T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 14-09-2011, n. 7274 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il ricorrente è proprietario dall’11.6.1983 di un lotto di terreno sito nel Comune di Cerveteri, loc. San Paolo, della superficie di mq. 11.010 ca, in Catasto al Foglio 49, partita 1153, part.lle 69 e 97, ricadente in zona R1 (rurale) del PRG vigente, con possibilità di edificazione su un lotto minimo di 1 ettaro (se il trasferimento di proprietà sia avvenuto prima del 20 luglio 1999), con indice di fabbricabilità fondiario di 0,045 mc/mq, con vincolo archeologico e paesaggistico. Sul terreno insistono da epoca remota due manufatti destinati a stalla e deposito attrezzi utilizzati per l’attività di allevatore svolta dal ricorrente, nei confronti dei quali il Comune con provvedimento n.12/2002 ha ordinato la demolizione. Il ricorrente riferisce di aver presentato istanza di sanatoria ex art.13 della L.n.47 del 1985 per regolarizzare i vecchi manufatti, ma lamenta che il Comune ha respinto detta istanza sul presupposto della sussistenza sia del vincolo archeologico sull’area interessata che del parere negativo della Soprintendenza.

Avverso il predetto provvedimento di diniego di sanatoria in data 8.11.2002, prot.n.21550/02 nonché il parere negativo della Soprintendenza il sig. C. ha proposto ricorso deducendo i seguenti motivi: 1) Violazione dell’art.13 della Legge n. 47 del 1985. Eccesso di potere per errore e falsità di presupposti. Assoluta genericità. Difetto di istruttoria e di motivazione: il provvedimento di reiezione dell’istanza di sanatoria pur richiamando quale presupposto il parere negativo della Soprintendenza non riporterebbe gli estremi identificativi dello stesso né risulterebbe formulata dal Comune istanza di acquisizione di detto parere.

2)Violazione e falsa applicazione dell’art.13 della Legge n.47 del 1985, in relazione all’art.31 L.U. n. 1150/1942 e succ. mod. e dell’art.18 della Legge n. 1089 del 1939, come modificato dal D.Lgs. n. 490 del 1999. Eccesso di potere per errore e falsità di presupposti:il rilascio del nullaosta e quello della concessione edilizia in sanatoria sarebbero procedimenti autonomi, finalizzati ad interessi distinti con la conseguenza che la preclusione al rilascio di un titolo non sarebbe ostativa al rilascio dell’altro.

3) Violazione e falsa applicazione dell’art.13 della Legge n. 47 del 1985, in relazione all’art.4 della Legge n. 493 del 1993, come modificato dalla Legge n. 662 del 1996. Violazione dell’art.3 della Legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per genericità, errore e falsità di presupposti. Difetto di motivazione e di istruttoria:il provvedimento sarebbe illegittimo attesa la sua genericità di contenuti e carenza di motivazione.

4) Violazione dell’art.13 della Legge n. 47 del 1985, in relazione al PRG del Comune di Cerveteri e della Legge Regionale Lazio n. 38 del 1999. Eccesso di potere per errore e falsità di presupposti: l’area risulterebbe ricadente in zona R1 (rurale) del PRG vigente, con possibilità di edificazione su un lotto minimo di 1 ettaro (se il trasferimento di proprietà sia avvenuto prima del 20 luglio 1999), con indice di fabbricabilità fondiario di 0,045 mc/mq.. La destinazione d’uso del manufatto, trattandosi di stalla per ricovero di bestiame e attrezzi agricoli, sarebbe pienamente compatibile con la destinazione agricola del fondo e con lo strumento urbanistico vigente nonchè conforme con la normativa di cui alla L.R. n. 38 del 1999 (art.54) che consente la trasformazione dell’uso del suolo soltanto per la produzione vegetale, per l’allevamento e per le attività compatibili e connesse, tra cui rientrerebbe la possibilità di costruzione di strutture abitative in zona agricola nell’ambito dell’impresa agricola.

Si è costituito in giudizio il Comune di Cerveteri per resistere al ricorso e ha controdedotto alle censure attoree, rilevando in particolare l’identità delle due domande presentate dal ricorrente (la domanda di condono ex L. n. 724 del 1994 in data 12.9.1997 e quella di concessione in sanatoria ex art.13 della L. n. 47 del 1985 in data 20.8.2002), presentate per sanare il medesimo abuso edilizio. La difesa comunale ha concluso ribadendo che la sussistenza del vincolo storico artistico sull’area non richiederebbe specifica motivazione essendo sufficiente ad integrare il provvedimento negativo la mera constatazione dell’abuso.

Il ricorrente ha successivamente depositato perizia di parte relativa all’area in questione.

Anche il Ministero per i beni e le attività culturali si è costituito in giudizio e con memoria ha documentato e argomentato i profili di infondatezza del ricorso, evidenziando le caratteristiche dell’area sottoposta a vincolo archeologico ambientale e l’incompatibilità della costruzione alla richiesta sanatoria.

Parte ricorrente ha replicato con memoria conclusionale alle considerazioni della difesa erariale evidenziando nella specie che il Comune non avrebbe richiesto alla Soprintendenza il parere sull’istanza ex art.13 della Legge n. 47 del 1985 presentata dal ricorrente (ciò dimostrato dalla nota a firma del Soprintendente senza data e numero di protocollo, costituente una integrazione a posteriori del provvedimento impugnato).

Con ordinanza collegiale n. 176 del 2011 sono stati disposti nei confronti dell’Amministrazione comunale incombenti istruttori, eseguiti con deposito di documentazione nelle date 21.2.2011 e 9.3 2011.

A seguito di ciò parte ricorrente ha contestato la non completezza dell’adempimento istruttorio da parte del Comune, mancando sia l’indicazione degli elementi di incompatibilità del manufatto ai fini della tutela del vincolo esistente sull’area che il deposito del parere ex art.13 della Legge n. 47 del 1985 richiesto dalla Soprintendenza.

Alla udienza pubblica del 31 marzo 2011 la causa è stata introitata per la decisione.

2. Nel merito il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.

2.1. Osserva il Collegio che appaiono decisive le censure di cui al primo e terzo motivo, da esaminare congiuntamente, stante la loro connessione e volte a contestare il difetto di istruttoria e di motivazione e la genericità dei presupposti a sostegno dell’atto impugnato.

Al riguardo, come richiamato in fatto, con il provvedimento impugnato, adottato in riscontro alla domanda di concessione in sanatoria, il Comune ha comunicato il diniego della medesima "vista la motivata proposta del Responsabile del procedimento" in quanto "…l’intervento ricade in zona sottoposta a vincolo archeologico per il quale la competente Soprintendenza ha espresso parere negativo. Inoltre l’intervento non è conforme alla vigente normativa, con particolare riferimento alla L.R. 38/99 e pertanto non è accoglibile".

In particolare, il provvedimento impugnato richiama l’ulteriore atto adottato dal Responsabile del procedimento, senza comunque indicarlo con gli estremi e renderlo disponibile, non potendosi quindi riconoscere un attuato uso della motivazione per relationem, ai sensi dell’art. 3, comma 3, della Legge n. 241 del 1990 (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 marzo 2011, n. 1879).

Del resto, il provvedimento amministrativo preceduto da atti istruttori o da pareri può ritenersi adeguatamente motivato per relationem anche con il mero richiamo ad essi (in ogni caso identificabili con gli estremi), giacché tale richiamo sottintende l’intenzione dell’autorità emanante di farli propri, assumendoli a causa giustificativa della determinazione adottata, ma è necessario, comunque, che dal complesso degli atti del procedimento siano evincibili le ragioni giuridiche che supportano la decisione onde consentire al destinatario di contrastarle con gli strumenti offerti dall’ordinamento e al giudice amministrativo, ove investito della relativa controversia, di sindacarne la fondatezza (cfr.Cons.Stato, sez. VI, 24 febbraio 2011, n. 1156).

Nella specie, il richiamo generico alla "motivata proposta del Responsabile del procedimento", senza alcun altro estremo identificativo, contenuto nell’atto impugnato non appare idoneo a individuare l’atto richiamato eludendo l’obbligo di motivazione che rappresenta il presidio essenziale del diritto di difesa. Né possono individuarsi le ragioni del provvedimento nella parte dispositiva dello stesso dal generico richiamo alle disposizioni della L.R. n. 38 del 1999, ritenute ostative al rilascio della sanatoria.

Per di più non va sottaciuto che la memoria comunale, da ultimo depositata ai fini dell’adempimento istruttorio disposto con la predetta ordinanza collegiale n.716/2011, richiama le specifiche disposizioni della L.R.n. 38 del 1999, non indicate nell’atto impugnato, operando anche con le ulteriori affermazioni una integrazione della motivazione dello stesso violando il generale principio secondo cui le motivazioni non contenute nell’atto gravato non possono essere inserite in una memoria integrativa, essendo inammissibile l’integrazione postuma della motivazione di un provvedimento.

A tal proposito, si rileva che anche dopo le modifiche apportate alla Legge 7 agosto 1990, n. 241 dalla Legge 11 febbraio 2005, n. 15, rimane sempre valido il principio secondo cui la motivazione del provvedimento non può essere integrata nel corso del giudizio, dovendo la motivazione precedere e non seguire ogni provvedimento amministrativo, a tutela del buon andamento amministrativo e dell’esigenza di delimitazione del controllo giudiziario, ritenendo, quindi, inammissibile l’integrazione della motivazione di un atto amministrativo e dell’istruttoria procedimentale in sede processuale, come nella specie, in disparte il difetto istruttorio confermato anche dalla mancata allegazione del richiesto parere sull’istanza ex art.13 della legge n. 47 del 1985 richiesto dal Comune alla Soprintendenza (cfr.T.A.R. Valle d’Aosta, sez. I, 17 novembre 2010, n. 68; T.A.R. Piemonte, sez. I, 16 dicembre 2010, n. 4550; T.A.R Campania, Napoli, sez. VI, 17 febbraio 2011, n. 996; T.A.R. Liguria, sez. II, 2 marzo 2011, n. 346).

Dalla suesposta fondatezza del primo e terzo motivo di ricorso deriva l’accoglimento dello stesso, con assorbimento di ogni altro motivo e profilo di gravame non espressamente esaminato in quanto ritenuto ininfluente e irrilevante ai fini della decisione; conseguentemente, va annullato l’atto impugnato.

La peculiarità della controversia e l’andamento della causa giustificano, tuttavia, la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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