T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 14-09-2011, n. 7279 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il ricorrente premette di essere possessore di un locale, sito nel Comune di Roma, via Uriri, n. 15, distinto in Catasto al foglio 653, part.lla 512, costruito abusivamente nel 1970, per il quale è stata presentata in data 3.12.1986 istanza di condono edilizio ex lege n. 47 del 1985.

Con domanda del 16.9.2004 il ricorrente ha richiesto all’A. Spa il preliminare parere ex art.32, 4° comma, lett.c) della Legge n.47 del 1985 per il rilascio della concessione in sanatoria del suddetto locale.

L’A. con nota del 6.4.2005, prot. n. 008179 ha espresso parere negativo alla sanatoria in quanto l’opera è stata realizzata posteriormente al 13.4.1968 a distanza non conforme a quanto stabilito dal DM 1.4.1968.

Avverso detto provvedimento il ricorrente ha proposto ricorso dinanzi a questo Tribunale censurando l’Eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto assoluto dei presupposti.Contraddittorietà e apoditticità delle affermazioni. Difetto di istruttoria. Omesso riferimento alla situazione reale dei luoghi: i presupposti di fatto e di diritto dell’atto impugnato non sarebbero riferibili alla proprietà del ricorrente in quanto preesistente quest’ultima alla realizzazione del G.R.A, posto che il fabbricato sarebbe stato realizzato nel 1970 all’interno del perimetro del centro abitato La Rustica, in P.P. di PRG con destinazione F/1, circondato da costruzioni regolarmente autorizzate e posizionato in seconda fila rispetto al G.R.A. Trattandosi di zona "centro abitato" come definito dall’art.19 della legge n. 765 del 1987, la norma invocata dal provvedimento di diniego non si applicherebbe in considerazione della previsione del nuovo codice della strada del rispetto delle distanze minime solo fuori dai centri abitati. Inoltre, il G.R.A. sarebbe classificato strada di tipo A (art.2.2. Cod. della strada) solo dal 1989 e dopo la realizzazione del fabbricato del ricorrente, la cui domanda di condono sarebbe risalente al 1986; in disparte i profili di disparità di trattamento atteso che il fabbricato antistante quello del ricorrente avrebbe ottenuto la concessione in sanatoria (prot. n. 34464/95 e 65735/95).

2. Si è costituita in giudizio l’A. Spa in data 13.7.2005 per resistere al ricorso e con successiva memoria ha eccepito preliminari profili di inammissibilità del ricorso per genericità dei motivi nonché ha controdedotto alle censure di parte ricorrente: l’A. avrebbe accertato che la distanza tra l’opera e il ciglio stradale del G.R.A sarebbe di m.23, inferiore quindi sia al limite di m.60 previsto per le Autostrade (quale il G.R.A dal 1979), sia al limite di m.40 previsto per le Strade di grande comunicazione o di traffico elevato, quale era il G.R.A all’epoca della costruzione abusiva. Precisa l’Ente che il vincolo di inedificabilità sulle zone di rispetto stradale sarebbe di carattere assoluto (divieto di edificazione non sanabile) a differenza del vincolo di inedificabilità relativa disciplinato dall’art.32, 4° comma, lett. c), della Legge n.47 del 1985, che può essere rimosso discrezionalmente dall’Autorità a condizione che le opere non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico. Infine, il ricorrente non avrebbe fornito la dimostrazione dell’inclusione dell’opera abusiva nel perimetro del centro abitato del Comune né dell’inclusione della stessa nel P.R.G., entrambi vigenti all’epoca della costruzione e conclude per l’infondatezza dei motivi chiedendo la reiezione del ricorso.

3. Nella Camera di consiglio del 28 luglio 2005, con ordinanza n. 4385/2005, è stata respinta la suindicata domanda di sospensione del provvedimento impugnato, non sussistendone l’attualità del danno grave e irreparabile.

Con ordinanza collegiale n.735 del 2010 sono stati disposti incombenti istruttori nei confronti della società A. Spa, eseguiti dalla stessa con memoria depositata in data 11.6.2010, prot. 41031, corredata di documentazione.

In prossimità dell’udienza pubblica del 31 marzo 2011 parte ricorrente ha depositato memoria conclusionale in replica alle considerazioni della parte resistente.

4. All’odierna pubblica udienza il ricorso è stato introitato per la decisione.

5. Nel merito il ricorso presenta dei profili di infondatezza per le seguenti ragioni.

5.1. La controversia è incentrata sui vizi di carenza di motivazione, difetto di istruttoria e contraddittorietà con riferimento all’impugnato parere negativo adottato dall’A. alla realizzazione dell’opera edilizia, come meglio descritti in fatto, attesa l’asserita preesistenza dell’opera realizzata nel 1970 rispetto alla realizzazione del G.R.A. e insistente all’interno del perimetro del centro abitato La Rustica, circondato da altre costruzioni autorizzate, non potendosi applicare, nella specie, secondo il ricorrente, la disciplina delle distanze minime regolata in materia.

5.2. Al riguardo, il Collegio nel richiamare il proprio orientamento sulla questione, rileva che l’area su cui insiste la costruzione abusiva risulta gravata da vincolo di rispetto della viabilità principale dell’Autostrada Grande Raccordo Anulare risultando, altresì, la preesistenza del vincolo di inedificabilità alla costruzione abusiva; pertanto, a norma dell’art. 32 della legge n.47 del 1985, detta opera abusiva non risulta suscettibile di sanatoria con la conseguenza che non può sorgere alcuna pretesa giuridicamente tutelata, alla stregua del principio generale di legalità e dei principi di imparzialità e buon andamento dell’attività amministrativa, dalla preesistenza di una situazione antigiuridica di abuso edilizio rispetto alla più generale pianificazione territoriale adottata, in conformità alla vigente legislazione, per il perseguimento dell’interesse pubblico generale della Comunità insediata su quel territorio (cfr. Tar Lazio, Roma, sez. II bis, 16 aprile 2010, n. 7271).

A tale proposito, occorre osservare che la legge 21 maggio 1955, n.463, di approvazione del Piano Autostradale Nazionale, ha previsto per le quattro autostrade insistenti sul territorio della città di Roma la coincidenza dei rispettivi tracciati dell’inizio e del termine con il G.R.A., per evitare al traffico autostradale l’attraversamento del centro cittadino. In forza di tale legge è stato realizzato il tracciato a singola carreggiata del G.R.A. e successivamente la legge 24 luglio 1961, n. 729, all’art.13, ha autorizzato e finanziato la realizzazione dei raccordi autostradali, tra cui il G.R.A. da trasformare in autostrada, prevedendo la distanza minima di venticinque metri, senza alcuna distinzione tra costruzioni nell’ambito dei centri abitati, ovvero all’esterno dei medesimi. I raccordi aventi caratteristiche di autostrade sono stati riconosciuti come tali con decreto del Ministro per i lavori pubblici e, nel 1962, è stato eseguito il primo raddoppio di carreggiata nel tratto interessato. Inoltre, l’art. 41 "septies" L. n. 1150 del 1942, aggiunto dall’art. 19 L. n. 765 del 1967, ha stabilito per tutte le altre strade, il rispetto di una distanza fuori dei centri abitati pari alla metà della sede stradale.

Deve, quindi, ritenersi che riguardo l’immobile in questione risulta esclusa per il ricorrente la possibilità di sanatoria ai sensi dell’art.32, comma 4, lettera c), della citata legge n. 47 del 1985, per "le opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione….. sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico", tenuto conto, nella fattispecie in esame, della preesistenza del vincolo sull’area rispetto alla costruzione del manufatto, non potendosi obiettare la sussistenza di altre autorizzazioni rilasciate nel 1977 tali da giustificare l’esistenza della costruzione a detta data, attesa la pregiudiziale preesistenza del vincolo, in disparte la possibilità per il manufatto di costituire un evidente pericolo per la sicurezza del traffico secondo gli standard riconosciuti dalla stessa A. S.p.A..

Parimenti non risulta condivisibile la censura riguardo la erroneità del presupposto con riferimento alla applicazione del DM 1° aprile 1968, richiamato nel provvedimento impugnato, che definisce le distanze minime fuori dal perimetro dei centri abitati, tenuto conto dell’asserita collocazione dell’immobile in questione all’interno del centro abitato. Al riguardo, deve osservarsi che appare non sufficiente la presenza di un certo numero di edifici ai fini della configurabilità di un centro abitato, posto che risulta anche necessario a questi fini la presenza di una infrastruttura urbana, non presente invece nell’area in questione all’epoca caratterizzata da manufatti abusivi privi della caratteristica della contiguità, risultando irrilevante la più recente classificazione come centro abitato dovuta all’evoluzione dell’area negli anni successivi.

5.3. Infine, il ricorrente rileva la circostanza che nella località ove è ubicato l’immobile esistono altri fabbricati che hanno ottenuto le opportune autorizzazioni e sanatorie e contesta che il provvedimento impugnato risulterebbe contraddittorio alla luce degli altri provvedimenti di sanatoria già concessi.

Anche in questo caso, a giudizio del Collegio, non può trovare alcuna deroga il generale principio, confermato dalla giurisprudenza, secondo cui la permanenza in una situazione di antigiuridicità (illegittimità e/o illegalità), quale la realizzazione di un manufatto edilizio abusivo non può in alcun caso legittimare alcuna pretesa circa la ponderazione del conseguente intervento pubblico repressivo (per definizione doveroso e privo di profili di discrezionalità) a prassi ad usi diversi, più tolleranti o accomodanti, che potrebbero casomai, ove accertati, originare ben diverse conseguenze, anche di ordine patrimoniale e penale, a carico degli autori e dei beneficiari, ma nessun vantaggio per l’autore dello specifico abuso sanzionato, diverso dall’interesse generale al rispetto delle regole, azionabile in giudizio solo in presenza di un interesse attuale e differenziato (cfr.da ultimo, Tar Lazio, Roma, sez. II, bis, n.7271 del 2010 cit.; idem).

In definitiva, il ricorso deve essere respinto e sussistono, tuttavia, motivate ragioni, in relazione alla natura e complessità delle questioni giuridiche, esaminate dal Collegio in più camere di consiglio, per disporre la compensazione delle spese di giudizio fra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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