Corte Suprema di Cassazione – Penale Sezione III Sentenza n. 41285 del 2006 deposito del 18 dicembre 2006

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del Processo e Motivi della decisione

Con sentenza in data 12/7/2004 il Tribunale di S. Maria Capua Vetere dichiarava Z? A? responsabile del reato di cui all’art. 59 comma I D.Lvo. n. 152/1999 perché, in qualità di legale rappresentante della ditta " Autoriparazioni e Soccorso ACI "La Super" di Z? A?" – corrente in Pastorano – effettuava lo scarico di lavaggio dei pezzi meccanici nel fosso Maltempo, in assenza della prescritta autorizzazione. Per l’effetto, il Tribunale condannava lo Z? alla pena di euro 1.032 di ammenda, con il beneficio della sospensione condizionale.

Accertato in Pastorano il 27/5/2002.

Argomentava il Tribunale che il prevenuto, in data 21/3/2000, aveva richiesto alla Amministrazione Provinciale l’autorizzazione per lo scarico di acque reflue provenienti dall’insediamento, istanza non supportata, però, da idonea documentazione.

Solo successivamente al controllo effettuato da agenti dal Nucleo Operativo Ecologico, precisamente il 13/6/2002, lo Z? aveva presentato una nuova istanza di autorizzazione, questa volta corredata dalla necessaria documentazione. In data 17/6/2002 l’Autorità Provinciale autorizzava lo scarico delle acque reflue prodotte dal lavaggio di pezzi e motori provenienti dall’insediamento.

Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del proprio difensore deducendo: 1) violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) c.p.p. avuto riguardo all’art. 59 D.Lvo. n. 152/1999, posto che il ricorrente, all’atto dell’accertamento, aveva presentato istanza per ottenere l’autorizzazione allo scarico: a suo carico poteva ritenersi integrato solo un illecito amministrativo; 2) mancanza di motivazione della sentenza laddove neppure una parola aveva speso in relazione al comportamento omissivo tenuto dalla Pubblica Amministrazione.

Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, va dichiarato inammissibile.

Palesemente destituito di fondamento è il motivo sub 1). Va ribadito che, per costante insegnamento giurisprudenziale, la presentazione di una domanda di autorizzazione allo scarico non conforme alle prescrizioni di legge equivale alla mancata presentazione della domanda stessa, perché l’Autorità Amministrativa non viene resa edotta in ordine alle dimensione e caratteristiche dei rifiuti e non è posta in grado di valutare se sussistono i presupposti per il rilascio della autorizzazione, che deve essere espressa e specifica. Il ricorrente non poteva, dunque, ritenersi, legittimato allo scarico, pur avendo presentato istanza all’Amministrazione Provinciale e pur non essendo questa intervenuta con un specifico divieto.

Altrettanto infondata deve ritenersi la doglianza di cui al punto 2). Anche in tal caso va ribadito che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il comportamento omissivo o irregolare tenuto dalla Pubblica Amministrazione è del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del reato in oggetto, in quanto i soggetti interessati devono avere quale unico parametro di riferimento la legge penale. Oltretutto, versandosi in materia contravvenzionale, l’eventuale affidamento riposto dal ricorrente nell’inerzia della Pubblica Amministrazione non rende di certo configurabile la buona fede, ma, al contrario, evidenzia in discusso profilo di colpa, di per sé sufficiente al perfezionarsi del reato in disanima. Manifestamente infondata deve, dunque, ritenersi la censura mossa con il secondo motivo del ricorso, giacché attinenti ad aspetti inconferenti nell’economia della decisione.

Tenuto conto della sentenza 13/6/2000 n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla ridetta declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 c.p.p. l’onere delle spese del procedimento e del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di euro 1.000,00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione,

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spesse processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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