Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 27-12-2011, n. 28968 Mansioni e funzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.L. adiva il Tribunale di Urbino esponendo di essere dipendente del Comune di Fossombrone e di essere stata nominata, nel maggio 1999, responsabile del settore sociale e culturale con inquadramento nella 8^ qualifica funzionale, corrispondente alla categoria D del contratto collettivo. Di essere stata assente per malattia dal 3 settembre 1999 all’8 febbraio del 2000. Che con provvedimento del 7 marzo 2000 era stata assegnata all’Ufficio di staff, mentre la responsabilità del settore sociale e culturale era stata attribuita ad altro dipendente. Riteneva di essere stata demansionata, sicchè chiedeva la reintegra nelle precedenti mansioni ed il risarcimento del danno. Chiedeva altresì la revoca della sanzione pecuniaria di L. 91.982, inflittale il 3 luglio 2000, oltre al risarcimento dei danni da mobbing. Il Tribunale adito accoglieva la sola domanda avente ad oggetto l’impugnazione della sanzione disciplinare, condannando il Comune a restituire la somma indicata.

La Corte d’appello di Ancona, con sentenza depositata il 6 luglio 2006, dopo aver respinto con sentenza non definitiva la domanda di risarcimento dei danni per mobbing, accoglieva parzialmente il gravame, dichiarando il diritto della B. allo svolgimento delle mansioni di responsabile del settore sociale e culturale, condannando il Comune alla reintegra in tali mansioni ed al risarcimento del danno patrimoniale (relativo alla perdita dell’indennità di posizione, pari ad Euro 645,57 mensili), oltre al danno morale quantificato nella misura del 15% della retribuzione globale di fatto percepita dall’aprile 2000.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il Comune di Fossombrone, affidato a quattro motivi, poi illustrati con memoria.

Resiste la B. con controricorso.

All’udienza del 2 marzo 2011 la causa veniva rinviata a nuovo ruolo stante l’avvenuto decesso del difensore della B.. Il provvedimento veniva ritualmente notificato a quest’ultima, che provvedeva alla nomina di nuovo difensore.

Motivi della decisione

1. -Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 109, art. 41 Cost., artt. 8, 9 e 10 del c.c.n.l. vigente e del Regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi del Comune di Fossombrone.

Evidenziava che la B. non aveva la qualifica di dirigente sicchè, essendosi proceduto ad una complessiva riorganizzazione dei servizi anche a seguito della nomina del nuovo sindaco e di successive delibere della Giunta comunale, ella non poteva vantare un diritto alla conservazione delle funzioni dirigenziali di fatto del D.Lgs. n. 267 del 2000, ex art. 109. Il motivo è inammissibile.

Ed invero il ricorrente non censura la ratio decidendi contenuta nella sentenza impugnata, l’essere stata la B. adibita a mansioni deteriori rispetto a quelle precedentemente svolte, invocando peraltro Regolamenti e provvedimenti amministrativi che non risultano nè riprodotti, nè allegati in ricorso (neppure attraverso l’indicazione della loro esatta ubicazione all’interno dei fascicoli di causa), in contrasto col principio dell’autosufficienza (ex plurimis, Cass. 26 giugno 2007 n. 14751; Cass. 17 luglio 2007 n.15952).

2. – Con il secondo motivo il Comune di Fossombrone denuncia la violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 97 e art. 109, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, artt. 2087 e 2094 c.c., artt. 8 e 9 del vigente c.c.n.l. e del Regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi del Comune di Fossombrone.

Lamenta il ricorrente che nel rapporto di pubblico impiego contrattualizzato è ben possibile lo ius variandi del datore di lavoro nell’ambito delle disposizioni contrattuali collettive e regolamentari predisposte dal Comune (delibere di Giunta e del sindaco, di cui riportava le date).

Anche tale motivo risulta inammissibile.

Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 stabilisce che "il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive".

Il ricorrente non indica neppure il contratto collettivo genericamente invocato (e non prodotto), ed in particolare se si tratti di contratto nazionale o integrativo (solo il primo e non il secondo direttamente esaminabili dalla Corte, Cass. sez. un. 4 novembre 2009 n. 23329, Cass. 5 dicembre 2008 n. 28859; Cass. 11 aprile 2011 n. 8231), nè inammissibilmente specifica i canoni ermeneutici negoziali eventualmente violati, nonchè il punto ed il modo in cui giudice del merito si sia da essi discostato (Cass. 24 gennaio 2008 n. 1582). Il ricorrente, inoltre, a sostegno della legittimità del mutamento di mansioni della B., invoca numerosi atti amministrativi interni, che non sono riportati o allegati al ricorso (neppure attraverso l’indicazione della loro esatta ubicazione all’interno dei fascicoli di causa), in contrasto col principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, impedendo al giudice di legittimità l’esame della censura.

3. -Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 2697 e 2103 c.c., artt. 115 e 414 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ravvisato nell’esistenza di un effettivo danno in capo alla ricorrente per effetto del menzionato mutamento di mansioni.

Lamenta il ricorrente che la B. non fornì alcuna prova del preteso danno patrimoniale, sicchè la corte territoriale non avrebbe potuto condannarlo al relativo risarcimento.

Il motivo è infondato, avendo la corte di merito, in base all’istruttoria espletata, adeguatamene motivato il demansionamento (per il venir meno del potere di firma, organizzativo e decisionale, oltre alla possibilità di partecipazione a corsi di qualificazione), cui è pacificamente conseguita la perdita dell’indennità di funzione oggetto di condanna, laddove il Comune ha sostanzialmente opposto, oltre alla già lamentata violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 di cui al punto che precede, che tale demansionamento doveva escludersi alla luce di vari provvedimenti amministrativi adottati dal Comune, nonchè dalle testimonianze raccolte.

Il motivo risulta inammissibile per contrasto col principio di autosufficienza di cui ai punti 2 e 3 che precedono (cui va aggiunta la mancata allegazione dei verbali di udienza contenenti le solo genericamente citate testimonianze, Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915), e per richiedere infine alla Corte un inammissibile riesame del fatto e delle emergenze istruttorie (Cass. n. 12445 del 2006;

Cass. n. 19274 del 2006; Cass. n. 27168 del 2006; Cass. n. 4500 del 2007).

4. – Con il quarto motivo il Comune denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ravvisato nella indeterminatezza della statuizione adottata dalla corte territoriale in merito alla cd. reintegrazione della B. nelle mansioni precedentemente svolte e del trattamento economico da corrispondere. Lamenta che la corte territoriale non precisò sino a quale momento dovesse valere il ripristino delle originarie mansioni. Lamenta inoltre che dalla somma di Euro 645,57 mensili, di cui al dispositivo di condanna, andavano detratte le indennità ed i compensi che secondo il c.c.n.l. sono riassorbiti dall’indennità di posizione, chiarendo che in caso di "un legittimo esercizio da parte del datore di lavoro dello ius variandi, la garanzia della irriducibilità della retribuzione si estende alla sola retribuzione compensativa delle qualità intrinseche essenziali delle mansioni precedenti" (pag. 43 ricorso).

Lamenta inoltre come eccessiva la quantificazione nella misura del 15% del danno morale.

Anche tale motivo risulta in parte inammissibile e per il resto infondato. Ed invero risulta inammissibilmente generica la censura in ordine alla quantificazione del danno morale, che la corte territoriale ha invece collegato alle peculiari circostanze di fatto del caso in esame emerse dall’istruttoria, in conformità con i principi più volte affermati da questa Corte (Cass. sez. un. n. 6572 del 2006; Cass. n. 19965 del 2006; Cass. n. 13877 del 2007; Cass. n. 29832 del 2008; Cass. n. 15915 del 2009), secondo cui il demansionamento è fonte non solo di danno patrimoniale, ma anche di danno non patrimoniale inerente la persona del lavoratore complessivamente intesa, la cui prova, necessaria, può risultare anche da presunzioni. Nella specie la corte territoriale ha correttamente valutato la lunga dequalificazione (circa sei anni), la perdita della responsabilità di un settore, l’assegnazione di compiti anche meramente esecutivi e persino manuali.

Lo stesso deve dirsi quanto al dedotto assorbimento, non risultando la questione (che peraltro il ricorrente collega al "legittimo" esercizio dello ius variandi), proposta nei precedenti gradi del giudizio (nè alcuna allegazione o documentazione è prodotta al riguardo in questa sede di legittimità).

Quanto alla indeterminatezza della condanna alla adibizione alle precedenti mansioni, osserva la Corte che essa non necessita di alcuna delimitazione temporale, dispiegando i suoi effetti sino ad un successivo e legittimo esercizio dello ius variandi (Cass. 19 giugno 2008 n. 16689).

Quanto alla indeterminatezza della condanna pecuniaria, deve evidenziarsi che nel dispositivo della sentenza impugnata viene delimitata dall’aprile 2000 (epoca del demansionamento) sino alla reintegra nelle precedenti mansioni, e del resto la somma è stata quantificata ed erogata dal Comune, come riportato a pag. 21 del ricorso.

Il ricorso deve pertanto respingersi.

Le spese di causa seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 40,00 Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a..
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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