Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-07-2011) 05-08-2011, n. 31181 Trasmissione di atti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione D.G. avverso la sentenza del Giudice di pace di Alì Terme in data 8 giugno 2010 con la quale è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia ed al risarcimento del danno in relazione, per quanto qui di interesse, della condotta di ingiuria posta in essere il 26 maggio 2007.

Il prevenuto era stato cioè ritenuto responsabile di avere offeso l’onore e il decoro di L.V.C., nel corso di un diverbio attinente all’accesso ad un garage, dicendole "tuo marito ha le corna".

Era accaduto che la L.V. stava rientrando a casa a bordo dell’auto condotta dalla figlia C.E.. L’accesso al garage condominiale era stato trovato però ostruito da una vettura che, come poi accertato, apparteneva al cliente di un negozio ubicato nelle vicinanze e gestito, appunto dal ricorrente. Poichè la conducente del mezzo suonava ripetutamente il claclson per attirare l’attenzione del proprietario della vettura, il prevenuto, uscito dal negozio col cliente che aiutava a caricare gli acquisti nella vettura, aveva apostrofato, in particolare, la L.V., con la frase di cui alla imputazione.

I giudici la interpretavano come indicativa certamente di una offesa al decoro della persona in quanto stava, nel frangente, a significare non l’attribuzione di un fatto indecoroso in particolare ma ad affermare che il marito della querelane subiva scompostamente una personalità non docile.

Deduce:

1) La violazione dell’art. 594 c.p. dovuta al fatto che la espressione, correttamente intesa, poteva al più suonare come un rimprovero, a causa degli altrui difetti;

2) Il vizio di motivazione per avere i giudici omesso di applicare la esimente dell’art. 599 c.p. in una situazione rimasta accertata nella quale la condotta del prevenuto era stata indotta da quella, incivile, della C.E. che aveva ripetutamente azionato il clacson. Il ricorso deve essere convertito in appello.

Invero la giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte- alla quale si aderisce – afferma che sono appellabili tutte le sentenze del giudice di pace che, oltre a condannare ad una pena pecuniaria, contengano altresì statuizioni risarcitone, sempre che l’impugnante non si limiti ad impugnare specie ed entità della pena, ma censuri la affermazione di penale responsabilità (rv 246618;

conf. Rv 244235, Rv 243234, Rv 234234). E ciò alla luce del disposto dell’art. 574 c.p.p. nella parte in cui prevede che la impugnazione dell’imputato contro la pronuncia di condanna o di assoluzione estende i suoi effetti alle statuizioni civili dipendenti dalla condanna. L’appellabilità della sentenza comporta che il ricorso per cassazione proposto contro di essa, dunque per saltum ai sensi dell’art. 569 c.p.p., non è ammesso quando si deduce, come nella specie, il vizio di motivazione. Proposto il ricorso, questo si converte in appello.

P.Q.M.

Converte il ricorso in appello e ordina trasmettersi gli atti al Tribunale di Messina per il giudizio di secondo grado.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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