Corte Costituzionale sentenza n. 82 SENTENZA 07 – 11 marzo 2011 .

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 12 del 16-3-2011

Sentenza

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del
12 febbraio 2009, relativa alla insindacabilita’, ai sensi dell’art.
68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal
senatore Giorgio Stracquadanio nei confronti del dott. Giuseppe De
Michelis di Slonghello, promosso dal Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale ordinario di Firenze con ricorso notificato
il 17 luglio 2010, depositato in cancelleria l’11 agosto 2010 ed
iscritto al n. 1 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2010,
fase di merito.
Visto l’atto di costituzione del Senato della Repubblica;
Udito nell’udienza pubblica dell’8 febbraio 2011 il Giudice
relatore Paolo Grossi;
Udito l’avvocato Stefano Grassi per il Senato della Repubblica.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso del 10 dicembre 2009, pervenuto alla Corte il 4
gennaio 2010, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Firenze ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
nei confronti del Senato della Repubblica, in riferimento alla
deliberazione assunta dalla Assemblea il 12 febbraio 2009, con la
quale e’ stato stabilito che le dichiarazioni rese dal senatore
Giorgio Stracquadanio, oggetto di querela proposta dal dott. Giuseppe
De Michelis di Slonghello, costituivano opinioni espresse da un
membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e ricadevano,
pertanto, nella ipotesi di immunita’ di cui all’art. 68, primo comma,
della Costituzione.
Ha premesso, in fatto, il Giudice ricorrente che, con la
anzidetta querela, presentata il 14 ottobre 2006, il dott. De
Michelis di Slonghello, gia’ Ambasciatore della Repubblica, lamentava
il fatto che il senatore Stracquadanio, nel libro «Le mani rosse
sull’Italia», posto in vendita come supplemento al quotidiano
«Libero» e diffuso anche tramite Internet, al capitolo 4, dal
medesimo redatto, intitolato «Il depistaggio», nel paragrafo dal
titolo «Le spie sovietiche e i loro compiti», aveva inserito il suo
nome tra le spie assoldate in Italia dal KGB e che tale notizia
sarebbe stata tratta dal noto dossier Mitrokin, dove la sua persona
sarebbe individuabile con il nome in codice «List» al report «54».
Identificazione, questa, che, secondo il querelante, rappresenterebbe
circostanza non vera e comunque non accertata, come emergerebbe da
vari documenti allegati alla querela e come gia’ emerso in sede di
accertamento definitivo da parte della autorita’ giudiziaria
italiana. Sulla base di tali atti veniva esercitata l’azione penale,
con richiesta di rinvio a giudizio, per il reato di diffamazione
aggravata col mezzo della stampa, nei confronti del senatore
Stracquadanio, nonche’ del direttore del quotidiano «Libero»,
Alessandro Sallusti, e dei curatori della collana cui il libro
appartiene, onorevole Renato Brunetta (autore dell’introduzione del
libro) e Vittorio Feltri (autore della prefazione). Nei confronti del
senatore Stracquadanio e dell’onorevole Brunetta veniva disposta la
separazione dei rispettivi procedimenti, in attesa delle
determinazioni della Giunta delle elezioni e delle immunita’
parlamentari del Senato della Repubblica, nonche’ della Commissione
giuridica del Parlamento Europeo, avendo entrambi i parlamentari
invocato l’applicabilita’ dell’art. 68, primo comma, della
Costituzione.
Dopo aver sottolineato la sussistenza dei requisiti di
ammissibilita’ del ricorso per conflitto, alla luce della
giurisprudenza di questa Corte, e rammentati i principi ivi enunciati
in tema di garanzia di immunita’ sancita dall’art. 68, primo comma,
Cost. – in particolare laddove si e’ affermato che le opinioni
espresse e gli atti compiuti dai parlamentari «siano identificabili
come espressione dell’esercizio funzionale, a tanto non essendo
sufficiente ne’ la comunanza di argomenti, ne’ il mero contesto
politico cui possano riferirsi» -; e dopo aver manifestato l’intento
«di sollevare conflitto di attribuzione quanto meno al fine di
togliere ogni dubbio sulla sussistenza o meno del nesso funzionale
tra dichiarazioni e attivita’ parlamentare», il ricorrente sottolinea
come il caso di specie presenti «alcune peculiarita’».
Nel segnalare, infatti, come lo scritto del quale il querelante
si duole sia basato sulle valutazioni di attendibilita’ del dossier
Mitrokin rassegnate nella relazione di maggioranza della apposita
Commissione parlamentare – ben diversa essendo stata la valutazione
conclusiva della relazione di minoranza -, rileva il ricorrente come
nella specie «l’avere indicato il querelante tra le spie e’ un fatto
che non puo’ essere considerato alla stregua di una opinione espressa
nell’esercizio delle funzioni di parlamentare; si tratta di
attribuire ad un Ambasciatore una attivita’ ed una qualifica
assolutamente indegna oltre che penalmente rilevante». Si domanda,
quindi, «se, di fronte a un si’ forte attentato al bene della
dignita’ personale, l’immunita’ parlamentare sia o no preminente
anche di fronte a notizie non vere e comunque non dimostrate (allo
stato del procedimento) come vere».
Ripercorsa, quindi, la gamma delle acquisizioni inerenti la
vicenda oggetto di querela, e analizzata dettagliatamente la portata
dei rilievi svolti nel parere rassegnato alla Assemblea dalla Giunta
delle elezioni e delle immunita’ del Senato della Repubblica, il
Giudice ricorrente sottolinea come, nella vicenda oggetto del
procedimento, non sia ravvisabile alcun nesso funzionale «tra la
funzione di parlamentare del senatore Stracquadanio e l’attribuzione
di un fatto determinato (essere una spia al servizio del KGB) a un
funzionario pubblico con attivita’ diplomatica si’ rilevante», come
quella svolta dal querelante ad Algeri, ne’ sarebbe comprensibile
quale possa essere «l’opinione espressa», giacche’ nel caso in esame
«non si tratta neppure di un soggetto che svolge attivita’ politica
ma di un funzionario ormai in pensione». La circostanza, poi, pure
dedotta dalla Giunta, che il riferimento al De Michelis possa
intendersi come attivita’ divulgativa dei risultati raggiunti dalla
Commissione parlamentare sul caso Mitrokin, sarebbe «argomento non
dirimente», considerato che gli atti della Commissione sono pubblici
ed era tutt’altro che pacifica la identificazione dello stesso De
Michelis nella persona indicata come il «LIST del report 54».
Il petitum conclusivamente rassegnato e’ dunque quello di
dichiarare che «non spettava al Senato della Repubblica affermare che
i fatti per i quali e’ in corso il procedimento concernono opinioni
espresse dal sen. Giorgio Stracquadanio nell’esercizio delle sue
funzioni ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione», con
conseguente annullamento della relativa deliberazione.
2. – Con ordinanza n. 174 del 13 maggio 2010, questa Corte ha,
per quel che qui interessa, dichiarato ammissibile il conflitto
proposto nei confronti del Senato della Repubblica, disponendo i
conseguenti adempimenti, funzionali al passaggio alla fase del
merito.
La Cancelleria ha dato al ricorrente comunicazione dell’ordinanza
a mezzo posta, con raccomandata spedita il 14 maggio 2010, che
risulta pervenuta il successivo 17 maggio 2010.
Il ricorso e l’ordinanza risultano notificati al Senato della
Repubblica in data 14 luglio 2010.
Il ricorso, con la prova dell’avvenuta notificazione, e’ stato
depositato l’11 agosto 2010.
Lo stesso 11 agosto 2010 il Senato della Repubblica ha depositato
la propria memoria di costituzione.
3. – Nella memoria di costituzione il Senato della Repubblica ha
conclusivamente domandato che questa Corte dichiari improcedibile e
comunque infondato il ricorso.
Il Senato, in particolare, rievoca il contenuto della relazione
presentata all’Assemblea dalla Giunta delle elezioni e delle
immunita’ parlamentari con la proposta di deliberare la
insindacabilita’, ex art. 68, primo comma, Cost., delle opinioni
espresse dall’onorevole Stracquadanio, oggetto del procedimento
penale nell’ambito del quale e’ stato sollevato il conflitto.
Sottolinea, in proposito, come in tale relazione fosse stato messo in
evidenza il fatto che l’onorevole Stracquadanio risultasse tra i
firmatari di un’interrogazione parlamentare (n. 3-00439, pubblicata
il 28 febbraio 2007), caratterizzata da una sostanziale identita’ di
contenuto rispetto alla dichiarazione oggetto del procedimento
penale, riguardando proprio la attivita’ di indagine della
Commissione parlamentare sul cosiddetto dossier Mitrokin. Cio’
confermava, dunque, l’esistenza del nesso funzionale «anche tenendo
conto che si tratta di una interrogazione depositata in un momento
chiaramente successivo a quello della pubblicazione delle
dichiarazioni contestate», posto che la prerogativa di cui all’art.
68 Cost. deve ritenersi sussistente «in tutte le occasioni in cui il
parlamentare raggiunga il cittadino illustrando la propria
posizione». Cio’ che peraltro piu’ rileva sarebbe il fatto che, come
emerge dalla stessa relazione, l’allora senatore Stracquadanio aveva
posto in essere un comportamento «preordinato alla diffusione di
testi ufficiali del Parlamento italiano», giacche’ risulta dallo
stesso documento conclusivo sulla attivita’ svolta dalla Commissione
Mitrokin la circostanza che fra i soggetti «coltivati» dal KGB
figurasse proprio «De Michelis di Slonghello Giuseppe, funzionario
del Dipartimento politico del Ministero degli affari esteri (report
54)». Da cio’, dunque, la conclusione della relazione della Giunta di
ritenere sussistente il nesso funzionale ai fini della pronuncia di
insindacabilita’, essendo «infatti necessario intendere le
dichiarazioni rese dall’allora senatore Giorgio Stracquadanio come
divulgative dei risultati dell’attivita’ istituzionale della
Commissione parlamentare d’inchiesta Mitrokin». Proposta che venne
poi approvata dalla Assemblea del Senato della Repubblica nella
seduta del 12 febbraio 2009.
Rievocati, poi, i rilievi svolti dal ricorrente, il Senato
eccepisce, preliminarmente, la improcedibilita’ del ricorso, in
quanto non sarebbe stato rispettato il termine di sessanta giorni
fissato dalla Corte per la notifica del ricorso medesimo e della
ordinanza di ammissibilita’. Da tale ordinanza, infatti, risulta che
la cancelleria doveva provvedere a comunicare il provvedimento al
Giudice nella medesima data, sicche’ – puntualizza la memoria del
Senato – «qualora il destinatario avesse ricevuto la suddetta
comunicazione lo stesso giorno, il termine di sessanta giorni sarebbe
venuto a scadenza in data 12 luglio 2010». Essendo invece la notifica
avvenuta il 14 luglio, era onere del Giudice ricorrente fornire la
prova di aver ricevuto la comunicazione della cancelleria di questa
Corte in una data corrispondente o successiva al 15 maggio 2010. Si
domanda, dunque, che la Corte accerti l’avvenuto rispetto del termine
e, ove lo stesso risultasse spirato, dichiari improcedibile il
ricorso.
Nel merito, il ricorso sarebbe infondato. Le doglianze del
ricorrente, infatti, tutte volte a contestare la attendibilita’ dei
fatti risultanti nel documento della Commissione parlamentare sul
dossier Mitrokin, risulterebbero inconferenti agli effetti del
conflitto fra poteri dello Stato, riguardando, semmai, esclusivamente
il procedimento penale pendente davanti al ricorrente, nella sola
ipotesi in cui non ricorresse la pregiudiziale prerogativa della
insindacabilita’. Il ricorrente, d’altra parte, non e’ stato in grado
di contestare la correttezza della delibera approvata dalla
Assemblea, circa il fatto che le opinioni espresse dall’ex senatore
Stracquadanio costituissero riproduzione testuale dei risultati della
Commissione Mitrokin. Ne’ puo’ sussistere dubbio alcuno che tale
documento rappresentasse atto tipico, espressione di un organismo
parlamentare, a prescindere dal merito dei relativi contenuti e della
relativa attendibilita’. Da qui la infondatezza delle doglianze mosse
dal ricorrente, avuto riguardo alla piena ritualita’ della
deliberazione di insindacabilita’ delle opinioni espresse dal
parlamentare, in quanto divulgative della attivita’ istituzionale
svolta dalla cosiddetta «Commissione Mitrokin».
4. – Il 18 gennaio 2011 il Senato della Repubblica ha depositato
una nuova memoria, nella quale, dopo aver dato atto della
tempestivita’ degli adempimenti successivi alla pronuncia della
ordinanza di questa Corte che ha dichiarato ammissibile il conflitto,
e della conseguente infondatezza dei dubbi prospettati nella memoria
di costituzione in giudizio circa la eventuale improcedibilita’ del
conflitto, ha ribadito la infondatezza delle doglianze proposte dalla
autorita’ giudiziaria confliggente, sottolineando come le censure si
limitino, nella sostanza, a dedurre la inattendibilita’ delle
conclusioni cui e’ pervenuta la Commissione «Mitrokin»: circostanza,
questa, in ipotesi significativa ai fini del giudizio di merito, ma
inconferente agli effetti del conflitto proposto.
Quanto, poi, alla sussistenza dei presupposti per la
operativita’, nella specie, della correttezza della delibera di
insindacabilita’ pronunciata dal Senato a norma dell’art. 68, primo
comma, Cost., la memoria ribadisce, anzitutto, il carattere meramente
riproduttivo dei risultati della attivita’ svolta dalla Commissione
«Mitrokin», addirittura sul piano della corrispondenza testuale tra
il documento conclusivo della Commissione e le espressioni contestate
al senatore Stracquadanio.
Sussisterebbe, poi, il legame temporale tra la pubblicazione del
volume «Le mani rosse sull’Italia», contenente le dichiarazioni del
parlamentare, e la presentazione del Documento conclusivo dei lavori
della Commissione «Mitrokin», giacche’ il primo e’ successivo al
secondo di soli cinque mesi: tenuto conto del fatto che il 9 ed il 10
marzo di quello stesso anno (2006) si sono tenute le elezioni
politiche (con conseguente scadenza della XIV Legislatura), sarebbe
ragionevole ritenere – sottolinea la memoria del Senato – che il sen.
Stracquadanio, «in un momento immediatamente successivo alla scadenza
della Legislatura nella quale si erano appena conclusi i lavori della
Commissione d’inchiesta, abbia provveduto a «divulgare» gli esiti per
come risultanti testualmente nel «Documento conclusivo» depositato
agli atti parlamentari».
A proposito, poi, della circostanza che il sen. Stracquadanio non
facesse parte della Commissione «Mitrokin» e che pertanto non potesse
essere considerato «autore» del documento conclusivo, il Senato
osserva come la natura delle Commissioni parlamentari di inchiesta
istituite a norma dell’art. 82 della Costituzione, comporti, anche
alla luce della giurisprudenza costituzionale formatasi sul punto,
che la relativa attivita’ istituzionale non possa essere considerata
riferibile ai singoli membri della Commissione, ma alla Camera di
appartenenza o ad entrambe le Camere, a seconda che si tratti di
commissione mono o bicamerale. Nei relativi documenti, dunque, non
potranno rinvenirsi opinioni riferibili a singoli parlamentari,
essendo esse imputabili alla Camera o alle Camere cui la Commissione
si riferisce. A parere del Senato, infatti, i risultati finali della
inchiesta entrano nella «piena e permanente disponibilita’ delle
Camere – dunque, di ciascuno dei loro membri – e, pertanto, non
possono essere considerati alla stregua di fatti storici
cronologicamente riferibili a una data determinata (tanto piu’ nel
periodo successivo immediatamente piu’ prossimo alla produzione di
quei risultati), ne’ subire le «cesure» delle attivita’ parlamentari
connesse con la scadenza delle Legislature». Da qui la correttezza
della delibera di insindacabilita’ adottata dal Senato, trattandosi
nella specie di divulgazione del contenuto di atti riferibili alle
Camere nel loro complesso e, come tali, dunque, anche al sen.
Stracquadanio.
D’altra parte – conclude la memoria – ove il Senato avesse deciso
diversamente, avrebbe, di fatto, consentito al Giudice ricorrente di
trattare i risultati della Commissione parlamentare alla stregua di
«comuni manifestazioni del pensiero ai sensi dell’art. 21 Cost.,
rendendo possibile un inammissibile sindacato giurisdizionale sui
lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta e
sull’attendibilita’ e la veridicita’ delle conclusioni da questa
raggiunte».

Considerato in diritto

1. – Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Firenze solleva conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei
confronti del Senato della Repubblica, in riferimento alla
deliberazione, assunta il 12 febbraio 2009, con la quale l’Assemblea,
nell’approvare la proposta formulata dalla Giunta delle elezioni e
delle immunita’ parlamentari (doc. IV-ter, n. 12), ha stabilito che
le dichiarazioni rese dal senatore Giorgio Stracquadanio – ed in
relazione alle quali pende a suo carico procedimento penale davanti
al Giudice ricorrente per il reato di diffamazione aggravata commessa
col mezzo della stampa a seguito di querela proposta dal dott.
Giuseppe De Michelis di Slonghello – costituiscono opinioni espresse
da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni,
ricadendo, pertanto, nella garanzia della insindacabilita’ prevista
dall’art. 68, primo comma, della Costituzione.
A parere del Giudice ricorrente non sussisterebbe, infatti, nel
caso di specie, alcun nesso funzionale tra la funzione parlamentare e
l’attribuzione alla persona offesa del fatto determinato su cui si
radica il procedimento penale, non potendo i fatti e le espressioni
in contestazione intendersi come attivita’ divulgativa di specifici
atti svolti dall’imputato come parlamentare, non potendosi a tal fine
evocare i risultati raggiunti dalla Commissione parlamentare
istituita sul caso Mitrokin. Da cio’ la denuncia di conflitto per
menomazione della propria sfera di attribuzioni costituzionalmente
presidiate, con la conseguente richiesta di declaratoria di non
spettanza delle attribuzioni esercitate dal Senato della Repubblica
in riferimento alla deliberazione di cui si e’ detto, e della quale
si domanda, conseguentemente, l’annullamento.
A tale prospettazione resiste il Senato della Repubblica,
deducendo che il senatore Stracquadanio risultava tra i firmatari di
una interrogazione parlamentare (n. 3-00439, pubblicata il 28
febbraio 2007), nella quale si ravviserebbe una sostanziale identita’
di contenuti rispetto alle dichiarazioni oggetto del procedimento
penale, riguardando tale atto di sindacato parlamentare proprio la
attivita’ di indagine compiuta dalla Commissione parlamentare sul
cosiddetto dossier Mitrokin. L’attivita’ contestata allo
Stracquadanio, ha ancora dedotto il Senato, si inquadrerebbe, dunque,
in una mera divulgazione dei risultati cui e’ pervenuta l’indicata
Commissione parlamentare, che, come tali – ha osservato il Senato –
rientrano nella «piena e permanente disponibilita’ delle Camere –
dunque, di ciascuno dei loro membri», cosi’ da giustificare la
delibera di insindacabilita’ oggetto di ricorso, proprio perche’ la
condotta ascritta al parlamentare sarebbe nella specie coincisa con
la divulgazione del contenuto di atti riferibili alla Camera nel suo
complesso.
2. – Preliminarmente, deve essere confermata l’ammissibilita’ del
conflitto, sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi, come
gia’ ritenuto da questa Corte nell’ordinanza n. 174 del 2010.
3. – Nel merito il ricorso e’ fondato.
L’individuazione dei confini entro i quali opera la garanzia
della insindacabilita’ delle opinioni espresse dai parlamentari
nell’esercizio delle proprie attribuzioni, sancita dall’art. 68,
primo comma, della Costituzione, postula la necessita’ di tracciare,
quale naturale linea di displuvio, la risultante che scaturisce dal
bilanciamento tra due contrapposte esigenze, entrambe di rango
costituzionale: vale a dire, da un lato, quella di tutelare
l’autonomia e le liberta’ delle Camere e, per esse, dei suoi
appartenenti, e, dall’altro, di garantire il concreto esercizio dei
diritti e degli interessi dei terzi, suscettibili di essere
compromessi dalle dichiarazioni dei parlamentari, fra i quali, in
particolare, il fondamentale valore della dignita’ della persona,
salvaguardato come diritto inviolabile, tanto dall’art. 2 della
Costituzione, che dall’art. 1 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, i cui principi sono stati recepiti dall’art. 6
del Trattato sull’Unione europea. Da qui la delimitazione
rigorosamente «funzionale» dell’ambito della prerogativa della
insindacabilita’, suscettibile di trasformarsi, altrimenti, in un
privilegio di carattere personale. Da cio’ l’assunto secondo il
quale, nel normale svolgimento della vita democratica e del dibattito
politico, le opinioni che il parlamentare esprima fuori dai compiti e
dalle attivita’ propri delle assemblee o degli organismi in cui puo’
articolarsi l’attivita’ parlamentare, rappresentano l’esercizio della
liberta’ di espressione comune a tutti i consociati, con l’ovvia
conseguenza che il nesso funzionale da riscontrarsi, per poter
ritenere sussistente la garanzia della insindacabilita’, tra la
dichiarazione divulgativa extra moenia e l’attivita’ parlamentare
propriamente intesa, non puo’ essere visto come un semplice
collegamento di argomento o di contesto politico fra l’una e l’altra,
ma come identificabilita’ della dichiarazione quale espressione della
attivita’ parlamentare, postulandosi anche, a tal fine, una
sostanziale contestualita’ tra i due momenti, a testimonianza
dell’unitario alveo «funzionale» che le deve, appunto, correlare (fra
le tante, sentenze n. 301 e n. 10 del 2010; n. 420 e n. 97 del 2008).
A simili approdi ricostruttivi, d’altra parte, e’ pure pervenuta
la giurisprudenza formatasi sul punto da parte della Corte europea
dei diritti dell’uomo, in varie circostanze investita proprio del
tema della insindacabilita’ delle opinioni espresse da parlamentari,
in riferimento alla contrapposta facolta’ delle persone in ipotesi
coinvolte da quelle opinioni di esercitare i propri diritti davanti
ad un organo giurisdizionale. La Corte di Strasburgo ha infatti
rilevato come rappresenti prassi generalizzata quella che gli Stati
riconoscano una immunita’, piu’ o meno ampia, ai membri del
Parlamento, per consentire la libera espressione delle opinioni e dei
voti ai rappresentanti del popolo ed impedire che azioni giudiziarie
partigiane (poursuites partisanes, nel testo in francese della
pronuncia) possano ledere la funzione parlamentare. Dunque, ha
soggiunto la Corte, la previsione dettata dall’art. 68, primo comma,
della Costituzione italiana persegue scopi legittimi, quali, in
particolare, la tutela del libero dibattito parlamentare ed il
mantenimento della separazione dei poteri legislativo e giudiziario.
Secondo la Corte di Strasburgo, tuttavia, la assenza di un legame
evidente con un’attivita’ parlamentare esige una interpretazione
ristretta del concetto di proporzionalita’ tra lo scopo prefissato ed
i mezzi impiegati, specie quando le limitazioni al diritto di agire
in giudizio derivino da una deliberazione di un organo politico.
Giungere ad una conclusione diversa – ha infatti sottolineato la
stessa Corte – equivarrebbe a limitare in modo incompatibile con
l’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione il diritto di accesso alla
giustizia dei privati, ogniqualvolta i discorsi oggetto della azione
giudiziaria siano stati pronunciati da un membro del Parlamento
(sentenza 27 gennaio 2009, C.G.I.L. e Cofferati contro Italia e le
altre pronunce ivi citate).
4. – Ebbene, nel resistere al ricorso – e come gia’ si e’ fatto
cenno – il Senato evoca, quale atto «tipico» che fungerebbe da
«copertura» per la insindacabilita’ delle affermazioni contenute
negli scritti dell’allora senatore Stracquadanio, la interrogazione
n. 3-00439 presentata il 28 febbraio 2007 da Paolo Guzzanti ed altri
(fra i quali lo Stracquadanio) al Ministro dell’interno, nella quale
si stigmatizzava il «selvaggio linciaggio mediatico nei confronti
dell’ex Presidente della Commissione Mitrokin» e coinvolgente anche
l’ex consulente della stessa Commissione, Mario Scaramella. Tale
assunto e’ ovviamente alla base della relazione della Giunta delle
elezioni e delle immunita’ del Senato, con la quale fu proposta la
delibera di insindacabilita’, poi approvata dalla Assemblea del
Senato. La Relazione – va osservato – si fa carico anche del problema
relativo allo iato temporale che separa fra loro la pubblicazione
delle espressioni ritenute offensive, che risale all’agosto 2006, e
la iniziativa parlamentare di cui si e’ detto, addirittura successiva
di vari mesi. Sul punto, osserva la Relazione, che, nella specie,
«non sarebbe infatti opponibile l’obiezione, a carattere temporale,
attinente al momento in cui l’interrogazione e’ stata depositata,
chiaramente successivo a quello della pubblicazione delle
dichiarazioni oggetto di contestazione», in quanto dovrebbe
auspicarsi l’accoglimento della tesi, gia’ in varie occasioni
espressa dal Senato, secondo la quale occorrerebbe pervenire ad un
«"salto interpretativo" volto a ritenere sussistente il nesso
funzionale "in tutte le occasioni in cui il parlamentare raggiunga il
cittadino, illustrando la propria posizione"». L’assunto e’ pero’
contraddetto dalla costante giurisprudenza di questa Corte, la quale
ha sempre escluso che possano fungere da elementi di riferimento,
agli effetti della garanzia della insindacabilita’ di cui all’art.
68, primo comma, Cost., atti compiuti dal parlamentare in epoca
successiva alle dichiarazioni extra moenia (fra le tante, sentenze n.
134 del 2008; n. 371 e n. 335 del 2006). D’altra parte, risulterebbe
davvero eccentrico evocare il concetto di «divulgazione» – nel
quadro, anche, di quanto previsto dall’art. 3 della legge n. 140 del
2003 – ove la relativa attivita’, «espletata anche fuori del
Parlamento», si realizzasse in un momento antecedente alla opinione
espressa dal parlamentare nell’esercizio delle funzioni tipiche.
Ma, anche a voler prescindere da tali pur assorbenti rilievi,
resta il dato – parimenti dirimente – rappresentato dalla assoluta
inconferenza dei temi trattati nella interrogazione parlamentare di
cui si e’ detto, rispetto a quanto specificamente contenuto nella
pubblicazione oggetto del procedimento penale per diffamazione,
promosso nei confronti del sen. Stracquadanio. Questa pubblicazione,
infatti, verte sulle risultanze scaturite dai lavori della
Commissione «Mitrokin» e sull’inserimento della persona offesa nel
novero delle «spie assoldate in Italia dal KGB»; l’interrogazione
verte, invece, sugli attacchi giornalistici riguardanti il Presidente
della Commissione stessa e le polemiche che avevano coinvolto un
consulente della Commissione parlamentare. Tra i due atti, dunque,
non v’e’, a ben guardare, neppure quella semplice comunanza di
tematiche che, pure, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non
basta a fondare il «nesso funzionale» su cui si radica la garanzia
della insindacabilita’.
5. – Nella piu’ recente memoria, il Senato sembra correggere il
tiro delle proprie difese, facendo leva sul fatto che la
pubblicazione incriminata altro non rappresenterebbe che una semplice
divulgazione di atti ufficiali del Parlamento, ed in particolare del
Documento conclusivo rassegnato dalla Commissione parlamentare di
inchiesta sul «dossier Mitrokin», sottolineando come la circostanza
che lo Stracquadanio non facesse parte della Commissione parlamentare
e, quindi, che quel documento non fosse al medesimo riferibile,
doveva ritenersi inconferente agli effetti della garanzia della
insindacabilita’, giacche’ quell’atto, promanando da un organismo
parlamentare, doveva ritenersi riferibile al Parlamento nel suo
complesso, e dunque, anche al senatore Stracquadanio.
Si tratta, pero’, di un assunto tutt’altro che persuasivo, posto
che «l’opinione» garantita dalla insindacabilita’, a norma dell’art.
68, primo comma, Cost. – come questa Corte ha costantemente affermato
– e’ quella propria del singolo parlamentare per come espressa negli
atti funzionali che egli compie, e non quella – generale ed
impersonale – che puo’ trarsi dagli atti riferibili al Parlamento nel
suo complesso o a sue articolazioni. La dimostrazione di cio’,
d’altra parte, e’ offerta proprio dall’argomento «per assurdo» che
svolge lo stesso Senato nella memoria piu’ recente, laddove afferma
che – opinando diversamente – nel divulgare atti del Parlamento, il
sen. Stracquadanio sarebbe trattato alla stregua di un quisquis de
populo, chiamato ad esprimere «comuni manifestazioni del pensiero ai
sensi dell’art. 21 Cost». La divulgazione, eventualmente critica, di
atti o lavori parlamentari non inerenti alle proprie, dirette
funzioni, puo’ inquadrarsi, infatti, nella normale attivita’ di
critica politica che il parlamentare e’ libero di svolgere al pari di
qualunque cittadino, senza fruire, peraltro, di specifiche clausole
di immunita’ che finirebbero per coinvolgere e compromettere – senza
una specifica relazione con la logica di garanzia sottesa all’art.
68, primo comma, Cost. – i diritti dei terzi a veder tutelata in sede
giurisdizionale la propria immagine e la propria onorabilita’.
Sussistono, dunque, gli estremi per ritenere fondato il ricorso
proposto dalla autorita’ giudiziaria di Firenze, con la conseguente
declaratoria di non spettanza al Senato di deliberare la
insindacabilita’ delle opinioni espresse dal sen. Stracquadanio in
riferimento ai fatti per i quali e’ processo, e l’annullamento della
deliberazione di che trattasi.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara che non spettava al Senato della Repubblica affermare
che le dichiarazioni rese da Giorgio Stracquadanio, senatore
all’epoca dei fatti, per le quali pende procedimento penale dinanzi
al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze, di
cui al ricorso in epigrafe, costituiscono opinioni espresse da un
membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi
dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
Annulla, per l’effetto, la delibera di insindacabilita’ adottata
dal Senato della Repubblica nella seduta del 12 febbraio 2009 (doc.
IV-ter, n. 12)
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2011.

Il Presidente: De Siervo

Il redattore: Grossi

Il cancelliere: Melatti

Depositata in cancelleria l’11 marzo 2011.

Il cancelliere: Melatti

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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