Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-07-2011) 05-08-2011, n. 31329 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Firenze, con ordinanza resa all’udienza camerale del giorno 18.03.2010 rigettava l’istanza di riparazione presentata da L.L. per ingiusta detenzione in regime di custodia in carcere dal 7/06/04 e in regime di arresti domiciliari dall’11/06/04 al 22/10/04 perchè sospettato del reato di cui all’art. 270 bis c.p., comma 2, da cui lo stesso era stato assolto per non aver commesso il fatto in secondo grado con sentenza della Corte di Assise di appello di Firenze in data 11.05.2007, passata in giudicato il 30.10.2007, dopo essere stato condannato in primo grado dalla Corte di Assise di Pisa alla pena di anni tre e mesi tre di reclusione con sentenza del 7/07/06.

L.L. proponeva quindi ricorso per cassazione avverso l’ordinanza della Corte di appello di Firenze e concludeva chiedendone l’annullamento per il seguente motivo:

violazione degli artt. 314 e segg. cod. proc. pen. in relazione all’art. 606 cod. proc. pen., lett. e).

Si lamentano in sostanza vizi di motivazione dell’atto, consistenti in una errata valutazione della condotta del ricorrente, specificando che i giudici della Corte territoriale avrebbero dovuto chiedersi se tali condotte fossero volontarie , oppure rivelassero eclatante o macroscopica negligenza , imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, oppure ancora fossero invece connotate da colpa lieve.

In conclusione si lamenta la mancanza di una convincente e analitica motivazione che possa superare la valutazione della sentenza di assoluzione. Pertanto , ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale, non poteva ritenere sussistente il dolo o la colpa grave, impeditivi del riconoscimento del diritto all’equa riparazione.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze a mezzo dell’Avvocatura Generale dello Stato presentava tempestiva memoria e concludeva chiedendo di voler dichiarare inammissibile il proposto ricorso ovvero di rigettarlo.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Osserva la Corte che il diritto a equa riparazione per l’ingiusta detenzione, regolato dagli artt. 314 e ss. c.p.p., trova fondamento nella condizione soggettiva della persona sottoposta a detenzione immeritata e in tal senso ingiusta. Il quadro sistematico di riferimento è un quadro di diritto civile ma non è quello dell’art. 2043 c.c. che appresta sanzioni contro chi produce per dolo o colpa un danno ingiusto ad altri. Il principio regolatore è piuttosto quello della riparazione legata ad eventi che producono il sorgere, quali conseguenze di principi di solidarietà e di giustizia distributiva, di responsabilità da atto lecito (la distinzione tra responsabilità per danno ingiusto ex art. 2043 c.c. e responsabilità per atto lecito è ben chiarita da Cass. SS.UU. civ. 11/6/2003 n. 9341). E’ ben fermo, in materia, l’assetto delle regole generalissime che disciplinano l’onere della prova civile ex art. 2697 c.c. posto che il procedimento relativo alla riparazione per l’ingiusta detenzione, quantunque si riferisca ad un rapporto obbligatorio di diritto pubblico e comporti perciò il rafforzamento dei poteri officiosi del giudice, è tuttavia ispirato ai principi del processo civile, con la conseguenza che l’istante ha l’onere di provare i fatti costitutivi della domanda, la custodia cautelare subita e la successiva assoluzione (Corte Cass. Sez. 4 sent. n. 23630 02/04/2004 – 20/05/2004) della quale è talora ritenuta irrilevante la formula ( Cass. Sez 4^ 12/4/2000 n. 2365) e talora rilevante nel senso che indefettibile presupposto del sorgere del diritto sarebbe solo il proscioglimento con una delle formule di cui all’art. 314 cod. proc. pen., comma 1. Peraltro il sorgere del diritto è condizionato alla esistenza di una condotta del richiedente che al tempo del processo in nulla abbia dato causa o concorso a dare causa a quella ingiusta detenzione. L’operazione intesa a cogliere tali condizioni deve scandagliare solo l’eventuale efficienza causale delle condotte dell’imputato che possano aver indotto, anche nel concorso dell’altrui errore, secondo una valutazione ragionevole e non congetturale il giudice a stabilire la misura della detenzione (Cass. SSUU, Sent. n. 34559 del 26/06/02, Rv.222263; Cass., Sez 4^, Sent. N.2895 del 13/12/2005, Rv. 232884).

Tanto premesso si osserva che la Corte di Appello di Firenze, con motivazione adeguata, ha puntualmente motivato in ordine alle ragioni che ostano all’accoglimento dell’istanza di equa riparazione.

In particolare il provvedimento impugnato ha evidenziato che il L. era stato arrestato perchè .trovato, nel corso di una perquisizione all’interno di un casolare, insieme ad altri attivisti del circolo insurrezionalista "Silvestre". In precedenza, in prossimità del casolare, era stato rinvenuto all’interno di un’autovettura un manuale per la realizzazione di ordigni esplosivi, un manuale per la guerriglia, diverse ricetrasmittenti ed un documento dal contenuto sovversivo, su cui erano state rinvenute tracce del dna del ricorrente. La polizia giudiziaria aveva in corso una complessa indagine su tale organizzazione per l’accertamento di diversi e gravi reati. Sulla base di tali elementi puntualmente indicati dal G.I.P. del Tribunale di Pisa nell’ordinanza di custodia cautelare emessa in data 11/06/04, con cui, dopo avere convalidato l’arresto, aveva applicato al L. la misura degli arresti domiciliari, la Corte di appello, con adeguata motivazione, ha correttamente ritenuto che l’istante versasse in una situazione di colpa grave, atteso che aveva alloggiato in un luogo dove si trovavano oggetti funzionali alle attività illecite del gruppo, ed era a lui riconducibile il documento utilizzato per lettere minatorie inviate a diversi quotidiani. Il ricorrente inoltre nella prima fase delle indagini non aveva fornito spiegazioni in ordine a detto documento ed al ritrovamento presso il casolare di un apparato satellitare gps nonchè di manuali rinvenuti nell’autovettura posta nelle vicinanze del casolare.

Questo essendo il quadro accusatorio, l’ordinanza impugnata ha correttamente ritenuto che il ricorrente, tenendo una condotta gravemente colposa consistita nell’avere alloggiato in un casolare funzionale alle attività del gruppo su cui si stava indagando per la commissione di gravi reati, abbia tenuto un contegno che avvalorava le accuse mosse nei suoi confronti ed abbia contribuito a determinare le condizioni per l’adozione ed il mantenimento del provvedimento restrittivo de quo.

Il provvedimento impugnato, che definisce il procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione, supera quindi il vaglio di questa Corte che è limitato alla correttezza del procedimento logico giuridico con cui il Giudice è pervenuto ad accertare o negare i presupposti per l’ottenimento del beneficio indicato. Resta invece nelle esclusive attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a motivare adeguatamente e logicamente il suo convincimento, la valutazione sull’esistenza e la gravità della colpa e sull’esistenza del dolo.

Il legislatore non ha infatti riconosciuto incondizionatamente il diritto all’equa riparazione, ma l’ha esplicitamente escluso allorquando il comportamento dell’indagato, come appunto nella fattispecie de qua, abbia indotto in errore il giudice circa l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza a suo carico.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di questo giudizio in favore del Ministero resistente che si liquidano in complessivi Euro 750,00.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione in favore del Ministero resistente delle spese di questo giudizio, che liquida in complessivi Euro 750,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *