Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-05-2011) 04-08-2011, n. 31076

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 9.4.2010 la Corte d’Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Roma che in data 17.7.2009 aveva condannato, alle pene ritenute di giustizia, C.F. e C.A. per il reato di cui agli artt. 81, 643 c.p., commesso in danno di S.F..

Riteneva la Corte distrettuale, richiamando anche la decisione di primo grado, provato che gli imputati, approfittando di una fase di aggravamento delle condizioni psicofisiche della parte offesa, acclarate dagli espletati accertamenti medico legali, avevano artatamente manipolato l’anziano malato ponendo in essere una serie di atti finalizzati all’integrale spoliazione del suo patrimonio.

Ricorre per Cassazione il difensore degli imputati deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in:

1. violazione di legge per mancato riscontro dell’attendibilità dei testi C. e P..

2. mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione:

3. violazione del diritto di difesa per avere il giudice di primo grado disposto ex art. 507 c.p.p. perizia grafologica su richiesta della parte civile;

4. mancata motivazione in ordine all’attendibilità del denunciante Avv. Sergio MAZZONE;

5. carenza di legittimazione delle costituite parti civili. Lamenta il ricorrente che le parti civili S. e MA.Si. non sono eredi di S.F. sebbene si dichiarano tali. Rileva che costoro sono figli della sorella S.W.V. erede; al pari del fratello S.R.; del de cuius S.F..

I primi 4 motivi di ricorso riproducono i motivi d’appello senza alcuna censura specifica alla motivazione della sentenza di secondo grado, con la conseguenza che le relative deduzioni non rispondono al concetto stesso di "motivo", perchè non si raccordano a un determinato punto della sentenza impugnata ed appaiono, quindi, come prive del requisito della specificità richiesto, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen., lett. c).

Nel caso di specie va anche ricordato che ci si trova dinanzi ad una "doppia conforme" e cioè doppia pronuncia di eguale segno per cui il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado.

Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di un’informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto valere nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di cd. doppia conforme, superarsi il limite del "devolutimi" con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass., n. 5223/07, ric. Medina, rv. 236130).

Nel caso di specie, invece, il giudice di appello ha riesaminato lo stesso materiale probatorio già sottoposto al tribunale e, dopo avere preso atto delle censure dell’appellante, è giunto alla medesima conclusione.

Orbene, fatta questa doverosa premessa e sviluppando coerentemente i principi suesposti, deve ritenersi che la sentenza impugnata regge al vaglio di legittimità, non palesandosi assenza, contraddittorietà od illogicità della motivazione.

La Corte territoriale, con argomentazione puntuale, che ha tenuto in considerazione tutte le doglianze difensive, coerente e priva di vizi logici, ha dato contezza degli elementi posti a fondamento della decisione, dando conto che gli imputati hanno posto in essere, "manipolando" artatamente l’anziano S., malato ed ormai prossimo alla fine, una serie di atti finalizzati all’integrale spoliazione del suo patrimonio.

Manifestamente infondato è il quinto motivo di ricorso considerato che l’imputato doveva presentare nei termini di decadenza di cui all’art. 80 c.p.p. richiesta motivata di esclusione di parte civile, con conseguente impugnabilità della decisione di inammissibilità o rigetto della richiesta.

Questa Corte ha, infatti, più volte osservato, anche a Sezioni unite, in tema di partecipazione della parte civile al dibattimento, che mentre l’ordinanza di esclusione della parte civile risulta inoppugnabile, la decisione di inammissibilità o di rigetto della richiesta di esclusione è impugnabile, da parte dell’imputato, unitamente alla sentenza (rv 239188; massime precedenti Conformi: N. 12970 del 2000 Rv. 218093, N. 13159 del 2000 Rv. 219191, N. 30045 del 2003 Rv. 226680, N. 35604 del 2003 Rv. 226372; SSUU 213858).

Nel caso in esame i ricorrenti non impugnano la decisione di inammissibilità o di rigetto della richiesta di esclusione di parte civile da loro avanzata nei termini di cui all’art. 80 c.p.p..

Il ricorso è pertanto inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende nonchè alla rifusione in solido alla costituita parte civile M.S. delle spese del presente grado che liquida in complessivi Euro 3.000,00 oltre IVA, CPA.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende nonchè alla rifusione in solido delle spese sostenute nel presente grado del giudizio dalla parte civile M.S. liquidate in complessivi Euro 3.000,00 oltre IVA, CPA. Così deciso in Roma, il 25 maggio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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