Cass. pen., sez. III 18-12-2006 (08-11-2006), n. 41291 SANITÀ PUBBLICA- Inquinamento atmosferico – Impianti di autolavaggio – Obbligo di richiedere l’autorizzazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Frosinone, sezione distaccata di Anagni, ha affermato la colpevolezza di D? D? in ordine al reato di cui all’art. 25 del D.P.R. n. 203/88, ascrittogli perché, nella qualità di titolare dell’omonimo autolavaggio, ometteva di chiedere l’autorizzazione alle immissioni in atmosfera, condannandolo alla pena precisata in epigrafe.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia con due motivi di gravame.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione del D.P.R. n. 203/88.

Si deduce che il citato decreto presidenziale, che ha attuato le direttive CEE n. 80/779,82/884,84/360 e 85/203 si applica esclusivamente agli impianti industriali, nella cui categoria non rientrano le attività di autolavaggio, in quanto queste ultime sono carenti delle caratteristiche tecnico – produttive che contraddistinguono gli impianti industriali.

Si aggiunge che l’attività di autolavaggio rientra tra quelle ad inquinamento atmosferico poco significativo, ai sensi del D.C.P.M. 21.7.1991, per le quali non è richiesta l’autorizzazione.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la manifesta illogicità della motivazione della sentenza in ordine alla determinazione della entità della pena.

Si deduce che il giudice di merito ha determinato la pena inflitta in misura di gran lunga superiore al massimo edittale previsto dalla norma, che è di ? 1.032,91 senza addurre alcuna motivazione in ordine alle ragioni per le quali è stata applicata una pena cinque volte superiore al massimo previsto della legge.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

Il D.P.R. 25.7.1991, contenente "Modifiche dell’Atto di indirizzo e coordinamento in materia di emissioni poco significative e di attività a ridotto inquinamento atmosferico, emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 21 luglio 1989", detta, nel capo secondo, le DISPOSIZIONI IN MATERIA DI EMISSIONI POCO SIGNIFICATIVE NONCHE’ DI EMISSIONI DIFFUSE DI DEPOSITI DI OLII MINERALE E GPL, statuendo:

art. 2, comma 1, " Le attività di cui all’allegato 1 sono, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, attività di inquinamento atmosferico poco significativo ed il loro esercizio non richiede autorizzazione".

art. 2, comma 2, "Le regioni possono prevedere che i titolari delle attività di cui all’allegato 1 comunichino alle autorità competenti la sussistenza delle condizioni di poca significatività dell’inquinamento atmosferico prodotto."

Nell’allegato 1 vengono, quindi, elencate le attività ad inquinamento atmosferico poco significato, nel cui novero, al punto 17, sono inclusi gli autolavaggi.

L’attività esercitata dal ricorrente, pertanto, non era soggetta alla preventiva autorizzazione, ma il Malizia era solo tenuto alla comunicazione di cui al citato art. 2, secondo comma, subordinatamente alla evenienza che la Regione di appartenenza ne avesse previsto l’obbligo.

Le disposizioni esaminate, peraltro, risultano in linea di continuità normativa con l’attuale disciplina delle emissioni in atmosfera di cui alla parte quinta del D.Lvo. 3.4.2006 n. 152, contenente Norme in materia ambientale.

Infatti, l’art. 272, comma 5, del predetto testo unico stabilisce:

"Il presente titolo, ad eccezione di quanto previsto del comma 1, non si applica agli impianti e alle attività elencati nella parte I dell’allegato IV alla parte quinta del presente decreto. Il presente titolo non si applica inoltre agli impianti destinati alla difesa nazionale né alle emissioni provenienti da sfiati e ricambi d’aria esclusivamente adibiti alla protezione e alla sicurezza degli ambienti di lavoro. Agli impianti di distribuzione dei carburanti si applicano esclusivamente le pertinenti disposizioni degli articoli 276 e 277"

Nell’allegato IV, parte I, alla parte quinta del decreto legislativo, al punto 4 lett. l) sono citati gli autolavaggi.

Stabilisce, inoltre, il comma 1 dell’art. 272 del testo unico:

"L’autorità competente può prevedere, con proprio provvedimento generale, che i gestori degli impianti o delle attività elencati nella parte I dell’allegato IV alla parte quinta del presente decreto comunichino alla stessa di ricadere in tale elenco nonché, in via preventiva, la messa in esercizio del impianto o di avvio dell’attività, salvo diversa disposizione dello stesso allegato. Il suddetto elenco riferito ad impianti o attività le cui emissioni sono scarsamente rilevanti agli effetti dell’inquinamento atmosferico, può essere aggiornato ed integrato secondo quanto disposto dall’art. 281, comma 5, anche su proposta delle regioni, delle provincie autonome, delle associazioni rappresentative di categorie produttive"

Ai sensi dell’art. 272, comma 5, quindi, anche secondo la normativa attualmente vigente gli impianti di autolavaggio non sono soggetti ad autorizzazione con riferimento alle emissioni in atmosfera, ma solo all’obbligo di comunicazione.

Per completezza di esame va anche rilevato che il corrispondente inadempimento è attualmente sanzionato dall’art. 279, co. 3, del testo unico ai sensi del cui disposto: "Chi mette in esercizio un impianto o inizia un’attività senza averne dato la preventiva comunicazione prescritta ai sensi dell’art. 269, comma 5 o comma 15 o ai sensi del art. 272, comma 1, è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda fino ad milletrentadue euro".

Conclusivamente si deve, quindi, affermare, che l’attività di autolavaggio non era soggetta ad autorizzazione per quanto riguarda le emissione in atmosfera, essendo inclusa tra quelle ad emissioni poco significative ai sensi del capo II, art. 2, comma 1, del D.P.R. 25.7.1991 ed allegato 1.

Sotto tale profilo vi è continuità normativa con le previsione di cui all’art. 272, comma 5, del D.Lvo. n. 152/2006, nel senso che gli impianti con emissioni poco significative non erano ed attualmente non sono soggette ad autorizzazione.

L’obbligo di comunicazione di cui all’art. 2, comma 2, del D.P.R. citato, invece, era previsto solo a seguito di apposita delibera regionale, sicché l’eventuale violazione della relativa prescrizione non poteva neppure ritenersi sanzionata penalmente ai sensi dell’art. 24, commi secondo a terzo, del D.P.R. n. 203/88, riferendosi le corrispondenti fattispecie alle attività soggette ad autorizzazione, mentre è attualmente sanzionato in modo espresso dell’art. 279, comma 3, del D.Lvo. n. 152/2006, sicché non vi è continuità normativa tra la fattispecie di cui alla disposizione citata e quelle di cui all’abrogato art. 24 in relazione all’obbligo di comunicazione di cui si tratta.

Pertanto, all’epoca della commissione del fatto anche la omessa comunicazione di inizio attività per gli impianti non soggetti ad autorizzazione non era sanzionata penalmente.

L’accoglimento del primo motivo di ricorso rende superfluo l’esame del secondo, nel quale, peraltro, viene formulata una doglianza egualmente fondata.

La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata senza rinvio per la indicata causale.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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