella fascia di rispetto del Fiume Melfa iscritto nell’elenco delle acque pubbliche e dunque soggetto al vincolo ex art. 146 lett. c) del D.Lgs. 490/99; secondo l’art. 8 comma 6 delle N.T.A. del P.T.P. Ambito n. 14 in detta zona non sono ammesse costruzioni in quanto "I corsi d’acqua e le relative fasce di rispetto debbono essere mantenuti integri e in edificati per una profondità di metri 150 per parte".

Appare evidente come secondo il P.T.P. la zona sia soggetta a vincolo di inedificabilità assoluta.

Del tutto irrilevante è l’affermata compatibilità del manufatto con le prescrizioni recate dal P.R.G di Roccasecca – compatibilità peraltro affermata, ma non dimostrata, atteso che si tratta di un manufatto realizzato in zona E3 per la quale il P.R.G. consente taluni interventi edificatori con stringenti prescrizioni, tra le quali quelle relative al lotto minimo – tenuto conto comunque che in caso di contrasto tra il P.R.G. ed il P.T.P. la normativa paesaggistica prevale su quella urbanistica comunale.

Infine, del tutto irrilevante è il richiamo alla disposizione di cui al comma 11 dello stesso art. 8 delle N.T.A. del P.T.P. Ambito n. 14, secondo cui – nelle zone sottoposte a vincolo ex art. 146 lett. c) del D.Lgs. 490/99 -, è consentito agli strumenti urbanistici di nuova formazione o alle varianti di prevedere eccezionalmente infrastrutture o servizi e interventi utili alla riqualificazione dei tessuti circostanti o adeguamenti funzionali di attrezzature tecnologiche esistenti (nel rispetto delle ulteriori condizioni indicate nello stesso articolo), in quanto non risulta dimostrato che il Comune di Roccasecca si sia avvalsa di detta facoltà, e comunque la norma riguarda interventi di tipo infrastrutturale e servizi che nulla hanno in comune con il manufatto oggetto di sanatoria, che è un semplice deposito realizzato in zona agricola per usi privati.

Il parere comunale, quindi, si pone chiaramente in contrasto con la normativa paesaggistica di zona.

Né può attribuirsi rilievo all’esistenza di altri manufatti limitrofi, anche più vicini al fiume Melfa, atteso che lo stesso ricorrente ha dichiarato che detti fabbricati ricadono in zona B, e quindi non sono assoggettati al vincolo di cui all’art. 146 lett. c) del D.Lgs. 490/99 per espressa previsione dello stesso art. 8 comma 1 delle N.T.A. del P.T.P.: nel rendere il giudizio di compatibilità dell’intervento con la normativa paesaggistica l’Amministrazione è tenuta a dare applicazione alla sola normativa prevista per l’area nella quale ricade il manufatto, non potendo attribuire rilievo alla disciplina prevista per le aree limitrofe.

Peraltro, secondo la giurisprudenza della Sezione, il parziale degrado di un’area sottoposta a tutela piuttosto che autorizzare l’amministrazione a tollerare ulteriori abusi, rilasciando pareri favorevoli alla sanatoria di opere che comprometterebbero ancor più le aree rimaste integre, dovrebbe indurre questa ad adottare provvedimenti volti a salvaguardare il residuo valore paesistico delle zone ancora non del tutto compromesse, salva restando ovviamente la possibilità di attivare il procedimento per la rimozione del vincolo al fine di adeguare lo strumento di pianificazione paesistica, ormai divenuto obsoleto, alle modifiche ambientali sopravvenute, qualora l’effettivo stato dei luoghi sia, a giudizio degli organi competenti, irrimediabilmente compromesso (cfr., tra le tante,T.A.R. Lazio Roma, sez. II Quater, 06 marzo 2007, n. 2182).

Nella fattispecie, poi, la sottoposizione a vincolo di inedificabilità è stata ribadita dalla Regione Lazio in sede di approvazione dello strumento urbanistico, a dimostrazione della non intervenuta compromissione dell’ambiente circostante.

Il ricorso deve essere pertanto respinto perché infondato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dall’Amministrazione resistente che liquida in complessivi Euro 2.000,00 (duemila/00) oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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