Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-07-2011) 05-08-2011, n. 31162 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.C. è stata condannata dal Tribunale di Arezzo, con sentenza del 3.6.2008, quale responsabile di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale impropria, in relazione al fallimento di CENTRO DANZA ACCADEMICA Srl., dichiarato il 3.4.2003.

La Corte d’Appello di Firenze, con decisione del 18.12.2009, ha confermato la condanna dei primi giudici.

La condotta censurata attiene a sistematici prelievi di cassa,tra gennaio e giugno 2001, nonchè la falsa appostazione di crediti, ormai inesigibili con conseguente infedeltà delle comunicazioni sociali. L’attuale ricorrente era membro del consiglio di amministrazione della società ed addebita agli altri consiglieri la responsabilità dei comportamenti censurati.

Avverso la sentenza la difesa eccepisce la mancanza di idonea motivazione sulla consapevolezza della M. – presente alla società soltanto quale prestanome di sua madre – circa le condotte illecite degli altri amministratori e, quindi, la necessità del proscioglimento per carenza del necessario dolo ovvero la mancanza di adeguata disamina e giustificazione dell’assunto giudiziale.

Motivi della decisione

Il ricorso infondato e non viene accolto.

In tema di bancarotta fraudolenta, la responsabilità dell’amministratore, che risulti essere stato anche soltanto un prestanome di altri, nasce dalla violazione dei doveri di vigilanza e di controllo che derivano dalla accettazione della carica gestoria.

Se è istanza difensiva appropriata quella della dimostrazione della consapevolezza delle altrui condotte, mediante le quali si realizza il reato, è pure dato certo che la prestazione del ruolo di interposto fittizio non esonera, per ciò solo, dalla responsabilità che grava sul soggetto che è posto in posizione di garanzia.

Nel caso in esame, la reiterazione delle condotte di fraudolenza patrimoniale, consistite in sistematici prelievi di cassa, al cospetto di un novero assai ridotto di amministratori, nel contesto di una struttura non significativamente articolata e complessa e di persone che – come si apprende dal ricorso – erano tra loro legate da vincoli di famigliarità sorregge ragionevolmente l’assunto di colpevolezza. Al proposito il dubbio di inconsapevolezza – anche in ragione della giovane età della ricorrente, sottolineata dal difensore – è rapidamente fugato: giova richiamare le osservazioni della decisione impugnata e segnalare la circostanza di una crisi finanziaria che si trascinava nel tempo e che non poteva sopire l’attenzione di chi si era incaricato di coprire quella carica, anche se per soddisfare esigenze altrui, nonchè il fatto che lo stato della contabilità sarebbe emerso caotico – anche ad un superficiale sguardo – riscontro di un tratto gestorio fraudolento.

Ma si deve, infine, sottolineare che la ricorrente fu essa stessa beneficiaria dei prelievi fraudolenti dalla cassa sociale, prova di un allineamento sulle medesime prassi illecite seguite dalle colleghe di amministrazione.

Tutto ciò rende del tutto plausibile l’ipotesi accusatoria e la linearità dell’argomentazione dei giudici fiorentini. Del resto la ricorrente non ha dimostrato di essere stata da taluno impedita nell’accertamento dei tratti di conduzione amministrativa.

Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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