Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-05-2011) 04-08-2011, n. 31047

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 24.9.2010 la Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del GUP presso il Tribunale di Torino che, in data 15.1.2010, all’esito di giudizio abbreviato, condannava, alle pene ritenute di giustizia, G.N. e M.P. per rapina aggravata e lesioni in danno di A.R., riduceva la pena inflitta a M. ad anni 2 gg. 20 di recl. ed Euro 440,00 di multa e a G.N. ad anni 1 mesi 4 gg. 20 di recl. ed Euro 300,00 di multa.

Ricorre per Cassazione il difensore degli imputati deducendo per M.P. che la sentenza impugnata è incorsa in violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) in relazione agli art. 605 c.p.p., artt. 110 e 628 c.p.. Contesta la sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato ed evidenza la necessità di un approfondimento istruttorio. Lamenta inoltre l’applicazione della disciplina della continuazione fra reato di rapina e quello di lesioni. Per G.N. lamenta la mancata concessione della sospensione condizionale della pena richiesta con i motivi d’appello.

Il ricorso presentato nell’interesse di M.P. deve essere dichiarato inammissibile, giacchè i motivi in esso dedotti ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare, per di più, non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, conducente a mente dell’art. 591 cod. proc. pen., comma 1, lett. c), all’inammissibilità. Deve aggiungersi che l’atto di ricorso deve essere autosufficiente, nel senso che deve contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica (vedi fra le tante: Cass. 19 dicembre 2006, n. 21858; Cass. Sez. 3 n. 16851/10).

E’ quindi inammissibile il ricorso per cassazione quando, come nel caso in esame, gli argomenti esposti siano assolutamente generici, non individuando le ragioni in fatto o in diritto per cui la sentenza impugnata sarebbe censurabile e, pertanto, impedendo l’esercizio del controllo di legittimità sulla stessa.

Manifestamente infondata è anche l’ulteriore doglianza considerato che si verte in ipotesi di concorso eterogeneo di reati che si ha quando il reo con un’unica azione viola più disposizioni di legge con conseguente valutazione unitaria quoad poenam secondo il disposto dell’art. 81 c.p., comma 1.

Inammissibile è anche il motivo presentato nell’interesse di G. N..

Se è vero che la Corte territoriale non ha motivato la mancata concessione della sospensione condizionale limitandosi a confermare la sentenza anche in relazione alla pena, è pur vero che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non costituisce causa di annullamento della sentenza impugnata il mancato esame di un motivo d’appello inammissibile. Nel caso in esame la sospensione condizionale era stata genericamente richiesta senza alcuna indicazione degli elementi idonei a consentire una prognosi favorevole circa il futuro comportamento dell’imputata alla quale era stata contestata e ritenuta la recidiva semplice. Non è pertanto annullabile per difetto di motivazione la sentenza in argomento per il fatto che ha omesso di prendere in esame un motivo di impugnazione che, per essere privo del requisito della specificità, avrebbero dovuto essere dichiarato inammissibile. Sussiste, infatti, un effettivo interesse dell’imputato a dolersi della violazione solo quando l’assunto difensivo posto a fondamento del motivo sia in astratto suscettibile di accoglimento.(Cass. N. 2415 del 1984 Rv. 163169, N. 154 del 1985 Rv. 167304, N. 16259 del 1989; Cass Sez. 4 n. 1982/99; Cass Sez. 4 n. 24973/09).

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Alla inammissibilità del ricorso consegue a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si ritiene equo fissare in Euro 1000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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