Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-07-2011) 05-08-2011, n. 31308 Omicidio colposo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Venezia, con sentenza In data 3 giugno 2010, in riforma della sentenza assolutoria pronunciata dal Tribunale di Belluno il 10.04.2004, decidendo ai soli fini civili, condannava l’imputato C.G. al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite, liquidato in Euro 50.000 per ciascuna parte. La Corte di Appello rilevava che C. era chiamato a rispondere del delitto di omicidio colposo perchè, quale tecnico incaricato del collaudo e dell’assistenza del piano cottura installato nella abitazione di L.P., non aveva operato i necessari controlli sulla funzionalità dell’impianto, cagionando la morte della L., posto che il predetto impianto liberava in modo anomalo monossido di carbonio.

La Corte territoriale evidenziava che la sentenza assolutoria pronunciata dal primo giudice era stata appellata dalla sole parti civili; con riferimento alle emergenze probatorie utilizzabili ai fini del decidere, il Collegio richiamava in particolare l’elaborato redatto dal consulente del pubblico ministero e la perizia espletata dal perito nominato dal Tribunale in corso di dibattimento.

2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione C.G. deducendo il vizio motivazionale. La parte ritiene che la Corte di Appello, nel riformare la decisione di primo grado, abbia omesso di valutare un decisivo elemento di prova, dato dalla consulenza tecnica di parte, redatta dall’Ing. C.. Sul punto, il ricorrente rileva che la citata consulenza evidenziava che l’evento si sarebbe verificato comunque, anche con l’impiego di ugelli di minori dimensioni, tenuto anche conto dell’uso incongruo della cucina effettuato dalla parte offesa.

Il ricorrente ritiene inoltre che la Corte di Appello non abbia adeguatamente considerato l’incidenza dei fattori causali alternativi, dati dalla aerazione dell’ambiente, tenuto conto del mancato funzionamento della cappa di aspirazione.

Con il secondo motivo di ricorso, la parte osserva che la Corte territoriale ha illogicamente escluso l’incidenza causale della condotta posta in essere dalla vittima; considera, al riguardo, che il piano cottura, per oltre quattro anni dal momento della installazione, non aveva mai provocato problemi; e che il consulente di parte aveva pure evidenziato che la quantità di monossido di carbonio liberato dall’impianto è significativamente minore, con una pentola sopra la fiamma; e che proprio l’uso del piano cottura come fonte di calore per l’ambiente, posto in essere dalla persona offesa, era stato determinante rispetto alla fatale fuoriuscita di monossido di carbonio, come in concreto verificatasi.

Con il terzo motivo la parte deduce la manifesta illogicità della motivazione in riferimento al travisamento della prova costituita dall’esame del teste B.M. il quale aveva riferito che l’installazione della cucina veniva fatta dal rivenditore e che non era consentito ai tecnici incaricati dell’assistenza cambiare la calibratura degli ugelli, essendo il loro compito limitato all’effettuazione dei controlli previsti nella "Scheda Test". Osserva la parte che la Corte di Appello non aveva considerato, nell’irrogare la condanna, che il C. non aveva la possibilità di ritenere non idonei gli iniettori che aveva trovato già montati sul piano cottura.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è fondato, nei sensi di seguito espressi.

3.1 Si osserva, primieramente, che nel caso di specie la parte civile ebbe a interporre appello avverso la sentenza assolutoria resa dal Tribunale di Belluno e che la decisione della Corte di Appello concerne l’affermazione della responsabilità dell’imputato, già prosciolto per il fatto previsto dalla legge come reato, con esclusivo riferimento alle restituzioni ed al risarcimento del danno.

Trattasi di una fattispecie processuale discendente dall’autonomo potere di impugnazione riconosciuto alla parte civile, già positivamente censita dalla giurisprudenza di legittimità (cfr.

Cass. Sez. 2^, n. 897 del 24.10.2003, dep. 16.1.2004, Rv. 227966).

3.2 Ciò chiarito, si rileva che l’imputato censura, con il presente ricorso, la sentenza della Corte di Appello di Venezia in data 3.06.2010, con riferimento alla affermazione della sussistenza del nesso di derivazione causale tra la condotta che si ascrive al C. ed il decesso della parte offesa. La parte si duole, inoltre, delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale in ordine alla imputazione soggettiva dell’evento e rispetto all’apprezzamento del materiale probatorio.

La Corte di Appello ha rilevato che risultava accertato, anche sulla base delle verifiche effettuate dai Vigili del Fuoco intervenuti sul posto, che l’apparato in questione era munito di ugelli di misure 85, 45, 70, che lo stesso impianto liberava una quantità molto elevata di monossido di carbonio e che tale malfunzionamento aveva avuto un ruolo decisivo nella causazione dell’evento. La Corte territoriale ha considerato: che l’imputato aveva installato il piano cottura il 23.2.1993; che l’infortunio si era verificato il 3.12.1997; e che gli ugelli erano diversi da quelli prescritti nel libretto di istruzioni che accompagnava l’apparecchio per il caso di alimentazione a GPL, prodotto dalla ditta Master, ove erano indicate le seguenti misure:

70, 63, 40. La Corte di Appello ha evidenziato, inoltre, che i fattori dati dalla insufficiente aerazione del locale e dall’uso improprio del piano cottura, utilizzato dalla vittima per scaldare l’abitazione anzichè per la cottura dei cibi, costituivano mere concause dell’evento; e che l’unico libretto al quale occorreva fare riferimento, al fine di individuare la corretta misura degli ugelli, era quello -citato – riferibile alla ditta Master, non venendo altrimenti in rilievo quello della Società Italiana Elettroriscaldamento srl.

Ciò premesso, la Corte di Appello ha osservato che se fossero stati installati ugelli delle dimensioni indicate nel libretto Master, il malfunzionamento della piastra non si sarebbe verificato. Sulla base dell’impegno contrattualmente assunto dal C. nel 1992 con la ditta Master, la Corte di Appello ha considerato che l’imputato era titolare di una posizione di garanzia, in favore degli acquirenti ed utilizzatori del piano cottura; ed ha sottolineato che C. aveva sottoscritto nel 1993 la scheda di controllo dell’impianto, affermando che gli iniettori di misure pari a 85, 45 e 70 erano idonei, laddove, come sopra evidenziato, gli ugelli prescritti dalla ditta Master dovevano avere dimensioni ridotte in caso di utilizzo con GPL, come nel caso di specie. La Corte di Appello ha ritenuto, pertanto, sussistente la responsabilità dell’imputato, a fini civili, ed ha condannato C. al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili.

3.3 Si registrano, nel caso di specie, divergenti valutazioni effettuate dai giudici di primo e secondo grado, sia in ordine alla sussistenza del nesso di derivazione causale tra il comportamento posto in essere dal tecnico C. e l’evento morte verificatosi, sia rispetto alla ascrivibilità colposa della condotta al prevenuto.

Si osserva, in particolare, che il Tribunale di Belluno aveva rilevato che non erano individuabili specifiche omissioni di doverosi controlli, imputabili al C., in considerazione delle verifiche che erano in concreto esigibili da parte del C., al momento della installazione del piano cottura di che trattasi, alla luce dei difformi dati tecnici riportati nei due libretti che accompagnavano l’apparecchio e rispetto al contenuto prescrittivo della normativa vigente nel 1993, in materia di controlli sulla funzionalità dell’impianto. Di converso, la Corte di Appello, come sopra evidenziato, ha ritenuto che gli obblighi contrattualmente assunti dal C. imponessero al collaudatore di procedere alla sostituzione degli ugelli presenti sull’apparecchio, secondo le misure indicate nel libretto riferibile alla ditta Master; e che non venissero altrimenti in rilievo le specifiche tecniche indicate nel libretto predisposto dalla Società Italiana Elettroriscaldamento srl., produttrice del piano cottura.

Rileva questo Collegio, nel procedere alla comparazione delle due sentenze ora richiamate, che la Corte di Appello non ha spiegato adeguatamente le ragioni per le quali ha ritenuto di discostarsi dalla decisione assunta dal primo giudice. Segnatamene, difetta l’apprezzamento critico delle seguenti circostanze: gli ugelli trovati montati sul piano cottura al momento del sinistro – di misure pari a 85, 45 e 70 – erano quelli progettati ed installati dalla ditta costruttrice del piano cottura, proprio in relazione al funzionamento mediante GPL; l’apparecchio era dotato di due distinte schede tecniche, una riferibile alla ditta SIE srl, che aveva progettato e costruito l’apparecchio, l’altro alla ditta Master, che curava unicamente la commercializzazione del prodotto.

Invero, con specifico riferimento alla stessa sussistenza della fattispecie colposa omissiva che – oggi – si ascrive al prevenuto, la predetta valutazione presenta una insanabile frattura logica, atteso che la Corte territoriale ha omesso di chiarire le ragioni per le quali ha fatto riferimento, unicamente, per l’individuazione della condotta doverosa attesa, alle specifiche tecniche contenute nel libretto predisposto dalla ditta Master; ed ha ritenuto irrilevante, pure sotto il profilo della rimproverabilità soggettiva dell’agente, l’accertata corrispondenza tra la dimensione degli ugelli installati sul piano cottura e le specifiche tecniche riportate nella scheda di accompagnamento del piano cottura, predisposta dalla ditta costruttrice, con riguardo alla alimentazione a GPL. Difetta, cioè, sia la spiegazione dei criteri di selezione del materiale probatorio, sia la valutazione relativa alla eventuale incidenza degli elementi conoscitivi, in concreto disponibili da parte del soggetto agente, rispetto all’adempimento degli obblighi di controllo gravanti sul collaudatore C., al momento della installazione del piano cottura di che trattasi.

4. Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen. al giudice civile competente per valore in grado di appello, per nuovo esame, al quale viene anche rimesso il regolamento delle spese fra le parti relative al presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui demanda anche il regolamento delle spese fra le parti per questo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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