T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 14-09-2011, n. 7273Piano regolatore generale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso straordinario al Capo dello Stato la società G.C. s.n.c. ha impugnato:

– il provvedimento negativo della società Agenzia Sviluppo Provincia per le Colline Romane prot. n. 2136 fc del 22 ottobre 2009;

– il parere negativo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Regionale per il Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio, 29 luglio 2009, prot. n. CI 34 19 04/187;

– il parere negativo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Soprintendenza per i Beni architettonici e per il paesaggio per le Province di Roma, Rieti e Viterbo, 7 luglio 2009, prot. n. CI 04 04 19/6.7;

– il verbale di conclusione negativa della conferenza di servizi svoltasi in data 10.7.2009.

2. A seguito di rituale atto di opposizione ex art. 10 del D.P.R. n. 1199/1971 della società Agenzia Sviluppo Provincia per le Colline Romane, la ricorrente si è costituita in giudizio innanzi questo Tribunale.

Si sono parimenti costituiti in giudizio la Soc. A.S.P.P.L.C.R. Sc a r.l., il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Provincia di Roma.

In esito agli incombenti istruttori disposti con le ordinanze n. 3404/2010 e n. 626/2011, il ricorso è stato infine chiamato per la discussione all’udienza pubblica del 15 luglio 2011, e quindi trattenuto in decisione.

3. La ricorrente impugna la determinazione negativa con la quale è stata rilevata, in esito alla conferenza di servizi, la "impossibilità di procedere alla conclusione dell’iter amministratvo finalizzato alla sottoscrizione dell’Accordo di Programma per il progetto denominato "Patto territoriale delle Colline Romane di San Cesareo – Progetto G.C. di M.P. e Figli s.n.c." volto alla realizzazione di un insediamento commerciale nel territorio del Comune di San Cesareo in via Maremma in variante al P.R.G.", unitamente ai pareri negativi dell’Amministrazione dei beni culturali.

La procedura in questione si colloca nell’ambito di una programmazione negoziata in ambito territoriale allargato, diretta a incentivare lo sviluppo economico in un quadro di compatibilità ambientale.

Si tratta, in particolare, dello strumento del patto territoriale introdotto nell’ordinamento dall’art. 2, comma 203, lettera d) della L. n. 662/1996:

– "Patto territoriale", come tale intendendosi l’accordo, promosso da enti locali, parti sociali, o da altri soggetti pubblici o privati con i contenuti di cui alla lettera c), relativo all’attuazione di un programma di interventi caratterizzato da specifici obiettivi di promozione dello sviluppo locale".

La gestione della procedura è affidata alla Società a Capitale Pubblico ASP, istituita dalla Provincia di Roma per il coordinamento del Patto Territoriale delle Colline Romane di cui alla delibera di Consiglio Provinciale n. 95/2000; essa prende le mosse dall’avviso pubblico del 12 settembre 2005, con cui la ASP ha invitato le imprese private a presentare progetti di sviluppo sostenibile delle rispettive attività.

In questo contesto, l’odierna ricorrente ha presentato nel 2006 un progetto per la realizzazione, nel territorio del Comune di San Cesareo, di un insediamento commerciale sui terreni censiti in Catasto al Foglio 19, particelle 949, 950, 951, 052, 1418, 1491, 1492, 1493, 1494 e 1495, collegato all’attività di un’azienda florovivaistica già esistente.

Il cd. "Tavolo di Concertazione" del Patto ha ammesso il progetto alle successive fasi, ritenendolo coerente con gli obiettivi del Patto medesimo.

Con deliberazione n. 48/2007 il Consiglio comunale di San Cesareo ha adottato la relativa variante di P.R.G. (da Zona E – Agricola a Zona GSottozona G4 – servizi privati ad uso pubblico); con successiva deliberazione n. 25/2008 il Comune ha preso atto dell’assenza di osservazioni a ha inviato gli atti all’ASP per la conclusione del procedimento a mezzo di Accordo di programma in variante al P.R.G..

La relativa conferenza di servizi si è conclusa negativamente sulla scorta della posizione assunta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Detta posizione si fonda – alla stregua del parere della competente Soprintendenza – sui seguenti argomenti (in sintesi):

– carenza della relazione paesaggistica allegata al progetto, la quale si sofferma solo sugli aspetti urbanistici e richiama il P.T.P.R. adottato solamente per i profili inerenti al vincolo archeologico che insiste sul lotto;

– il lotto ricade in Zona A4 "Zone Agricole non compromesse con modesto valore paesaggistico ed ambientale", disciplinata dall’art. 20 delle N.T.A. del vigente P.T.P. n. 9; questa previsione, oltre a rinviare alle norme di tutela stabilite dagli strumenti urbanistici vigenti e a richiedere l’allegazione del SIP ("Studio di Inserimento Paesistico) – che nella specie non risulterebbe allegato alla domanda – vieta in ultima analisi "ogni attività comportante la trasformazione dell’uso del suolo diverso dalla sua naturale vocazione agricola";

– il progetto occupa gran parte del lotto e consuma altro territorio libero, oltre a essere incongruo dal punto di vista dell’inserimento paesaggistico già ampiamente vulnerato da interventi di bassa qualità o comunque abusivi, senza neppure prevedere connessi interventi di recupero di aree degradate;

– "per essere effettivamente realizzabile" esso "deve prevedere una completa variazione sia della normativa urbanistica che di quella paesaggistica, rendendo di fatto anche quest’area edificabile";

– in ultima analisi deve ritenersi che il progrtto non si inserisca…nel paesaggio circostante e che esso sia in contrasto con quanto indicato, se anche non prescritto dalle norme paesaggistiche ed urbanistiche vigenti.

4. Parte ricorrente propone sei motivi di ricorso, prospettando una serie di argomenti che vanno considerati congiuntamente e che possono essere così sintetizzati:

– il parere negativo della Soprintendenza è stato reso alla luce della vigente normativa urbanistica, ma nella specie si tratterebbe piuttosto di una variante al P.R.G. da assumere in sede di accordo di programma ex art. 34 del D. Lgs. n. 267/2000;

– la legittimità della proposta variante discende dall’art. 27 – bis, comma 1 – bis, della L.R. n. 24/1998, che ammette le varianti in zone agricole nelle aree "di scarso pregio paesistico classificate dai PTP vigenti con il livello minimo di tutela di limitata estensione e adiacenti a zone legittimamente edificate";

– neppure vi è contrasto con il P.T.P.R. adottato, trattandosi di paesaggio agrario di modesto valore paesaggistico e sottoposto all’art. 6 delle N.T.A., che per i beni non rientranti tra quelli paesaggistici ai sensi dell’art. 134 del D. lgs. n. 42/2004 stabilisce che il piano è un contributo conoscitivo e di indirizzo per l’attività di pianificazione e programmazione: quindi non vi è un ostacolo all’approvazione della variante, tenuto conto che nella disciplina del "paesaggio agrario di valore" (art. 25 della N.T.A.) il P.T.P.R. stabilisce che occorre tutelare il paesaggio valorizzando l’uso agricolo e quello "produttivo compatibile";

– l’area in questione è interclusa tra strade ad alto scorrimento (SP Maremmana III e autostrada A1) e aree industriali;

– l’art. 2, comma 4 della L.R. 22/1997 parimenti ammette che il programma integrato possa comprendere le zone agricole, ad eccezione di quelle di pregio ambientale;

– con riferimento al PTPR, il profilo archeologico nella specie è assorbente, avendo la competente Soprintendenza dato parere favorevole, pur condizionando l’intervento a una ricognizione archeologica;

– il progetto soddisfa gli interessi dei sottoscrittori del Patto a garantire la crescita economica nell’Area dei castelli romani; e in sede di concertazione occorre tenere conto di tutti gli interessi pubblici connessi al progetto;

– comunque l’Amministrazione dei beni culturali non ha offerto – in violazione dell’art. 14quater della L. n. 242/1990 – le "specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso".

5. Ad avviso del Collegio il ricorso è fondato nei limiti delle seguenti considerazioni.

5.1 Nella specie è decisivo rilevare che non viene in rilievo la fattibilità dell’intervento alla stregua della disciplina urbanistica vigente. Si tratta piuttosto di verificare, sulla base di un contestuale esame degli interessi nella sede della conferenza di servizi, la possibilità di addivenire a un accordo di programma avente effetto di variante urbanistica ai sensi dell’art. 34 del D. Lgs. 267/2000; disposizione, questa, che si applica in virtù del richiamo al precedente art. 27 della L. 142/1990, che si ricava:

– dal combinato disposto del comma 203, lettera c) punto 3, e lettera d) e del comma 204 del menzionato art. 2 della L. n. 662/1996;

– dall’art. 49 della L.R. Lazio n. 22 dicembre 1999, n. 38 nel testo vigente.

Al riguardo, il Collegio osserva che il parere negativo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali non ha tenuto conto della necessità di valutare l’applicabilità, nella specie, della deroga di cui all’art. 27bis della L.R. Lazio n. 24/1998, commi 1 – bis e 1 – ter:

"1bis. In deroga a quanto previsto nel comma 1, nelle zone definite dagli strumenti urbanistici vigenti come E, ai sensi del d.m. 1444/1968, le varianti di cui al medesimo comma sono consentite soltanto nei casi in cui le stesse ricadano in aree di scarso pregio paesistico classificate dai PTP vigenti con il livello minimo di tutela, di limitata estensione e adiacenti a zone legittimamente edificate.

1 ter. L’applicazione della disposizione del comma 1 bis è subordinata alla preventiva adozione, da parte della Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, di una deliberazione ricognitiva delle aree di scarso pregio paesistico classificate dai PTP vigenti con il livello minimo di tutela".

Il Collegio rileva che tale possibilità è stata riconosciuta, da ultimo, dalla Regione Lazio nella seconda relazione istruttoria, quantomeno con riferimento alla individuazione del fondo come area di scarso pregio paesistico classificata con il livello minimo di tutela ai sensi della DGR n. 601/2006.

Viene quindi in evidenza una complessiva carenza del percorso valutativo e motivazionale, che avrebbe dovuto estendersi a una considerazione analitica e documentata sia di questo aspetto sia dei connessi requisiti della "limitata estensione" e dell’adiacenza a "zone legittimamente edificate".

E’ vero, comunque, che in siffatto contesto non appare preclusa "a priori" la valutazione di profili paesaggistici integrativi, al di là di quelli strettamente attinenti ai cd. "beni paesaggistici ex art. 134 del D. Lgs. n. 42/2004, alla stregua di quanto dispone l’art. 131, comma 6 del medesimo decreto legislativo, nel testo vigente: "Lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonchè tutti i soggetti che, nell’esercizio di pubbliche funzioni, intervengono sul territorio nazionale, informano la loro attività ai principi di uso consapevole del territorio e di salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche e di realizzazione di nuovi valori paesaggistici integrati e coerenti, rispondenti a criteri di qualità e sostenibilita’". E tuttavia queste valutazioni postulano, da un lato, un motivato bilanciamento con le esigenze di sviluppo territoriale sottese alla normativa sui patti territoriali e sulla programmazione contrattata, avito riguardo anche alla possibilità di salvaguardare gli usi produttivi compatibili (il che rileva non solo ai sensi dell’art. 25 delle N.T.A. del P.T.P.R., ma anche ai fini dell’interpretazione del riferimento alla naturale vocazione agricola contenuto nell’art. 20 delle N.T.A. del P.T.P. n. 9); dall’altro, esse comportano l’adozione di criteri di proporzionalità e ragionevolezza che possono – al limite – anche condurre all’indicazione di modifiche e/o integrazioni progettuali volte a conciliare gli interessi rilevanti nella specie.

6. Le suesposte considerazioni sono sufficienti per l’accoglimento del ricorso, con assorbimento dei profili non esaminati e con il conseguente annullamento degli atti impugnati.

Restano salve le valutazioni dell’Amministrazione in sede di riesame del progetto, da effettuarsi previa istruttoria integrativa.

7. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione seconda bis – definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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