Cass. pen., sez. III 22-12-2006 (06-12-2006), n. 42213 REATI CONTRO L’INCOLUMITÀ PUBBLICA – CONTRAVVENZIONI – GETTO PERICOLOSO DI COSE – Emissione di gas, vapori e fumi – Idoneità ad arrecare molestia alle persone

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Osserva

Con sentenza in data 23.06.2005 il Tribunale di Velletri in Anzio condannava P? E? alla pena dell’ammenda per avere, quale titolare di una pizzeria, provocato emissioni di fumo maleodoranti offendendo e molestando alcuni occupanti il condominio sito in Anzio Via Aldobrandini n. 23, i quali si erano costituiti parte civile.

Proponeva appello l’imputato chiedendo di essere assolto perché: – egli gestiva la pizzeria previo conseguimento delle necessarie autorizzazioni amministrative; – "all’evento accidentale occorso" egli aveva rimediato tempestivamente; – a seguito d’ulteriori reclami egli si era sempre adeguato alle prescrizioni dell’ASL; – dalla data indicata in contestazione non si erano verificati altri inconvenienti, sicché erroneamente la sentenza aveva ritenuto la permanenza; – le sole deposizioni dei testi, basate su soggettive percezioni, non provavano che i fumi che fuoriuscivano dalla cucina superassero la normale tollerabilità.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Trattandosi di sentenza inappellabile, gli atti venivano trasmessi a questa Corte ex art. 568 c.p.p., n. 5.

Il ricorso non è puntuale perché censura con erronee argomentazioni giuridiche e in punto di fatto la decisione che è esente da vizi logico-giuridici, essendo stati indicati gli elementi probatori emersi a carico dell’imputato e confutata ogni obiezione difensiva. La sentenza, infatti, ha correttamente ritenuto che l’imputato, nell’esercizio di una pizzeria, abbia provocato emissione di fumo e cattivi odori idonei a molestare molti degli occupanti di un edificio condominiale stante che il teste Monti, ispettore dell’ASL, ha constatato la presenza di sostanze fuligginose provenienti dalla canna fumaria della cucina del locale non soltanto sul lastrico solare degli appartamenti sovrastanti la pizzeria, ma anche all’interno dell’appartamento Palustri, nonché all’interno dell’appartamento Farinelli-Pollastrini nel quale la fuliggine era sparsa sulla pavimentazione e sulle suppellettili. Il getto molesto, protrattosi nel tempo ed oggetto di continue proteste degli abitanti del condominio, che avevano pure segnalato insopportabili odori di fritto e dispersione di grasso, ma sicuramente ricollegabile alla mancata dotazione del forno a legna di un regolare sistema d’abbattimento dei fiumi che l’imputato aveva vanamente tentato di regolarizzare dopo le contestazioni degli organi comunali.

Infatti, altro sopralluogo del 31/05/2004 aveva accertato la persistenza di odori tipici della frittura provenienti dell’attività del sottostante ristorante e costituitosi fonti di disturbo e disagio per i condomini.

E’ configurabile, quindi, il reato di cui all’art. 674 cod. pen. (emissione di gas, vapori e fumi atti a molestare le persone) perché le emissioni provenivano dall’esercizio di una pizzeria non conforme alla normativa sull’abbattimento dei fiumi emessi dalla canna fumaria ed arrecavano concretamente disturbo alle persone superando la normale tollerabilità con conseguente pericolo per la salute pubblica, la cui tutela costituisce la "ratio" della norma incriminatrice.

Il quadro probatorio non è per nulla intaccato dalle flebili dei ricorrente, il quale ha sostanzialmente dedotto di non essere stato in grado, nonostante vari tentativi di regolarizzazione l’impianto, d’impedire che il funzionamento della canna fumaria arrecasse intollerabili ai vicini.

La vagliata attendibilità dell’accusa e la logica spiegazione delle incongruità segnalatale dalla difesa hanno correttamente indotto il Giudice di merito all’affermazione di responsabilità alla stregua del solido tessuto probatorio ricostruito.

In conclusione, non hanno rilevanza in questa sede valutazioni sulla rilevanza della prova diverse da quell’adottata dai Giudici d’appello, non potendo il controllo di legittimità investire l’intrinseca adeguatezza della valutazione dei risultati probatori, riservata al giudizio di merito, nè la loro rispondenza alle effettive acquisizioni processuali.

La manifesta infondatezza del ricorso, che prelude l’applicazione di sopravvenute cause di estinzione del reato (Cass. S.U. n. 32/2000, De Luca), comporta l’onere delle spese del procedimento e del versamento alla Cassa delle Ammende di una somma che va equitativamente fissata in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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