Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 27-12-2011, n. 28965 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte:

che:

1. la Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza di prime cure nella parte in cui aveva dichiarato illegittimo il termine apposto al contratto di lavoro, protrattosi dal 17 ottobre 1997 al 31 gennaio 1998, stipulato da Poste Italiane s.p.a. con G.J. ed aveva conseguentemente dichiarato la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato;

2. per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso; la lavoratrice ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato; Poste Italiane s.p.a. ha notificato un controricorso avverso il ricorso incidentale condizionato; entrambe le parti hanno depositato memoria;

3. il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata;

4. preliminarmente deve disporsi la riunione di tutti i ricorsi in quanto proposti avverso la stessa sentenza ( art. 335 cod. proc. civ.);

5. G.J. è stata assunta con più contratti a termine, dei quali l’unico che rileva in questo giudizio di cassazione si è protratto dal 17 ottobre 1997 al 31 gennaio 1998 ed è stato stipulato a norma dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994 ed in particolare in base alla previsione dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, che prevede, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di esigenze eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane;

6. la Corte di merito ha dichiarato l’illegittimità del termine apposto al suddetto contratto sul presupposto che, anche nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi a norma della L. n. 56 del 1987, art. 23, era necessario che l’apposizione de termine fosse stata giustificata da un’esigenza temporanea e specifica concretamente riferibile alla singola assunzione; rilevato che nel caso di specie la società Poste Italiane non aveva provato ia riconducibilità delle singole assunzioni alla ristrutturazione aziendale menzionata dalla contrattazione collettiva, ha concluso per l’illegittimità del termine apposto ai contratto in esame; (in relazione alle suddette conclusioni la Corte territoriale non ha valutato la legittimità del termine apposto ai contratti successivi);

7. con il primo motivo del ricorso principale Poste Italiane s.p.a. denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 e degli artt. 1362 e segg. cod. civ. in relazione alla statuizione relativa all’illegittimità del termine; deduce, in particolare, che l’interpretazione data dalla Corte di merito si basa, in sostanza, su una erronea interpretazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 e delle norme collettive che hanno disciplinato la fattispecie;

la censura è fondata;

secondo il costante insegnamento di questa Corte di cassazione (cfr., in particolare, Cass. 26 luglio 2004 n. 14011; Cass. 7 marzo 2005 n. 4862), specificamente riferito ad assunzioni a termine di dipendenti postali previste dall’accordo integrativo 25 settembre 1997, l’attribuzione alla contrattazione collettiva, della L. n. 56 del 1987, ex art. 23, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962 discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato;

la Corte di merito ha deciso in palese violazione del suddetto principio di diritto; alla base della motivazione della decisione è, in sostanza, l’assunto secondo cui non sarebbe consentito autorizzare un datore di lavoro ad avvalersi liberamente del tipo contrattuale del lavoro a termine, senza l’individuazione di ipotesi specifiche di collegamento tra contratti ed esigenze aziendali cui sono strumentali; la sentenza, quindi, si muove pur sempre nella prospettiva che il legislatore non abbia conferito una delega in bianco ai soggetti collettivi, imponendo al potere di autonomia i limiti ricavabili dal sistema di cui alla L. n. 230 del 1962, art. 1;

ciò in contrasto con quanto ripetutamente affermato da questa Corte Suprema e ribadito dalla sentenza delle Sezioni Unite 2 marzo 2006 n. 4588;

8. col secondo motivo del ricorso principale Poste Italiane s.p.a. denuncia un vizio omessa pronuncia su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento all’eccezione, proposta dalla società, avente ad oggetto l’intervenuta risoluzione del rapporto per effetto del mutuo consenso tacito;

la censura è inammissibile;

secondo il costante insegnamento di questa Corte di legittimità (cfr., ad esempio, Cass. 20 ottobre 2006 n. 22540), in tema di ricorso per cassazione, qualora una determinata questione giuridica – che implichi accertamenti di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa;

poichè nel caso di specie la sentenza impugnata non contiene alcun riferimento alla proposizione della suddetta eccezione da parte della società il motivo deve essere dichiarato inammissibile atteso che esso è privo dell’allegazione dell’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice dell’appello;

9. per quanto concerne il ricorso incidentale deve preliminarmente rilevarsi che esso contiene due distinti motivi; nel primo viene denunziato il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5); nel secondo viene denunziata violazione di legge ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e più precisamente: della L. n. 230 del 1962, art. 1, della L. n. 56 del 1987, art. 23, del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e degli artt. 1362 e segg. cod. civ. in relazione alle disposizioni degli accordi collettivi di settore;

poichè la sentenza è stata depositata in data 7 dicembre 2006, e quindi dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006 n. 40, si applica al presente ricorso incidentale (Cass. 16 marzo 2011 n. 6151) il disposto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. in base al quale è necessario, a pena di inammissibilità, che ciascun motivo di ricorso, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 si concluda con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione;

quanto al quesito di diritto la giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad esempio, Cass. S.U. 16 novembre 2007 n. 23732) ha chiarito che esso deve essere formulato in modo esplicito e deve essere tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito stesso; quanto all’ipotesi di censura ex art. 360, comma 1, n. 5, è stato precisato (cfr., in particolare, Cass. S.U. 1 ottobre 2007 n. 20603) che la stessa deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze quanto alla formulazione del ricorso e alla valutazione della sua ammissibilità;

nel caso di specie non sono stati formulati i quesiti di diritto nè, con riferimento alla prima censura, che si riferisce al vizio di motivazione, è rinvenibile il "momento di sintesi" nell’accezione sopra indicata;

il ricorso incidentale deve essere pertanto dichiarato inammissibile per tale preliminare ed assorbente ragione;

10. la sentenza impugnata deve essere conseguentemente cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa ad altro giudice, designato in dispositivo, il quale provvedere ad applicare i principi sopra enunciati; il giudice del rinvio provvedere altresì, ex art. 385 cod. proc. civ., sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara inammissibile il secondo motivo dello stesso ricorso nonchè il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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