Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-07-2011) 05-08-2011, n. 31367

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L.R.A., P.R., Pe.Gi. ricorrono, a mezzo dei loro difensori avverso la sentenza 5 novembre 2010 della Corte di appello di Napoli (la quale in parziale riforma della sentenza 12 febbraio 2009 del Tribunale di Napoli, ha ridotto per tutti la pena irrogata per la violazione dell’art. 416 bis cod. proc. pen..) deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) i motivi di impugnazione di L.R.A. e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un unico motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della ritenuta sussistenza della qualità armata dell’associazione di cui all’art. 416 c.p., comma 4, difettando l’accertamento in fatto della concreta disponibilità dell’armamento da parte del sodalizio, cui sono stati inopinatamente attribuiti reati contro la persona.

Inoltre il duplice omicidio Ma. – D’. non può essere a tal fine valorizzato posto che per esso risulta essere stata esclusa l’aggravante della L. n. 203 del 1991, art. 7.

Il motivo non ha fondamento.

In tema di partecipazione ad associazione di stampo mafioso, l’aggravante prevista dall’art. 416-bis c.p., comma 4, è stata oggetto di plurime e conformi pronunce da parte della Corte dì legittimità che hanno precisato:

a) che trattasi di aggravante di natura oggettiva (Cass. pen. sez. 6, 42385/2009 Rv. 244904) con la conseguenza che essa va riferita all’attività dell’associazione e non alla condotta del singolo partecipe (Cass. pen. sez. 6, 42385/2009 Rv. 244904);

c) che per il riconoscimento della detta aggravante non è richiesta l’esatta individuazione delle armi stesse, ma è sufficiente l’accertamento in fatto della disponibilità di un armamento, quale desumibile ad esempio dai fatti di sangue commessi dal gruppo criminale e dal contenuto delle intercettazioni. (Cass. pen. sez. 5, 957/2004 Rv. 228519);

d) che essa è configurabile a carico di ogni partecipe che sia consapevole del possesso di armi da parte degli associati o lo ignori per colpa (cass. pen. sez. 1, 5466/1995 Rv. 201650);

e) che essa è quindi applicabile anche nei confronti degli associati che non abbiano personalmente custodito od utilizzato le armi stesse (Cass. pen. sez. 6, 7707/2004 Rv. 229769).

Tanto premesso risulta agli atti ed in particolare dalla diffusa motivazione del primo giudice (pagg. 92 e segg.), nonchè dalla conforme argomentazione della Corte di appello, l’esistenza ed il ruolo della associazione camorristica "Clan Lo Russo nella confederazione dell’Alleanza di Secondigliano", desunta da pronunce passate in giudicato e da altre decisioni giudiziarie ed ordinanze di custodia cautelare, nonchè dalle conformi dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, anche in relazione a fatti omicidiari (pag. 6 sentenza impugnata).

Trattasi di motivazione completa, adeguata, priva di incongruenze ed irragionevolezze sul punto, con conseguente incensurabilità in questa sede del relativo giudizio. Il motivo va quindi rigettato.

2.) i motivi di impugnazione di P.R. e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un unico motivo di impugnazione si prospetta vizio di motivazione in ordine alla determinazione della sanzione, ottenuta mediante richiamo ai criteri dell’art. 133 cod. pen. e senza adeguata valorizzazione della intensità del dolo e del comportamento "post crimen patratum", e senza riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

Il motivo, al limite dell’inammissibilità, non può essere accolto.

E’ noto che in tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito, con la enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen., assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione:

tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula una analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (Cass. Penale sez. 2^, 12749/2008, Rv.

239754).

Nella specie i giudici di merito hanno negato le chieste circostanze attenuanti generiche apprezzata negativamente la gravità dei fatti e la provata attiva qualità del ricorrente all’interno del sodalizio.

Il motivo va quindi rigettato.

3.) i motivi di impugnazione di Pe.Gi. e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo dell’applicazione dell’art. 416 bis cod. pen. ed in relazione alle dichiarazioni rese dai coindagati Mi., Ma. e S., nonchè avuto riguardo all’omessa motivazione su censure decisive e contraddittorietà interna della stessa motivazione.

Sul punto si evidenzia un contrasto tra l’assunto del primo giudice (pagg. 257-258) che qualifica il Pe. come persona "sottoposta ad estorsione dai clan della Sanità" e la diversa asserzione della Corte di appello che nega tale pacifica qualità affermando l’affiliazione del Pe. al clan Lo Russo.

Il ricorrente analizza poi criticamente il contenuto delle due intercettazioni sull’imbarcazione (OMISSIS), contestando in radice la ritenuta partecipazione al clan ottenuta mediante la valorizzazione di mere dichiarazioni di reità.

Il motivo è per più profili inaccoglibile.

Si tratta infatti di una sequela, per quanto ordinata e coerente, di critiche alla decisione della Corte d’appello, le quali, in sostanza, attraverso una forte ed abile censura a singoli punti ed affermazioni dell’atto impugnato, tenta di screditare le considerazioni e le valutazioni probatorie, formulate dai giudici di merito, le quali risultano peraltro condotte ed ottenute, non solo nel rigoroso rispetto delle regole, stabilite in punto di formazione e peso del materiale probatorio d’accusa, ma soprattutto con una globale e complessiva disamina di tutti i singoli apporti probatori che sono stati tra loro correlati, con un conseguente esito di incensurabile sinergia, in punto di affermazione di colpevolezza.

La giustificazione offerta dalla corte distrettuale risulta infatti sui punti lamentati priva di incoerenze o salti logici, "apprezzabili ed idonei ad invalidare il costrutto delle argomentazioni di responsabilità", tali non potendosi considerare le diverse conclusioni e considerazioni più volte prospettate nel ricorso le quali finiscono con delineare una diversa e più favorevole interpretazione dei dati probatori, notoriamente non praticabile in sede di legittimità e tanto meno con esiti di annullamento della pronuncia gravata.

La posizione ed il ruolo dell’imputato all’interno del sodalizio sono stati oggetto di una duplice conforme valutazione che, al di là delle incongruenze segnalate in ricorso si sottraggono a critiche idonee a disarticolare il complessivo giudizio di colpevolezza ottenuto mediante la ragionevole spiegazione del tenore delle conversazioni intercettate e soppesati sul punto i riscontri dei collaboratori di giustizia la cui attendibilità intrinseca ed estrinseca è stata rigorosamente ed attentamente vagliata.

Il motivo va quindi rigettato.

Con un secondo motivo si lamenta la mancata motivazione sulla richiesta di derubricazione del delitto in favoreggiamento personale ex art. 378 cod. pen., richiesta formulata soltanto in sede di conclusioni del giudizio di appello.

Ritiene il Collegio che nella specie, avuto riguardo alla diffusa ed articolata giustificazione proposta in modo conforme dai due giudici di merito, non fosse necessaria una specifica risposta alla deduzione in punto di qualificazione della condotta, la quale è stata puntualmente apprezzata ed inquadrata nello schema legale dell’art. 416 bis cod. pen. con necessaria, evidente ed implicita, esclusione di qualsiasi altra gradata ipotesi di valutazione dogmatica dei comportamenti, accertati e posti in essere dal ricorrente in quel preciso contesto operativo.

Va invero ribadito che nella motivazione della sentenza il giudice di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr in termini: Cass. Pen. sez. 4^, 1149/2005, 233187).

Il motivo va quindi respinto.

Con un terzo motivo si prospetta violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta aggravante ex art. 416 bis c.p., comma 4.

Il motivo, comune anche al ricorso del L.R., ne segue la sorte di rigetto, per le medesime identiche ragioni prospettate per tale ricorrente al sub 1 che precede.

Con un quarto motivo si evidenzia ancora violazione di legge e vizio di motivazione sulla negazione delle circostanze attenuanti generiche.

La doglianza, al limite dell’Inammissibilità è inaccoglibile.

La sussistenza di attenuanti generiche è infatti oggetto di un giudizio di fatto, e può essere esclusa dal Giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, per cui la motivazione, purchè congrua e non contraddittoria – come nella specie – non può essere sindacata in Cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Cass. Penale sez. 4^, 12915/2006 Billeci).

I ricorsi pertanto, nella verificata tenuta logica e coerenza strutturale del provvedimento impugnato, risultano infondati e le parti proponenti vanno condannate ex art. 616 c.p.p. al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti, ciascuno, al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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