Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 09-06-2011) 04-08-2011, n. 31088

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ha personalmente proposto ricorso per cassazione R.U. avverso la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 24.9.2010, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Palmi il 13.5.2009, per il reato di truffa consumata aggravata in danno del Comune di palmi contestatogli al capo A), e di truffa tentata aggravata in danno dello stesso comune contestatogli al capo b). Secondo l’accusa, l’imputato, rendendo dichiarazioni sulla composizione del proprio nucleo familiare, aveva conseguito negli anni 2001, 2002 e 2003, contributi per sistemazione abitativa ai sensi della L. n. 431 del 1998, art. 11 non dovutigli nella misura, rispettivamente, di Euro 670,36, 1673,39, e 1514,50; aveva quindi presentato domanda di contributo anche per l’anno 2004, senza realizzare il proprio intento per cause indipendenti dalla sua volontà. Il ricorrente deduce, con un unico motivo, il vizio di violazione di legge della sentenza ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) e il difetto di motivazione, in relazione alla ritenuta configurabilità del reato di cui all’art. 640 bis c.p. in luogo della speciale disposizione di cui all’art. 316 ter c.p. Il ricorso è fondato.

La condotta ascritta all’imputato, secondo l’ormai consolidata e condivisibile giurisprudenza di questa Corte, va infatti ricompresa nell’ambito di operatività dell’art. 316 ter c.p., in tale reato assorbito il reato di falso D.P.R. n. 445 del 2000, ex art. 76 di cui al capo A) (cfr. Corte di Cassazione n. 32608 del 19/09/2006 SEZ. 6, imputato Cristodaro, secondo cui il reato di falso – nel caso considerato contestato ex art. 483 cod. pen. – resta assorbito in quello di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato in tutti i casi in cui l’uso o la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi costituiscano elementi essenziali di quest’ultimo, pur quando la somma indebitamente percepita o non pagata dal privato, non superando la soglia minima di erogazione – Euro 3.999,96 -, dia luogo a una mera violazione amministrativa).

In ordine al rapporto fra l’art. 640 bis c.p. – art. 640 c.p., comma 2, n. 1 – art. 316 ter c.p., questa Corte (ex plurimis Cass. 21609/2009 – Cass. 8613/2009 riv. 243313 – Cass. 1162/2008 riv.

242717 – Cass. 32849/2007 riv. 236966 – Cass. 45422/2008 riv. 242302 – Cass. 10231/2006 riv. 233449 – Cass. 23623/2006 riv. 234996; da ultimo, in senso conforme, Sez. U, Sentenza n. 7537 del 16/12/2010 Pizzuto; e in caso del tutto analogo a quello di specie, Cass. Sez. 2^, 25 gennaio 2011), ha avuto modo di affermare che la fattispecie criminosa di cui all’art. 316 ter c.p. ha carattere residuale rispetto alla fattispecie della truffa aggravata e non è con essa in rapporto di specialità, sicchè ciascuna delle condotte ivi descritte (utilizzo o presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, e omissioni di informazioni dovute) può concorrere ed integrare gli artifici ed i raggiri previsti dalla fattispecie di truffa, ove di questa fattispecie criminosa siano integrati gli altri presupposti. Al riguardo si è infatti posto in evidenza come la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla tematica de qua, nella ordinanza n. 95 del 2004, dopo aver rammentato la coincidenza della questione con quella in passato sollevata per la previsione punitiva di cui alla L. 23 dicembre 1986, n. 898, art. 2, ha rilevato che "il carattere sussidiario e "residuale" dell’art. 316 ter c.p., rispetto all’art. 640 bis c.p., – a fronte del quale la prima norma è destinata a colpire fatti che non rientrino nel campo di operatività della seconda -costituisce dato normativo assolutamente inequivoco". Ha in tal modo escluso la automatica sovrapponibilità delle condotte individuate nell’art. 316 ter c.p. (dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere) con quelle di cui all’art. 640 c.p., cioè con gli artifici e raggiri.

Nel caso di specie la Corte territoriale, ha invece affermato la sussistenza del reato di cui all’art. 640 bis c.p. esclusivamente sulla base dell’acclarata utilizzazione ad opera dell’imputato di un’autocertificazione inveritiera riguardo alla composizione del proprio nucleo familiare, implicante la mendace rappresentazione di un presupposto giustificativo del contributo finanziario integrativo.

Si tratta, però, di comportamento già previsto e sanzionato dall’art. 316 ter c.p., che sarebbe potuto diventare sussumibile nell’ipotesi delittuosa della truffa solo ove avesse presentato un quid pluris rispetto alla condotta tipica descritta nella norma citata, pacificamente mancato nel caso di specie. La riconducibilità della condotta dell’imputato alla previsione dell’art. 316 ter c.p., comporta peraltro l’insussistenza del fatto di reato, non essendo stata superata la soglia minima di punibilità stabilita ai sensi dell’art. 316 ter c.p., comma 2, al di sotto della quale si configura una semplice sanzione amministrativa, per la quale è competente il Prefetto di Reggio Calabria.

La sentenza deve essere pertanto annullata senza rinvio perchè il fatto, qualificato come violazione dell’art. 316 ter c.p., non è previsto dalla legge come reato, con la trasmissione degli atti al Prefetto di Reggio Calabria per quanto di competenza.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto, qualificato come violazione dell’art. 316 ter c.p., non è previsto dalla legge come reato. Dispone trasmettersi gli atti al Prefetto di Reggio Calabria per quanto di competenza.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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