T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 13-09-2011, n. 7211

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente, cittadino del Bangladesh, è entrato in Italia in stato di clandestinità quando era ancora minorenne.

Con provvedimento del giudice tutelare in data 9/11/09 è stato sottoposto a tutela, ed è stato nominato tutore il Sindaco di Roma.

Con istanza del 14/12/09 ha chiesto alla Questura di Roma il rilascio del permesso di soggiorno per affidamento/minore età.

La Questura di Roma ha respinto la sua istanza in quanto il permesso di soggiorno per affidamento presuppone lo status di minorenne ed egli – nel frattempo – era divenuto maggiorenne; l’Amministrazione ha poi ritenuto che non ricorrevano neppure i presupposti per la conversione del titolo ostandovi la previsione contenuta nell’art. 32 commi 1 e 1 bis del D.Lgs. 286/98.

Avverso detto provvedimento il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di impugnazione:

1. Illegittimità del provvedimento amministrativo per violazione di legge. Violazione dell’art. 19 del D.Lgs. 286/98, art. 28 del D.P.R. 394/99.

2. Illegittimità del provvedimento amministrativo per violazione di legge. Violazione dell’art. 32 comma 1, comma 1 bis e 5 comma 9 del D.Lgs. 286/98.

3. Illegittimità del provvedimento amministrativo per violazione di legge. Violazione dell’art. 32 comma 1, comma 1 bis e 1 ter del D.Lgs. 286/98.

4. Violazione di legge per illegittimità costituzionale dell’art. 32 commi 1 e 1 bis per contrasto con gli artt. 3, 30 comma 2, 31 comma 2 e 97 Cost. Questione di legittimità costituzionale.

5. Illegittimità del provvedimento amministrativo per violazione di legge. Violazione degli artt. 7 comma 1 e 10 bis della L. 241/90.

Insiste quindi il ricorrente per l’accoglimento del ricorso.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Con ordinanza n. 2479/10 la domanda cautelare è stata respinta.

Con ordinanza n. 5544/10 il Consiglio di Stato ha accolto l’appello avverso l’ordinanza cautelare ed ha accolto l’istanza cautelare richiamando il costante orientamento della Sezione in merito all’inapplicabilità – ratione temporis ed in parte qua – dell’art. 32 comma 1 bis del D.Lgs. 286/98 nel testo modificato dalla L. n. 94/09.

All’udienza pubblica del 28 aprile 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Con il presente ricorso il ricorrente ha impugnato il decreto della Questura di Roma con il quale è stata respinta la sua istanza diretta ad ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per affidamento/ minore età.

Come già rilevato in narrativa, la Questura di Roma ha respinto l’istanza in quanto il ricorrente – al momento dell’adozione del provvedimento – era già divenuto maggiorenne, ed il permesso di soggiorno per affidamento presuppone lo status di minorenne.

La Questura ha altresì rilevato che non ricorrevano neppure i presupposti per disporre la conversione del titolo di soggiorno, ostandovi la previsione recata dall’art. 32 commi 1 e 1 bis del D.Lgs. 286/98, nel testo novellato dalla L. 94/09, che richiede il compimento di un percorso, almeno biennale, di integrazione sociale e civile presso una struttura appositamente dedicata.

Con il primo motivo di impugnazione deduce il ricorrente che la mancanza di visto non può costituire per i minori motivo per il diniego del permesso di soggiorno, ostandovi la previsione degli artt. 19 del D.Lgs. 286/98 e 28 del D.P.R. 394/99, né che il cittadino straniero – divenuto maggiorenne in pendenza del procedimento, protrattosi eccessivamente a causa delle lungaggini amministrative – possa subire incolpevolmente gli effetti dei disservizi della P.A.

La tesi del ricorrente è condivisibile.

Occorre innanzitutto rilevare che il minore straniero, entrato in Italia privo di visto, non può essere espulso dal territorio nazionale, ma deve essere protetto proprio in considerazione del suo status di minorenne.

Il ricorrente, infatti, è stato sottoposto a tutela con provvedimento del giudice tutelare del Tribunale di Roma e disponeva dunque di tutti i presupposti per ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per minore età, titolo che non gli è stato concretamente rilasciato solo a causa dei ritardi in sede amministrativa

Le lungaggini amministrative, non essendo a lui imputabili, non possono costituire motivo idoneo a produrre la perdita della posizione di vantaggio acquisita, con la conseguenza che – l’impossibilità di rilasciare il permesso di soggiorno per affidamento essendo ormai il ricorrente maggiorenne – comporta per la Questura l’obbligo di disamina della domanda come istanza di conversione.

Correttamente, quindi, la Questura ha valutato la domanda sotto questo aspetto.

Sulla questione relativa alla conversione del permesso di soggiorno per affidamento a permesso di soggiorno per lavoro o attesa occupazione al momento del raggiungimento della maggiore età, la giurisprudenza consolidata (cfr. tra le tante, Cons. Stato Sez. VI 18/8/2010 n. 5883) formatasi sulla base del testo dell’art. 32 del D.Lgs. 286/98 prima della modifica apportata con la L. 15/7/09 n. 94 aveva sostenuto che:

a) alla luce dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 198 del 1998, l’art. 32, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998 va interpretato nel senso che il permesso di soggiorno al compimento della maggiore età può essere rilasciato non soltanto quando l’interessato è stato sottoposto ad affidamento amministrativo o giudiziario ai sensi dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge n. 184 del 1983, ma anche a tutela ai sensi degli articoli 343 e seguenti c.c. (Sez. VI: 24 aprile 2009, n. 2425; 23 marzo 2009, n. 1710);

b) tale conclusione non è smentita dall’introduzione nell’art. 32 del comma 1 bis (ed 1ter) ai sensi della legge n. 189 del 2002, riferendosi il comma 1 e il comma 1bis a due fattispecie distinte: il primo, a quella dei minori sottoposti ad affidamento o a tutela, il secondo, a quella dei "minori stranieri non accompagnati", che versano in una diversa situazione e per i quali il legislatore ha richiesto il requisito dell’ammissione al "progetto di integrazione sociale e civile", dovendosi da ciò trarre la conclusione che i requisiti previsti dai due commi sono alternativi e non cumulativi (Sez. VI, 13 aprile 2005, n. 1681);

c) il minore sottoposto a tutela dispone del requisito per poter ottenere il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 32, comma 1, del D.Lgs. 286/98 se non vi ostano i requisiti di cui agli artt. 4 comma 3 e 5 comma 5 dello stesso D.Lgs. n. 286/98.

Ne consegue che – facendo applicazione dei suddetti principi – affermati dalla giurisprudenza con riferimento al testo dell’art. 32 del D.Lgs. n. 286/98 anteriore alla modifica normativa intervenuta con la L. 15 luglio 2009 n. 94 – il ricorrente disporrebbe dei requisiti per poter richiedere la conversione del permesso di soggiorno, in quanto minore sottoposto a tutela con provvedimento del giudice tutelare di Tribunale di Roma del 9/11/09.

La sua posizione sarebbe quindi disciplinata dal primo comma dell’art. 32 del D.Lgs. n. 286/98 in quanto egli non rientrerebbe nel novero dei cosiddetti "minori stranieri non accompagnati".

Con la L. 15 luglio 2009 n. 94, pubblicata sulla G.U. del 24 luglio 2009 n. 170, il Legislatore ha modificato il testo dell’art. 32 commi 1 e 1 bis prevedendo anche per i minori affidati ai sensi dell’art. 2 della L. n. 184/83, ovvero sottoposti a tutela, la possibilità di conversione del permesso di soggiorno per minore età alla condizione della previa ammissione – per un periodo non inferiore a due anni – in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato

e dunque estendendo anche alla suddetta categoria il medesimo regime prima esistente per i "minori stranieri non accompagnati".

La Questura di Roma ha applicato al caso di specie il testo novellato dell’art. 32 del D.Lgs. 286/98.

Pertanto, dopo aver rilevato che il ricorrente è entrato in Italia quando era ancora minorenne, che ha ottenuto il provvedimento di tutela in data 9/11/09, ha dichiarato che il ricorrente non dispone dei requisiti per ottenere la conversione del permesso di soggiorno non essendo stato ammesso per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale gestito da un ente pubblico o privato, ed ha quindi respinto la sua istanza.

Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente sostiene che la norma di cui all’art. 32 commi 1 e 1 bis del D.Lgs. 286/98, così come interpretata dalla Questura, avrebbe efficacia retroattiva in quanto imporrebbe un adempimento impossibile, e che pertanto, non dovrebbe applicarsi alla sua istanza di rilascio del permesso di soggiorno.

Il Consiglio di Stato, con riferimento alla prima modifica apportata con la L. 189/02 all’art. 32 del D.Lgs. 286/98, che aveva previsto per i minori non accompagnati la conversione del permesso di soggiorno da minore età a lavoro solo a condizione dell’ammissione al percorso di integrazione sociale e civile di due anni, aveva già rilevato che "Detti requisiti non possono essere richiesti nei confronti di chi, pur avendo fatto domanda di permesso di soggiorno successivamente all’entrata in vigore dei menzionati commi, non abbia avuto a disposizione – a partire da tale momento – il tempo minimo necessario per maturarli. Diversamente opinando, infatti, la legge avrebbe un’applicazione retroattiva" (cfr. Cons. Stato Sez. VI 27 giugno 2007 n. 3690).

Lo stesso Consiglio di Stato, con la successiva decisione della Sesta Sezione n. 2951/09 ha ribadito "l’impossibilità di applicare la norma a soggetti che abbiano compiuto la maggiore età prima della sua entrata in vigore ovvero entro i successivi due anni" in quanto altrimenti la norma avrebbe efficacia retroattiva in quanto imporrebbe ai minori stranieri un adempimento impossibile (cfr. Cons. Stato Sez. VI n. 2951/09).

Con riferimento alla novella introdotta con la L. n. 94/09, lo stesso Consiglio di Stato in sede cautelare, con ordinanza n. 4232/10, ha ribadito quanto già dichiarato con riferimento alla modifica apportata con la L. 189/02: i nuovi requisiti non possono essere richiesti nei confronti di chi, pur avendo fatto domanda di permesso di soggiorno successivamente all’entrata in vigore della modifica normativa, non abbia avuto a disposizione – a partire da tale momento – il tempo minimo necessario per maturarli. Diversamente opinando, infatti, la legge avrebbe un’applicazione retroattiva.

Lo stesso ha ritenuto il Consiglio di Stato in sede cautelare con l’ordinanza n. 5544/2010 che ha riformato l’ordinanza del Tribunale.

Non rientrando il ricorrente nelle condizioni previste ai fini dell’applicazione della nuova disciplina il ricorso è fondato e deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato ai fini della rinnovata valutazione della sua istanza ai sensi del testo previgente dell’art. 32 comma 1 del D.Lgs. 286/98.

Quanto alle spese di lite sussistono tuttavia giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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