T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, Sent., 13-09-2011, n. 299 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente, proprietario di un terreno ubicato nella frazione di Petrignano d’Assisi, censito al catasto urbano al fg. n. 48, particella n. 1101 (ex 389parte), confinante in parte con terreni di proprietà del sig. M.T., contraddistinti dalle particelle nn. 158, 163 (ex 159), 391 e 1102 (ex 389parte), espone che tali terreni erano stati inseriti, nel 1972, dal P.R.G. di Assisi (c.d. Piano Astengo) nel più vasto comparto a destinazione residenziale di ristrutturazione designato con la dicitura "Settore Urbano P/11". Il P.R.G. del 1972, in tale comparto, aveva previsto un edificio a volumetria definita posizionato sulle particelle nn. 389 e 158, 159 (oggi 163) e 390.

Premette come nel 1988 alcuni proprietari di un settore di tale comparto abbiano proposto all’Amministrazione comunale l’approvazione di un piano particolareggiato con edificio a volumetria definita a destinazione commerciale; tale piano è stato approvato con delibera del C.C. n. 271 del 3 novembre 1989, ed ha interessato le particelle nn. 389 (poi frazionata nelle particelle 1101 del T. e 1102 del T.), 158, 390, 391 e 158 del foglio n. 48.

Tale P.P.E. non è poi stato attuato.

Espone come successivamente, nel 1997, il Comune di Assisi abbia approvato la variante generale al P.R.G., modificando l’assetto complessivo dell’area, classificata in larga parte "B5" e "S2" la zona centrale del vecchio comparto.

Le sole particelle 389 (poi divenuta 11011102) e 158 venivano inserite in un comparto di P.R.G. classificato come zona "C0", ossia zona "oggetto di piano attuativo in atto"; il restante sedime del P.P.E. del 1989, invece, era classificato B5 "zona residenziale di completamento".

Nel frattempo, il sig. T. è divenuto proprietario anche della particella 1102, mentre il sig. T. ha acquisito la particella n. 1101, sì che l’area "C0" del P.R.G. risultava distribuita al 72% circa in capo al primo, ed il restante 28% al secondo.

Con nota del 24 febbraio 2007 il sig. T. comunicava al ricorrente la sua intenzione di presentare al Comune un nuovo piano attuativo del comparto "C0", invitandolo a partecipare all’iniziativa, comunicando che altrimenti si sarebbe avvalso della previsione di cui all’art. 22 della l.r. n. 11 del 2005. Il T. rispondeva che al momento non era interessato a partecipare, riservandosi tuttavia di valutare la proposta presentata all’Amministrazione.

Nell’agosto del 2008 il sig. T. ha presentato la sua proposta di piano attuativo, in variante parziale al P.R.G., e prevedente la realizzazione di un edificio a destinazione commerciale e residenziale, ma non nel comparto "C0" (includente le particelle nn. 1101, 1102 e 158), ma parte nella zona "C0" e parte nella zona "B5" relativa alle particelle 159 e 130, e quindi interamente sulla proprietà del T..

La riperimetrazione prevista nel nuovo piano attuativo consisteva essenzialmente nella localizzazione del fabbricato residenziale/commerciale nelle sole particelle del sig. T. nn. 1102 e 158, e nella ubicazione di un parcheggio privato nella particella n. 1101 del sig. T., il quale veniva così privato della volumetria sino ad allora prevista in quell’area.

Con delibera n. 105 del 2008 la G.C. di Assisi dava atto dell’intervenuta decadenza del P.P.E. del 1989, delle diverse esigenze della frazione di Petrignano e dell’interesse pubblico all’eliminazione di un’area, qualificata come degradata, insistente sulle aree già oggetto del P.P.E., oltre che all’acquisizione di spazi pubblici destinati a parcheggio, autorizzandosi pertanto il sig. T. alla presentazione di un piano attuativo, di iniziativa pubblicoprivata in variante parziale al P.R.G.

Tale piano attuativo è stato adottato con delibera del C.C. n. 157 del 30 ottobre 2008; faceva a ciò seguito la predisposizione, da parte del sig. T., di memorie ed osservazioni, disattese peraltro con delibera di C.C. n. 120 del 28 settembre 2009, la quale lo ha altresì diffidato a sottoscrivere lo schema di convenzione.

Avverso il provvedimento di adozione del piano attuativo e la delibera di rigetto delle proprie osservazioni il ricorrente deduce il seguente, articolato, motivo di diritto: violazione dell’art. 22, comma 4, della l.r. n. 11 del 2005; eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria; travisamento dei fatti ed errore nei presupposti, nella considerazione che la norma attribuisce ai proprietari di almeno il 51% del valore catastale di aree perimetrate dal P.R.G. ed individuate come "comparto che costituisca un’entità funzionale" la facoltà di presentare una proposta di piano attuativo per il comparto medesimo. Il presupposto della norma è dunque la preesistenza di un comparto urbanistico di P.R.G.; sennonché il piano proposto dal sig. T. non è riferito ad un comparto di P.R.G., atteso che quello esistente al momento della presentazione del piano attuativo era il comparto "C0", interessante le sole particelle 1101, 1102 e 158 del foglio 48.

Ne consegue che, ove il piano sia stato predisposto per aree non riferite ad un comparto di P.R.G., la relativa presentazione non poteva essere fatta autonomamente dal T., che tanto meno potrà attuarne le relative previsioni in via coattiva.

Appare altresì evidente dal provvedimento di reiezione delle osservazioni di parte ricorrente l’intendimento dell’Amministrazione comunale di favorire un soggetto privato a danno di un altro, tentando di giustificare tale scelta con il riferimento ad inesistenti interessi pubblici. Lo sviamento appare evidente laddove viene consentito ad uno dei lottizzanti (il T.) di localizzare l’intera cubatura di comparto sulla sua proprietà, rendendo così inutilizzabile la cubatura relativa all’area di proprietà del ricorrente, che vede così annullate le potenzialità edificatorie del proprio lotto.

Infondato è anche l’assunto motivazionale del provvedimento, secondo cui il ricorrente si sarebbe acriticamente opposto alle iniziative del controinteressato; al contrario, si desume dagli atti del procedimento che lo stesso ha cercato di raggiungere un accordo, elaborando anche una propria ipotesi progettuale, cooordinata con gli stessi uffici comunali; l’atteggiamento di chiusura è, piuttosto, imputabile al T..

La motivazione del provvedimento appare carente anche nella parte in cui esprime l’esigenza di eliminare una fantomatica "area degradata", individuata nelle particelle nn. 158, 159, 391 e 1102 del foglio 48, ma che non trova alcun riscontro documentale o fotografico. Non trova dunque giustificazione la copaternità comunale del piano attuativo, certamente l’interesse publico non potendosi ravvisare nell’opportunità di trasformare il parcheggio privato, localizzato nella proprietà T., in un parcheggio pubblico.

Dall’esposta illegittimità discende, in via derivata, l’illegittimità della diffida intimata al ricorrente di sottoscrivere la convenzione redatta dal T. ed adottata con il piano attuativo dal Comune.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Assisi ed il controinteressato sig. M.T., resistendo alle censure avversarie e chiedendo la reiezione del ricorso.

Con successivo atto di motivi aggiunti il sig. T. ha impugnato la deliberazione consiliare n. 79 del 25 giugno 2010, di approvazione del piano attuativo in variante parziale al P.R.G. presentato dal sig. T., e di approvazione del relativo schema di convenzione.

Avverso tale provvedimento vengono sostanzialmente reiterate le censure esperite con il ricorso introduttivo avverso l’adozione del piano attuativo, alla cui esposizione si fa dunque, per brevità, rinvio.

All’udienza del 18 maggio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. – Premesso che possono essere trattati congiuntamente il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti, per l’identità del thema decidendum, occorre anzitutto esaminare la prima doglianza, che si incentra sull’asserita violazione dell’art. 22, commi 3 e 4, della l.r. Umbria 22 febbraio 2005, n. 11, nell’assunto che dette norme attribuiscono la facoltà di presentare una proposta di piano attuativo ai proprietari di almeno il 51 per cento del valore catastale degli immobili e della superficie delle aree perimetrate dal P.R.G., parte operativa, purchè (detta proposta) sia riferita ad un preesistente comparto che costituisca un’entità funzionale. Nel caso di specie, non ricorrerebbe tale presupposto, in quanto il comparto esistente, al momento della presentazione del piano attuativo, era il "C0", interessante le sole particelle 1101, 1102 e 158 del foglio 48, mentre il piano coinvolge anche le particelle 159 e 130.

La censura, pur nell’opinabile complessità dell’ermeneusi letterale che implica, non appare meritevole di positiva valutazione.

Ed invero la ratio della norma in esame è evidentemente quella di superare la situazione di impasse derivante dalla non convergenza di posizioni dei titolari dei diritti di proprietà fondiaria.

Ciò appare inferibile laddove la disposizione dell’art. 22, comma 3, precisa che "il piano è di iniziativa privata per la parte proposta dai proprietari e di iniziativa pubblica per la restante parte".

Nella fattispecie in esame difetta la "preesistenza" del comparto, dovendosene piuttosto ravvisare la contestualità, desumibile dal fatto che la variante allo strumento urbanistico generale, operata con il piano attuativo, consiste proprio nell’inclusione nel comparto "C0" di aree limitrofe (classificate "B5") di proprietà esclusiva del sig. T..

Ma la "preesistenza" del comparto ben difficilmente può ritenersi presupposto di applicabilità dell’art. 22, comma 3, della l.r. n. 11 del 2005, atteso che, anche a ritenere che la disposizione in questione abbia adoperato in termini tecnici l’espressione, il comparto edificatorio è uno strumento urbanistico di terzo livello, richiedente dunque la già intervenuta approvazione dello strumento urbanistico generale e degli strumenti attuativi (così, tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2009, n. 7650; Sez. V, 3 ottobre 1997, n. 1092), senza che però risulti preclusiva l’eventuale contestualità dello strumento attuativo.

A maggiore ragione, tale soluzione è sostenibile, ove si attribuisca alla locuzione "comparto" un’accezione che prescinde dal significato di strumento di pianificazione, rinvenibile nella legge urbanistica fondamentale, e definitoria, piuttosto, una "tecnica di edificazione".

Del resto, diversamente opinando, verrebbe preclusa l’operatività degli artt. 24, comma 16, e 67, comma 3, dello stesso corpus normativo, nella parte in cui consentono ai Comuni di adottare ed approvare varianti parziali agli strumenti urbanistici generali anche a mezzo di piano attuativo di iniziativa pubblica o mista (come è avvenuto nel caso di specie).

Ciò che conta, ad avviso del Collegio, per rispettare la portata precettiva dell’art. 22, non è dunque il fatto che il comparto edilizio sia ampliato contestualmente all’adozione del piano attuativo, mediante variante al P.R.G., quanto piuttosto che l’ampliamento non venga computato ai fini dell’individuazione del proprietario "maggioritario".

A tale riguardo, e con riferimento al comparto "C0", va rilevato che il controinteressato sig. T., in quanto proprietario delle particelle 1102 e158 (rispettivamente di mq. 339 e 570), a fronte della proprietà del ricorrente sig. T. (titolare della sola particella 1101, di mq. 351), risultava proprietario di un’area superiore al 51 per cento richiesto dalla norma, e dunque era soggetto legittimato a proporre il piano attuativo.

2. – Devono essere disattese anche le subcensure, con cui si deduce, mediante prefigurazione di molteplici profili sintomatici dell’eccesso di potere, che i provvedimenti impugnati evidenzierebbero una "sviata" volontà comunale di favorire un soggetto privato (il sig. T.) in danno di un altro (il ricorrente T.), dietro l’usbergo di un inesistente interesse pubblico.

L’interesse pubblico risulta, invero, indicato già nella deliberazione di G.C. n. 105 del 5 giugno 2008, di autorizzazione della proposta di piano attuativo in variante parziale al P.R.G., e consiste nell’eliminazione dell’area degradata individuata al foglio n 48, particelle nn. 15815939011011102, in parte già oggetto del PPE approvato con delibera di C.C. n. 271 del 3 novembre 1989, e nell’acquisizione di spazi pubblici destinati a parcheggio, comunque non inferiori a quelli previsti dal predetto strumento attuativo.

Non appare, in particolare, meritevole di apprezzamento l’assunto secondo cui il nuovo piano renderebbe inutilizzabile la cubatura relativa all’area di proprietà del ricorrendo, annullandone le potenzialità edificatorie, in quanto ciò costituisce, eventualmente, la conseguenza della esiguità della porzione di terreno del ricorrente (pari a mq. 351).

Non occorre perdere di vista che tale condizione è il frutto di consapevoli valutazioni del sig. T., che, dapprima, con la missiva del 10 marzo 2007, ha comunicato il suo (quanto meno, momentaneo) disinteresse a partecipare alla redazione del piano attuativo; successivamente, secondo quanto evincibile dalla documentazione versata in atti, e comunque dalla delibera consiliare n. 120 del 2009, non si è data più la possibilità di addivenire ad una soluzione concordata tra le parti, e quindi ad una partecipazione di entrambe alla redazione del piano.

Non rileva a chi sia imputabile il mancato raggiungimento di un accordo, in quanto il dato normativo, come si è in precedenza osservato, attribuisce una, comunque ragionevole, posizione di forza al proprietario "maggioritario".

Sotto altro profilo, appare affermazione indimostrata quella secondo cui il controinteressato fruirebbe della proprietà del sig. T. per il reperimento degli standards.

3. – Il terzo submotivo si incentra sul vizio motivazionale ed il difetto di istruttoria in ordine all’interesse pubblico sotteso agli atti impugnati, che ha giustificato la copaternità dell’iniziativa del piano attuativo, non potendosi in particolare ravvisare gli estremi dell’"area degradata".

Anche tale doglianza non appare meritevole di positiva valutazione.

Quanto alla c.d. copaternità del piano attuativo, è sufficiente rilevare che la configurazione come "piano misto" è una conseguenza legale dell’iniziativa presa dal proprietario che detenga almeno il 51 per cento del valore catastale e delle aree perimetrate dal P.R.G. e dell’esigenza che il piano contempli una sistemazione complessiva delle aree perimetrate dal P.R.G. (art. 22, comma 3, della l.r. n. 11 del 2005).

Quanto alla motivazione, si è in precedenza evidenziato che che la stessa ruota sul degrado dell’area oggetto dell’intervento, e sulle mutate esigenze della collettività residente nella frazione di Petrignano, riflettentisi anche nella necessità di acquisire, a titolo gratuito, spazi pubblici destinati a parcheggio (di superficie non inferiore a quella prevista dal precedente piano attuativo).

4. – Circa, poi, il ricorso ad un piano attuativo in variante al P.R.G. in luogo di una più semplice variante al P.P.E. del 1989, deve ritenersi che questa seconda opzione era preclusa dall’art. 5.4, comma 2, delle N.T.A., risultando nel caso di specie modificata la delimitazione del comparto.

Ed infatti, a seguito della variante generale del 1997, le aree oggetto dell’originario P.P.E. del 1989 hanno subito una diversa riperimetrazione; talune particelle (le nn. 1101, 1102 e 158) sono state qualificate quale comparto "C0", mentre le altre (nn. 159, 390, 391 e 641) sono state qualificate quale comparto "B5".

5. – Nei motivi aggiunti, superandosi l’assunto, svolto nel ricorso introduttivo, dell’illegittimità della diffida intimata al ricorrente a sottoscrivere la convenzione, si censura proprio lo schema della convenzione, che attribuisce al T. anche la proprietà della particella n. 1101, che è invece del T., senza prevedersi peraltro alcuna modalità di acquisizione della medesima, e senza neppure che sia reiterata la diffida.

La censura è, allo stato, inammissibile per carenza di interesse, in quanto si indirizza nei confronti di uno schema di convenzione, che, comunque, per definizione, intercorre inter partes, sì che tertio neque nocet, neque prodest, in applicazione del principio di relatività (degli effetti) del contratto (di cui all’art. 1372 del c.c.), estensibile anche agli accordi.

6. – Deve infine essere disatteso l’ultimo motivo aggiunto con cui si lamenta, in sintesi, che l’Amministrazione, in sede di approvazione del piano attuativo, non avrebbe tenuto in alcuna considerazione la pendenza di un giudizio avverso l’adozione del piano stesso.

Ed invero, come obiettato dalle parti resistenti, la mancata adozione di qualsivoglia misura cautelare nel giudizio pendente, ha consentito all’Amministrazione di concludere il procedimento con l’approvazione del piano.

7. – In conclusione, il ricorso ed i motivi aggiunti devono essere respinti per infondatezza.

La complessità, specialmente dal punto di vista fattuale, della vicenda giustifica la compensazione tra tutte le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando, respinge il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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