T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 13-09-2011, n. 7213 Professori universitari incaricati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I.I tre ricorsi specificati in epigrafe sono già stati riuniti da questo Tribunale con ordinanza n. 1217 dell’8.2.2011 e vanno quindi trattati congiuntamente al fine di essere decisi con una sola sentenza.

II.L’istante, nominata il 1°.11.1972 Assistente Ordinario alla cattedra di Fisiologia Umana della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Trieste e dal 1979 incaricata stabilizzata di Fisiologia Generale presso la Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali del medesimo Ateneo, contesta, con i ricorsi in esame, l’esito negativo agli esami di idoneità, sostenuti ex DPR n. 382/1980 e succ. mod. e int., per l’inquadramento a professore associato del raggruppamento disciplinare n. 145 (Fisiologia Generale), gli atti del relativo procedimento avviato con DM 26.4.1983, compresi gli atti di approvazione e di verifica del CUN e del Ministero, e le consequenziali determinazioni rettorali di decadenza dall’incarico di insegnamento. Da ultimo, con motivi aggiunti depositati il 19.12.2008 (nell’ambito del giudizio introdotto con ricorso n. 17568/96), la ricorrente impugna la nota rettorale in data 6.11.2008 n. 31425, di informativa della possibilità per le Università di risolvere il rapporto lavorativo di proprio personale docente al compimento dell’anzianità contributiva massima di 40 anni, ex co. 11 dell’art. 72 del DL n. 112/08, ed insta altresì per il riconoscimento giuridicoeconomico delle mansioni di docenza svolte e per il risarcimento dei danni.

III.Con riferimento all’esito negativo conseguito nella seconda tornata degli esami di idoneità predetti, la ricorrente deduce anzitutto, con il ricorso n. 9891/1987, l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 L. n. 28 del 21.2.1980 e degli artt. 50, 51, 52, 53 e 120 DPR 11.7.1980, n. 382, per contrasto con gli artt. 2, 3, 33, 76, 97 e 113 della Costituzione.

Le dedotte censure di incostituzionalità della normativa predetta, che ha previsto e disciplinato gli esami di idoneità per l’inquadramento nella fascia dei professori associati, sono manifestamente infondate, sotto ogni profilo di prospettazione, alla stregua delle seguenti considerazioni:

A)anzitutto occorre evidenziare che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 620 del 30.12.1987, le cui puntualizzazioni sono state anche ribadite con ordinanze 1231 maggio 1988, n. 608, 26 ottobre3 novembre 1988, n. 1015 e 15 novembre 1990, n. 523, ha già avuto modo di pronunciarsi sulla materia dei giudizi di idoneità di cui alla disciplina legislativa del 1980, disattendo i dubbi di relativa illegittimità costituzionale e tra l’altro riconoscendo l’infondatezza della censura sulla "eterogeneità delle categorie ammesse ai giudizi di idoneità tra le quali quella dei professori incaricati avrebbe potuto e dovuto aver titolo "ad un diverso tipo di giudizio"". Ha chiarito infatti il Giudice delle leggi che: "l’eterogeneità di status tra a) professori incaricati, b) assistenti del ruolo ad esaurimento, c) tecnici laureati, astronomi e ricercatori degli osservatori astronomici e Vesuviano, curatori di orti botanici, conservatori di musei, cede alla reductio ad unum operata dalla documentata attività didattica e produzione scientifica nei diversi status realizzate; che "nelle Università e nelle Istituzioni culturali, se esistono doveri specifici di insegnamento e di ricerca per talune figure, non sono di fatto impedite e tanto meno formalmente vietate attività didattiche e scientifiche per tutte le altre"; che "è pertanto rispettoso della razionalità impostagli dal principio costituzionale di eguaglianza il legislatore che, per verificare l’idoneità all’accesso al nuovo ruolo dei professori associati, richieda a tutti i candidati, a qualunque categoria appartengano, attraverso uno stesso tipo di valutazione, il medesimo contenuto sostanziale di competenza professionale richiesta dalle funzioni da espletare, sulla base della pregressa esperienza didattica e di pubblicazione dei propri studi".

Tale rispetto sarebbe anzi mancato, ha soggiunto la Corte Costituzionale, "se, al contrario, il legislatore avesse predisposto tante e diverse modalità di giudizio quante sono le categorie dei legittimati all’accesso al nuovo ruolo dei professori associati; perché avrebbe realizzato nella diseguaglianza dei titoli di legittimazione, riverberata nella corrispondente diversità delle prove di idoneità, una arbitraria eguaglianza nello status conclusivo di professore associato".

La Consulta ha ulteriormente precisato che "per i professori incaricati stabilizzati o completanti il triennio di incarico al termine dell’anno accademico 197980, predisporre una prova diversa e ad essi specifica avrebbe violato il precetto di eguaglianza così come si è specificato nella razionalità della scelta legislativa innanzi descritta".

"Farli transitare senza controllo di idoneità attuale, sulla base di titoliprove, pubblicazioni, abilitazioni – risalenti spesso a data remota – nel nuovo ruolo dei professori associati avrebbe certamente violato il principio di buona organizzazione e buon andamento della pubblica Amministrazione, di cui all’art. 97 della Costituzione".

"La ipotesi di conservazione dello status di professore incaricato stabilizzato in analogia con quella dell’assistente ordinario, da indirizzarsi peraltro alla discrezionalità legislativa, non al giudice della legittimità costituzionale, è devalorizzata dalle seguenti considerazioni. L’art. 4 del decretolegge 1 ottobre 1973, n. 580 ("Misure urgenti per l’Università"), convertito, con modificazioni, nella legge 30 novembre 1973, n. 766, introduceva la stabilizzazione dell’incarico – precedentemente rinnovabile ad ogni anno accademico – "fino all’entrata in vigore della legge di riforma universitaria".

"La stabilizzazione dunque non ha trasferito la figura precaria del professore incaricato in una posizione analoga ad un ruolo ordinario come quello degli assistenti. Per costoro la conservazione ad esaurimento trova giustificazione nella incardinazione, quesita e non amovibile, in un ruolo non temporaneo. Per i professori incaricati, invece, la scelta legislativa della loro stabilizzazione ad tempus, fino alla riforma universitaria, postula la totale sostituzione della relativa figura con quella nuova del professore associato, nel contesto appunto del riordino generale del personale universitario" (vedi citata sentenza n. 620/87);

B)alla luce di tali considerazioni, i rilievi della ricorrente sono manifestamente infondati. Non sussiste, invero alcuna disparità di trattamento degli incaricati rispetto agli assistenti che, quali che fossero le funzioni da essi svolte, sono titolari di una posizione giuridica di ruolo, e perciò stabile, del tutto diversa rispetto alla posizione giuridica del professore incaricato, il quale, proprio perché incaricato, sconta comunque una essenziale precarietà del titolo. Deve quindi ritenersi coerente che la riforma abbia successivamente previsto per tale categoria di docenti la necessità di un esame di idoneità ai fini dell’immissione in ruolo, né tale previsione può ritenersi discriminatoria in relazione al diverso trattamento legislativo stabilito per il personale che già era concretamente di ruolo. Non genera perplessità, dunque, la previsione in base alla quale gli assistenti ordinari e liberi docenti possono permanere in tale ruolo, mentre analoga opportunità non è offerta ai professori incaricati (cfr. al riguardo CdS, VI, n. 1113 del 9.3.2007). L’ammissione agli esami di idoneità di categorie diversificate, tra i quali gli assistenti ed altro personale non titolare di incarichi di insegnamento istituzionalizzati, è insomma il portato dell’esercizio di una discrezionalità legislativa non illogicamente esercitata, in quanto correlata a specifiche posizioni, considerate meritevoli di tutela, rivestite da tale personale nel precedente ordinamento;

C)quanto alle disposizioni che prevedono la cessazione dall’incarico dei docenti che non abbiano superato le prove di idoneità, esse sono perfettamente conformi al principio costituzionale di buon andamento, codificato dall’art. 97 della Costituzione (vedi Tar Lazio, III bis, n. 5400/2006; CdS, VI, n. 1687/2010);

D)circa la censura, poi, secondo la quale gli incaricati stabilizzati avrebbero avuto il diritto, ai sensi dell’art. 4 del DL n. 580/73, di conservare l’incarico fino all’entrata in vigore della legge di riforma universitaria, essa si fonda sull’erroneo assunto che il DPR n. 382/1980 non si identificherebbe con tale legge di riforma, costituendo un più riduttivo "riordino della docenza". Tale prospettazione interpretativa non può essere condivisa, in quanto il legislatore delegato del 1980, nello spirito e nei limiti della delega, ha inteso invece esattamente delineare, in un determinato periodo, un assetto definitivo della docenza, prevedendo per le figure precarie presenti in quel momento nelle università, ed in possesso di determinati requisiti, l’immissione in ruolo previ giudizi di idoneità.

La natura di riforma complessiva della docenza universitaria, rivestita dalle norme in questione, non può essere messa in dubbio, sia per l’ampiezza che per l’esaustività del riassetto, in esse contenuto, di tutte le figure docenti universitarie. Ne consegue la coerenza della decadenza prevista dalla normativa del 1980 per gli incaricati stabilizzati non risultati idonei agli esami per l’inquadramento a professore associato;

E)in ordine poi alla adombrata natura discriminatoria della denunciata normativa di inquadramento -che avrebbe riservato il giudizio di idoneità ai docenti incaricati in via permanente di attività didattica a seguito di pubblico concorso, riservando ai soli professori ordinari l’inquadramento ex lege nella corrispondente fascia funzionale del nuovo ordinamento- essa non sussiste, essendosi già detto dell’impossibilità di utile comparazione, ai fini che interessano alla ricorrente, di personale già di ruolo e di personale non di ruolo quale appunto quello incaricato; manca quindi l’elemento essenziale (l’omogeneità delle posizioni di status tra le due categorie in comparazione) per postulare una discriminazione contrastante con il principio di eguaglianza e con gli altri principi costituzionali invocati (vedi TAR Ba n. 2738/04);

F)in riferimento ad ulteriori argomenti dell’istante si richiamano inoltre i seguenti condivisibili passi della sentenza da ultimo citata (TAR Puglia, BA, n. 2738/2004): "non può ammettersi poi comparazione tra le procedure ordinarie di reclutamento dei professori associati e quelle idoneative, introdotte con disciplina transitoria e ad esaurimento degli effetti, stante la radicale diversità delle loro finalità e della loro struttura, come pure bene evidenziata dalla Consulta; né è dimostrato che la procedura idoneativa sia più gravosa della procedura concorsuale libera, che anzi quest’ultima si connota, com’è ovvio, in termini ben più rigorosi, siccome integrata dalla valutazione di titoli e pubblicazioni, dalla loro discussione e da una prova didattica, a fronte di un mero accertamento dell’idoneità scientifica e didattica, quale prevista per i giudizi idoneativi."

"D’altro canto è assurdo e illogico pretendere di istituire un raffronto tra le procedure concorsuali per il reclutamento dei professori associati e le disparate procedure a suo tempo previste per il conferimento della libera docenza e per l’affidamento degli incarichi, stante la radicale diversità di presupposti, requisiti e finalità delle une e delle altre."

"Né, per le stesse ragioni e per quanto più sopra osservato, può seriamente sostenersi che sussista un’irragionevole disparità di trattamento, che ridondi in danno delle categorie ammesse ai giudizi idoneativi, ed in specie dei professori incaricati stabilizzati, rispetto ai professori associati da concorso, poiché le procedure concorsuali, secondo quanto già osservato, sono di certo più rigorose e selettive rispetto ai giudizi di idoneità, anche in relazione alla predeterminazione per le prime e non per i secondi di un numerus clausus di posti attribuibili."

"Tale differenza è stata posta bene in luce dalla Consulta, di tal ché, pur comprendendone l’orientamento sostanzialista, non può condividersi l’affermazione che le due procedure non differirebbero, appunto nella sostanza, siccome entrambe incentrate sulla valutazione contestuale della capacità scientifica e didattica (in tal senso Cons. Stato, Sez. VI, 14 novembre 2003, n. 7290); affermazione peraltro specificamente correlata alla evidenziazione dell’esigenza di una valutazione favorevole di entrambi gli elementi, di tal ché "il giudizio negativo su uno dei due elementi comporta l’inidoneità del candidato, senza che possa darsi prevalenza ad un solo elemento positivo, e senza che sia necessaria una motivazione della commissione di prevalenza dell’elemento negativo su quello positivo".

"Più in generale, infine, il Tribunale non può esimersi dall’osservare che l’intero impianto normativo relativo ai giudizi idoneativi si configura come agevolativo dell’inquadramento nel ruolo dei professori associati per le categorie interessate, proprio perché fondato su meccanismo non concorsuale e senza predeterminazione di un numero chiuso di posti (e quindi, per così dire a ruolo aperto) e su valutazioni niente affatto impegnative per il candidato (non essendo prevista né la discussione di titoli e pubblicazioni né la prova didattica), coerenti d’altro canto con le finalità di sistemazione di figure docenziali rivenienti dal vecchio ordinamento."

Non sono condivisibili quindi gli argomenti della ricorrente volti a sostenere che i giudizi di idoneità di cui trattasi, per come congegnati dalla normativa di riferimento, sarebbero da un lato più difficili dei normali concorsi di accesso a posti di docenza universitaria e, dall’altro, assistiti da minori garanzie di imparzialità dei giudizi stessi. Si tratta di assunti, peraltro nella specie mossi apoditticamente senza alcun riferimento alle modalità di svolgimento in concreto degli esami sostenuti dalla ricorrente, del tutto infondati, atteso che eventuali carenze valutative dell’attività didattica costituiscono piuttosto, ove sussistenti in singoli casi, problematiche di applicazione della legge e non vizi di legittimità costituzionale della legge stessa. Quanto all’asserita assenza dei criteri valutativi preliminari, si tratta di censura (peraltro anche in questo caso da verificare di volta in volta negli specifici diversi casi e quindi da riferirsi semmai agli atti e non alla legge) non sufficiente comunque a far dubitare della legittimità costituzionale della normativa in questione, ben potendo l’obiettività dell’operato delle Commissioni risultare dalle motivazioni dei giudizi resi;

G)per ciò che attiene, infine, alla possibilità di passaggio ad altra amministrazione, ex art. 120 del DPR n. 382/80, di coloro che non superano il giudizio di idoneità a professore associato, la ricorrente denuncia l’incoerenza della normativa che da un lato avrebbe considerato il docente "non di ruolo" nella qualifica e nelle funzioni fino ad allora svolte nelle università e, da un altro lato, lo avrebbe invece considerato "di ruolo" ai fini del passaggio suddetto. La doglianza non è condivisibile perché il legislatore del 1980 ha espresso valutazioni operanti su due piani diversi e quindi non comparabili, per un verso avendo stabilito, in relazione allo status posseduto dagli incaricati, di subordinarne l’incardinamento nei ruoli docenti al previo superamento di esami di idoneità, e sotto altro aspetto, essendosi preoccupato di tutelare anche coloro che non avessero superato detti esami consentendo loro di rimanere in servizio sia pure con un diverso status giuridico, previa presentazione della relativa domanda di passaggio e il giudizio di "coerenza" con le mansioni da svolgere. Né è comparabile il rilievo riconosciuto legislativamente, ai fini del detto passaggio, del possesso dell’abilitazione all’insegnamento nella scuola, con la necessità predicata invece, dalla legge stessa, di un nuovo giudizio valutativo dei titoli riguardanti la carriera universitaria, trattandosi anche in questo caso dell’inammissibile comparazione di termini e situazioni eterogenei, correttamente valutati dunque dal legislatore a fini diversi nell’ambito di una discrezionalità legislativa non irrazionalmente esercitata.

IV.Non hanno poi alcun pregio le censure dedotte col secondo motivo di ricorso, incentrate sull’insostenibile assunto che il giudizio idoneativo dovesse ridursi "…ad una verifica e controllo dei titoli in possesso del candidato, sia sotto il profilo della esistenza di essi, sia e maggiormente, con riguardo alla loro formale rispondenza alle funzioni esercitate e da esercitare", e quindi non anche in una valutazione dei titoli, ed in particolare delle pubblicazioni, quasi che le commissioni dovessero limitarsi, notarilmente, a registrare se il candidato appartenesse ad una delle categorie di cui all’art. 50, avesse qualche pubblicazione purchessia e avesse svolto una certa attività didattica.

L’art. 51 del d.P.R. n. 382 del 1980, in piena coerenza con l’art. 5 della legge n. 28 del 1980, ha chiaramente delineato finalità, contenuti e modalità di valutazioni non per caso qualificate come giudizi, il cui fulcro è costituito dall’accertamento della idoneità scientifica e didattica del candidato ad assumere le funzioni di professore associato (vedi, in termini, TAR Puglia, BA, sentenza già richiamata).

L’accertamento costituisce la risultante del giudizio e può esprimersi solo previa valutazione degli elementi che qualificano la capacità scientifica e didattica del candidato, per come rispettivamente desumibile dai "titoli scientifici presentati" e dalla "attività didattica da lui svolta", quest’ultima anche tenuto conto dei giudizi "formulati dalla facoltà sull’attività didattica e sulle funzioni svolte dai candidati" (vedi sentenza suddetta).

Proprio l’ineliminabile momento valutativo, rientrante nel campo della discrezionalità tecnica e non già -come lamentato dalla ricorrente- in una generica discrezionalità "apodittica", esclude le paventate generiche collettivizzazioni, e consente di mettere in rilievo e individualizzare la posizione di ciascun candidato, mediante quella "…reductio ad unum operata dalla documentata attività didattica e produzione scientifica nei diversi status realizzate" posta in evidenza dalla Corte Costituzionale nella sentenza 1630 dicembre 1987, n. 620, supra diffusamente richiamata (nel senso che il giudizio "…non può essere ridotto ad una mera attività ricognitiva dei titoli didattici e scientifici senza la possibilità di esprimere valutazioni di merito" vedi anche Cons. Stato, Sez. VI, 5 gennaio 2001, n. 31).

Né potrebbe formare oggetto specifico di valutazione quello che (incarico di docenza) è requisito di ammissione alla procedura idoneativa.

V.Nello specifico, poi, il provvedimento di non idoneità della ricorrente (peraltro nemmeno specificamente censurato dall’istante) stilato all’esito della valutazione dell’attività didattica e scientifica, dà sufficientemente conto (anche attraverso le modifiche e gli approfondimenti al riguardo reiteratamente espressi nei relativi atti endoprocedimentali della Commissione) del negativo giudizio formulato (con particolare riferimento al secondo dei detti elementi, essendo state ritenute "le ricerche, scarse e saltuarie" e tali che da esse, costituite da "9 pubblicazioni a stampa in collaborazione", "non è possibile individuare un significativo apporto della candidata" (vedi verbale n. 7 dell’8.11.1984; cfr. anche relazione conclusiva e valutazione individuale espressa a seguito di riesame del 1985, in cui la Commissione, "pur tenendo nella dovuta considerazione l’attività didattica, ribadisce il giudizio espresso data la insufficienza qualitativa e quantitativa della produzione scientifica"; vedi infine verbale del 17.4.1986 di individuazione e conferma dei criteri di valutazione ed ulteriore riesame del giudizio).

A fronte di tale complessa attività valutativa, il giudizio reso per la ricorrente, pur nella inevitabile sinteticità di formulazione, non può ritenersi frutto di valutazione sommaria o insufficiente o immotivata, per cui i generici rilievi al riguardo addotti dall’istante stessa vanno sicuramente disattesi.

Dev’essere dunque disatteso, con riferimento a tale giudizio, anche il terzo motivo incentrato sulla carente motivazione del giudizio negativo formulato sulla ricorrente, sia quanto alla valutazione di ciascuna delle pubblicazioni presentate e dei titoli scientifici vantati, sia quanto alla lamentata carenza di criteri di valutazione comparativa con gli altri candidati.

Quanto a quest’ultimo rilievo è sufficiente osservare che il legislatore delegante e delegato hanno strutturato, con scelta di discrezionalità legislativa insindacabile financo dal Giudice delle leggi, una procedura valutativa espressa in giudizi di idoneità, con accesso alla fascia dei professori associati a ruolo aperto, onde non si accorda con tale procedura un raffronto comparativo tra più candidati che è tipico della sola procedura concorsuale propriamente detta e intesa.

In ordine agli altri rilievi, poi, deve ribadirsi che la ricorrente non ha proposto più specifiche censure, neanche dopo l’esecuzione dell’incombente istruttorio, nella via dei motivi aggiunti, limitandosi quindi le censure rituali a quelle espresse nell’atto introduttivo contro il giudizio adottato dalla commissione.

Quest’ultimo peraltro è stato congruamente espresso nei termini già riferiti.

Orbene, escluso che la commissione, chiamata ad una valutazione complessiva sull’idoneità scientifica e didattica, e quindi ad un giudizio globale e di sintesi, dovesse esprimersi sul pregio di ogni pubblicazione (poiché "…è sufficiente una verifica che, basandosi sullo studio di tutta l’opera del candidato stesso, evidenzi a campione o per gruppi di lavori, le carenze della produzione scientifica": così Cons. Stato, Sez. VI, 5 ottobre 2001, n. 5272), è del tutto evidente che la motivazione, pur sintetica, dà conto puntuale delle ragioni della divisata inidoneità scientifica della ricorrente.

A fronte poi di un giudizio univocamente negativo sull’idoneità scientifica, non può assumere alcun rilievo la positività di quello sull’attività didattica, implicitamente ritenuto col richiamo senza rilievi al giudizio positivo della facoltà.

E’ noto, infatti, che nel giudizio di idoneità devono convergere consentaneamente le valutazioni favorevoli dell’attività scientifica e di quella didattica "…sicché è sufficiente che manchi una delle due condizioni, o che essa sia in qualche modo carente, per determinare il giudizio di non idoneità dell’aspirante" (Cons. Stato, Sez. VI, 13 febbraio 2003, n. 764), "…escludendosi che la commissione possa operare alcuna compensazione tra i due elementi di valutazione" (Cons. Stato, Sez. VI, 5 gennaio 2001, n. 31 e 20 dicembre 1999, n. 2109), poiché "…produzione scientifica e capacità didattica concorrono entrambe, congiuntamente ed in pari grado, all’accertamento dell’idoneità" (Cons. Stato, Sez. VI, 26 febbraio 1997, n. 325; TAR Puglia, BA, n. 273/2004).

VI.Al negativo esito degli esami di idoneità si collega poi la decadenza dall’incarico di insegnamento, di cui al provvedimento in impugnativa datato 13.10.1987.

Tale provvedimento peraltro, dovendo essere condiviso il motivo di censura al riguardo mosso dall’istante, è effettivamente illegittimo, dal momento che la decadenza dall’incarico di insegnamento di Fisiologia Generale è stata disposta, ai sensi dell’art. 52 del DPR n. 382/1980, a decorrere dall’1.11.1987, come effetto ineluttabile dell’inidoneità a professore associato, senza tenere conto del disposto di cui all’art. 113 dello stesso DPR, che ha stabilito la conservazione degli insegnamenti dei professori incaricati, anche stabilizzati, fino al subentro del nuovo titolare e, comunque, non oltre l’espletamento della seconda tornata di concorsi esterni (cfr. CdS, VI, n. 1687/2010 e n. 1113/2007). Non essendosi dunque all’epoca conclusa detta seconda tornata, il ricorrente doveva permanere nell’incarico, con conseguente illegittimità del provvedimento decadenziale emesso (restando al riguardo assorbite le censure non esaminate) ed accoglimento in parte qua del proposto ricorso.

VII.Il ricorso n. 358/93, che si passa ad esaminare, riguarda invece il provvedimento rettorale n. 12960 del 21.10.1992, emesso in applicazione dell’art. 113 del DPR n. 382/1980 e con il quale -sul rilievo dell’avvenuta comunicazione, da parte del Ministero, dell’approvazione degli atti della commissione giudicatrice della seconda tornata dei concorsi liberi per il gruppo E041, ricomprendente l’insegnamento impartito per incarico dalla ricorrente- nei confronti di quest’ultima è stata disposta la cessazione, a decorrere dall’1.11.1992, dall’ufficio di professore incaricato interno di Fisiologia Generale II.

Tale provvedimento è stato sospeso in via cautelare da questo Tar, con ordinanza n. 168 del 3.3.1993, " vista la circolare ministeriale del 7 dicembre 1992, n. 5243" e "fino alla fine dell’anno accademico in corso".

L’istante, prospetta ancora, anche in questo ricorso, censure di illegittimità costituzionale dell’art. 5 L. n. 28 del 21.2.1980 e degli artt. 50, 51, 52, 53, 113 e 120 DPR 11.7.1980, n. 382, per contrasto con gli artt. 2, 3, 33, 76, 97 e 113 della Costituzione, facendo anche riferimento alle disposizioni di cui alla L. n. 204/1992, che "ha istituito, per i soli docenti delle università per stranieri di Perugia e di Siena in posizione di incarico (o di "comando"), la figura del docente ad esaurimento".

I profili di illegittimità costituzionale mossi sono manifestamente infondati. Al riguardo si rinvia a quanto già rilevato con riferimento al precedente ricorso in merito all’insussistente illegittimità costituzionale della discriminazione legislativa, contenuta nella normativa del 1980, tra le posizioni degli assistenti ordinari (per i quali ultimi soltanto è prevista la possibilità di permanenza nel ruolo ad esaurimento) e i professori incaricati (cui non è data detta possibilità) e tra questi ultimi e i professori ordinari (inquadrati ex lege, essi soltanto, nel nuovo ordinamento universitario). Quanto alla dedotta discriminazione legislativa in riferimento alle disposizioni di cui alla legge n. 204/92, anche sotto tale profilo il rilievo d’incostituzionalità appare manifestamente infondato, dal momento che la peculiarità delle università per stranieri di Perugia e di Siena (definiti dalla legge a loro dedicata, n. 204 del 1992, "istituti superiori statali ad ordinamento speciale") conforta la previsione di una disciplina particolare in parte non omogenea con quella dettata per gli altri atenei, con conseguente esclusione della comparabilità secondo il parametro costituzionale di uguaglianza (cfr., in termini, CdS, VI, n. 1687/2010; vedi anche, comunque, TAR LT, n. 1301/2002 sull’applicabilità anche per i docenti in servizio presso le università degli studi di Perugia e di Siena, e stanti i riferimenti contenuti nell’art. 7 della legge n. 204/92, della disciplina di cui all’art.52 del DPR n.382 del 1980, con conseguente decadenza dall’incarico in caso di giudizio di non idoneità).

VIII.Disattesi i profili di incostituzionalità suddetti, resterebbe da vedere l’illegittimità o meno dell’atto decadenziale impugnato, sulla base della circolare MURST (richiamata nell’ordinanza cautelare) n. 5243 del 7.12.1992 (la quale ha disposto, per esigenze di continuità didattica, "in via transitoria che i concorsi espletati negli anni accademici precedenti all’attuale 1992/93, possano considerarsi conclusi con la fine dello stesso a.a. 1992/93).

Dall’approfondimento di tale profilo e delle censure dedotte il Collegio ritiene tuttavia di dover prescindere, giudicando il ricorso, in parte qua, improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, atteso che con successivo provvedimento del 30.10.1996 (oggetto del ricorso n. 17568/96) l’istante è stato dichiarato cessato dall’ufficio dall’1.11.1996, ai sensi dell’art. 113 del DPR n. 382/80, a seguito della conclusione, di cui a comunicazione ministeriale 1.10.1996, della III tornata dei giudizi di idoneità a professore associato, evincendosi da tale provvedimento che l’incarico in questione è stato autonomamente mantenuto in vita dall’Amministrazione (fino alla determinazione di cessazione dall’1.11.1996) e il precedente decreto decadenziale è stato implicitamente annullato dal nuovo provvedimento (basato su diversi presupposti).

Il ricorso esaminato è dunque improcedibile, per i motivi suddetti.

IX.Quanto al ricorso n. 17568/96, il Collegio rinvia, per la manifesta infondatezza, che anche in questo caso si ravvisa e conferma, delle questioni di costituzionalità ancora una volta dedotte dalla ricorrente circa la normativa del 1980, ai rilievi del Tribunale sopra già espressi in sede di esame degli altri ricorsi proposti dall’istante medesima, dovendosi pertanto ribadire:

a)che la perdita dello status di professore incaricato all’esito negativo dei giudizi di idoneità deriva dalla essenziale precarietà del titolo (benché formalmente attribuito e con insegnamento da anni esercitato) e dalla necessità non irrazionale del superamento dell’esame di idoneità per il passaggio in ruolo, non potendosi dunque, la relativa disciplina, ritenere discriminatoria in relazione al diverso trattamento legislativo stabilito per il personale che già era concretamente di ruolo;

b)che la peculiarità delle università per stranieri di Perugia e di Siena giustifica la previsione di una disciplina particolare (ex L. n. 204/92) in parte non omogenea con quella dettata per gli altri atenei;

c)che la disposizione che prevede la cessazione dall’incarico dei docenti incaricati che non abbiano superato le prove di idoneità a professore associato è perfettamente conforme al principio costituzionale di buon andamento, codificato dall’art. 97 della Costituzione, non potendo istituirsi utili confronti, ai fini della tutela del posto di lavoro, con altri dipendenti pubblici o con lavoratori privati, e dovendosi comunque rimarcare che ai fini della conservazione del posto di lavoro, seppure con mansioni diverse, agli incaricati che non hanno superato gli esami di idoneità predetti è stata data possibilità di passaggio ad altra amministrazione, ex art. 120 del DPR n. 382/1980.

X.Circa la decadenza dall’incarico di cui al provvedimento rettorale impugnato n. 290 del 30.10.1996, le censure dell’istante sono da disattendere, atteso che come la giurisprudenza amministrativa ha reiteratamente riconosciuto (cfr. sez. VI, 11 maggio 2005, n. 2356 e 10 marzo 2005, n. 988), il dies ad quem della proroga dei professori incaricati, anche stabilizzati, coincide, a norma dell’art. 113 secondo comma, con il subentro del nuovo titolare o, comunque, con l’espletamento della seconda tornata dei concorsi esterni.

Infatti, riconoscendo il diritto alla conservazione dell’incarico "comunque non oltre l’espletamento della seconda tornata concorsuale" l’art. 113 d.p.r. n. 382/1980 ha inteso porre un limite invalicabile alla sopravvivenza degli incarichi di insegnamento a prescindere dalla circostanza che all’esito di detta tornata concorsuale si fosse o meno provveduto alla copertura del posto (già oggetto di incarico) con un vincitore di concorso (CdS VI 10 luglio 2002 n. 3871; CdS VI 26 febbraio 2001 n. 841), ovvero che l’interessato abbia o meno presentato domanda di passaggio ad altra Amministrazione o fosse o meno già inquadrato in altra Amministrazione pubblica, ai sensi del successivo art. 120 (vedi CdS, VI, n. 1687/2010).

Nel caso di specie, il provvedimento decadenziale impugnato è stato assunto sul rilievo dell’avvenuto espletamento della II tornata dei concorsi liberi a professore associato per il gruppo disciplinare E041, comprendente Fisiologia Generale II, e della successiva conclusione della stessa III tornata dei giudizi di idoneità per l’inquadramento nel ruolo dei professori associati.

Sull’insussistenza ed il mancato inveramento di tali circostanze, l’istante peraltro nulla specificamente deduce o concretamente prova, per cui sulla base del suo contenuto motivazionale, il decreto di cessazione della ricorrente dall’incarico di professore stabilizzato di Fisiologia Generale II appare pienamente legittimo.

Ed al riguardo si rileva:

a)che non sussiste alcuna violazione di ordinanze cautelari, dal momento che, da un lato, il provvedimento in questa sede impugnato è stato assunto sulla base di presupposti in parte diversificati (conclusione della II tornata dei concorsi liberi e della III tornata dei giudizi di idoneità) rispetto a quelli del provvedimento sospeso con ordinanza del CdS n. 259/88 e, dall’altro, l’ordinanza del tar relativa alla decadenza 27.10.1993 è stata assunta nell’ambito del giudizio introdotto con un ricorso dichiarato perento con decreto n. 12970/2005;

b)che non sussiste alcuna carenza o insufficienza motivatoria, perché il provvedimento di cessazione dall’incarico era nella specie dovuto e meramente vincolato all’intervento delle circostanze giustificative rilevate dall’Amministrazione, senza alcuna possibilità e tanto meno obbligo per la P.A. di valutazioni discrezionali della posizione della destinataria dell’atto stesso in relazione all’incarico svolto e alle relative durata e modalità;

c)che la decadenza dall’incarico, nel caso in esame, è giustificata dall’inveramento delle circostanze determinanti la scadenza del termine di conservazione dell’incarico stesso ex art. 113 del DPR n. 382/80, non rilevando, in contrario, le modalità e i tempi di svolgimento dei concorsi liberi, risultando peraltro apoditticamente affermata l’impossibilità per i partecipanti alle procedure di idoneità di usufruire delle tornate concorsuali libere;

d)che la mancata conclusione di tali tornate come della terza tornata dei giudizi idoneativi è affermata dall’istante del tutto genericamente, senza alcuna prova (o inizio di prova);

e)che la ricorrente nemmeno ha dimostrato poi di aver presentato domanda di passaggio ad altra amministrazione, ex art. 120 del DPR n. 382/80 (con riferimento all’eventuale possibilità di mantenimento in servizio fino all’espletamento delle procedure di passaggio stesso).

L’impugnativa mossa con il ricorso introduttivo n. 17568/96 va conclusivamente respinta.

XI.Peraltro, nell’ambito del giudizio introdotto con il ricorso di cui sopra sono stati anche proposti motivi aggiunti (depositati il 19.12.2008), sui quali il Tribunale ritiene di dover assumere le seguenti decisioni:

1)i motivi stessi sono inammissibili nella parte in cui viene con essi impugnata la nota rettorale in data 6.11.2008 n. 31425, trattandosi di mera "informativa" (indirizzata dal Rettore "a tutti i ricercatori di ruolo, a tutti gli assistenti di ruolo e a tutti i professori incaricati stabilizzati") della possibilità per le Università di risolvere il rapporto lavorativo di proprio personale docente al compimento dell’anzianità contributiva massima di 40 anni, ex co. 11 dell’art. 72 del DL n. 112/08, e non di un atto concretamente ed immediatamente lesivo per la ricorrente;

2)i motivi aggiunti suddetti vanno invece respinti nella parte in cui la ricorrente rivendica, richiamando l’esercizio dell’attività di insegnamento relativa ad un incarico stabilizzato da circa 32 anni, il riconoscimento della permanenza del suo status di professore incaricato stabilizzato in virtù del principio di cui all’art. 36 della Costituzione e di cui all’art. 2126 c.c. riconosciuti applicabili dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 25837/2007) oltre che dalla Corte Costituzionale, anche all’impiego pubblico. La domanda peraltro, benché pregevolmente prospettata ed argomentata, non può certamente essere condivisa, per il fondamentale principio per cui nell’ambito del pubblico impiego (oltretutto trattandosi nel caso in esame di rapporto lavorativo nemmeno "privatizzato") la qualifica si acquisisce unicamente mediante concorso o con le procedure rigidamente previste dalla legge, in applicazione degli artt. 51 e 97 Cost.ne;

3)la domanda va ugualmente respinta sotto il profilo della rivendicazione meramente retributiva dell’esercizio di mansioni superiori, irrilevanti nell’ambito della docenza universitaria, e non avendo l’istante dimostrato (al di là della spettanza del compenso per esercizio delle mansioni, che ha reso, proprie di incaricato stabilizzato) di aver svolto mansioni vere e proprie di professore ordinario o associato (di cui dunque impropriamente invoca il compenso);

4)il mantenimento poi nelle mansioni di professore incaricato anche all’esito del mancato superamento del giudizio di idoneità a professore associato non è possibile in contrasto con le precise disposizioni di legge (della cui legittimità costituzionale non può dubitarsi, alla stregua di quanto in proposito sopra già rilevato e che qui si richiama e ribadisce a confutazione dei profili di illegittimità costituzionale ancora una volta dedotti e reiterati anche nei motivi aggiunti) che hanno in senso contrario espressamente stabilito, disponendo la perdita dell’incarico al verificarsi dei presupposti di legge (senza alcun eccesso di delega dato che l’art. 5 della legge n. 28/80 espressamente ha previsto che "I professori incaricati stabilizzati che non presentano domanda di partecipazione neppure alla seconda tornata di giudizi idoneativi, ovvero che avendo partecipato alla predetta tornata non conseguono il giudizio positivo, decadono dall’incarico";

5)né ai fini del detto mantenimento dispone alcunché lo Statuto dell’Università intimata, non potendosi certamente estendere a tale mantenimento l’equiparazione (ad altri fini disposta dallo Statuto stesso) dei professori incaricati a quelli associati;

6)va respinta infine la domanda risarcitoria (proposta anch’essa nei motivi aggiunti) per danno esistenziale, perché generica e per insussistenza di un comportamento dell’Amministrazione illecitamente causativo di danno alla ricorrente.

XII.Alla stregua delle esposte considerazioni, il ricorso n. 9891/87 va in parte accolto (con annullamento dell’atto decadenziale impugnato), mentre va respinto con riferimento ai contestati giudizi di inidoneità. Vanno altresì respinti o dichiarati inammissibili (ovvero, con riferimento all’impugnativa dell’atto decadenziale del 1992, dichiarati improcedibili), secondo quanto sopra specificato, i restanti ricorsi e motivi aggiunti proposti dalla ricorrente.

Le spese possono essere compensate, dato l’esito della complessiva vertenza e la peculiarità della vicenda e delle questioni sollevate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sui ricors e i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, così decide:

a)accoglie in parte ed in parte respinge il primo ricorso; dichiara improcedibile il secondo; respinge il terzo; in parte dichiara inammissibili i motivi aggiunti ed in parte li respinge.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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