Cons. Stato Sez. VI, Sent., 15-09-2011, n. 5154 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con verbale del 5 dicembre 2003, n. 329648 (che assorbiva il precedente verbale 28 luglio 2003, n. 324865), non ritenendo soddisfacenti le risposte fornite alle pregresse richieste di chiarimento, l’Isvap contestava alla A. I. ed a J. M., nella qualità di legale rappresentante della medesima, la violazione dell’art. 11, comma 1bis, della l. 24 dicembre 1969, n. 990, "Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti", legge poi abrogata dal comma 1 dell’art. 354 del codice delle assicurazioni private, di cui al d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209, con i limiti e la decorrenza indicati nel comma 4 dello stesso articolo.

L’art. 11, comma 1, della predetta legge prevedeva che "Le imprese sono tenute ad accettare, secondo le condizioni di polizza e le tariffe che hanno l’obbligo di stabilire preventivamente per ogni rischio derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, le proposte per l’assicurazione obbligatoria che sono loro presentate".

A sua volta, il comma 1bis, aggiunto dall’art. 25 della l. 12 dicembre 2002, n. 273, precisava che, ai fini dell’adempimento degli obblighi di cui al comma 1 "…nella formazione delle tariffe le imprese calcolano distintamente i premi puri ed i caricamenti in coerenza con le proprie basi tecniche, sufficientemente ampie ed estese ad almeno cinque esercizi. Ove tali basi non siano disponibili, le imprese possono fare ricorso a rilevazioni statistiche di mercato. Qualora l’ISVAP accerti l’elusione dell’obbligo a contrarre attuata, con riferimento a determinate zone territoriali o a singole categorie di assicurati, si applica una sanzione pecuniaria pari al 3 per cento dei premi per responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli risultanti dall’ultimo bilancio approvato, con un minimo di 1 milione di euro e fino ad un massimo di 5 milioni di euro. In caso di reiterata elusione dell’obbligo a contrarre, l’autorizzazione ad esercitare l’assicurazione della responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli può essere revocata".

La contestazione concerneva l’elusione dell’obbligo a contrarre ritenuta attuata da parte della società mediante la tariffa in vigore al 1° aprile 2003, già in vigore al 1° gennaio 2003, con riferimento ad alcune categorie di assicurati e a determinate zone territoriali.

L’illecito veniva ritenuto soggetto ad una sanzione determinata, in concreto, in Euro 1.000.000,00.

La società non si avvaleva della conciliazione amministrativa ed esercitava le proprie prerogative difensive a mezzo di scritti ed audizioni.

Con verbale n. 484, del 26 maggio 2004, la commissione valutativa per le sanzioni dell’Isvap riteneva inaccoglibili le difese procedimentali ed esprimeva parere di emanazione dell’ordinanza ingiuntiva per l’importo di Euro 666.667,00.

Con atto 25 agosto 2004 l’Isvap proponeva, quindi, al Ministero delle attività produttive l’adozione dell’ordinanzaingiunzione per l’importo come sopra determinato, a titolo di sanzione per elusione dell’obbligo legale a contrarre in materia di r.c. auto.

Pendente detta proposta, la materia delle sanzioni per illeciti nel settore delle assicurazioni veniva regolata ex novo dal codice delle assicurazioni private, di cui al già citato d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209, e poi dalla legge 28 dicembre 2005, n. 262, norme a tutela del risparmio e disciplina dei mercati finanziari, che trasferivano i poteri sanzionatori all’Isvap, quale autorità di vigilanza del settore, che regolava il relativo procedimento con il regolamento n. 1 del 15 marzo 2006.

In data 20 marzo 2008 il Ministero dello sviluppo economico, per la descritta violazione, emetteva ordinanzaingiunzione al pagamento della sanzione amministrativa di Euro 666.667,00 nei confronti dei predetti soggetti, in solido.

2. Con ricorso proposto innanzi al T.a.r Lazio, sede di Roma, la società A. I. e il sig. J. M. impugnavano l’ordinanzaingiunzione, ritenendone l’illegittimità e domandandone l’annullamento.

Con la sentenza di estremi indicati in epigrafe, il T.a.r. Lazio ha accolto il ricorso, ritenendo sussistente il vizio di incompetenza, sulla base della considerazione che nel nuovo contesto normativo, vigente al momento dell’adozione del provvedimento, il potere di adottare l’ordinanzaingiunzione, in precedenza assegnato al Ministero, è stato attribuito direttamente all’Isvap.

3. Per ottenere la riforma di questa sentenza hanno proposto autonomi appelli sia l’Isvap, sia il Ministero dello Sviluppo Economico.

Alla pubblica udienza del 12 luglio 2011, gli appelli sono stati trattenuti per la decisione.

4. Occorre anzitutto disporre riunione dei ricorsi, trattandosi di appelli avverso la medesima sentenza.

5. Nel merito, gli appelli devono essere respinti.

5.1. Giova subito evidenziare che la questione di diritto oggetto del presente giudizio è stata recentemente esaminata dalla Sezione con la sentenza 29 marzo 2011, n. 1900, la cui approfondita motivazione non può che essere integralmente condivisa.

5.2. Come si è chiarito, il tempo di commissione dell’illecito, nei termini contestati alla compagnia assicuratrice dall’Autorità, risale all’anno 2003.

La disposizione di legge a quel tempo vigente che regolamentava la modalità di accertamento dell’illecito e la competenza ad irrogare la sanzione era (nella parte di interesse per l’odierno procedimento) contenuta nella legge 12 agosto 1982, n. 576, all’art. 4, che attribuiva all’Isvap la vigilanza sull’osservanza delle leggi e dei regolamenti vigenti da parte degli operatori del mercato assicurativo, e l’espletamento dell’attività istruttoria necessaria per l’adozione dei provvedimenti attribuiti dalla legge alla competenza del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, compresa la relazione per la commissione consultiva per le assicurazioni private di cui agli articoli 76 e seguenti del testo unico delle leggi sull’esercizio delle assicurazioni private, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1959, n. 449, e successive modificazioni.

La suindicata disposizione era stata modificata dall’art. 4 comma 10, del decreto legislativo 13 ottobre 1998, n. 373, alla cui stregua non appare dubitabile – ad avviso del Collegio – che la struttura del procedimento applicativo delle sanzioni a carico delle compagnie assicuratrici così disegnato avesse natura duale: all’Isvap era attribuita una funzione istruttoria, culminante nell’inoltro al Ministero della proposta applicativa della sanzione. A quest’ultimo perteneva il compito di irrogare la sanzione "con provvedimento motivato".

E posto che il provvedimento ministeriale necessitava di apposita motivazione non appare neppure contestabile che l’archetipo procedimentale prevedesse un vaglio da parte del Ministero sulle resultanze istruttorie trasmessegli con la proposta: non ricorreva, quindi, l’ipotesi di una mera presa d’atto, e neppure di una proposta assolutamente vincolante dalla quale il Ministero non si potesse discostare.

La struttura procedimentale bicefala sinora sommariamente descritta è rimasta immutata anche a seguito della emanazione del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (d.c. "codice delle assicurazioni private, art. 326 comma I).

5.3. Sennonché la legge 28 dicembre 2005, n. 262 (recante disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari) la situazione sinora descritta muta radicalmente.

Dalla struttura diarchica si passa alla competenza unica dell’Isvap incidente sia sulla fase accertativa dell’illecito che su quella irrogativa della sanzione.

Inoltre, in ottemperanza a quanto disposto dall’art. 24 della citata legge 28 dicembre 2005, n. 262, ed ai sensi dell’art. 9 comma 3, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 l’Isvap emanò il Regolamento 15 Marzo 2006 n. 1 di disciplina dei profili procedimentali.

A seguito della legge n. 28 dicembre 2005, n. 262 (entrata in vigore il successivo 12 gennaio 2006) è stato radicalmente mutato l’ordine delle competenze in materia di provvedimenti sanzionatori nel settore delle assicurazioni private: le competenze in passato spettanti al Ministero vengono trasferite all’Isvap.

Non può più farsi riferimento ad una struttura procedimentale duale o bicefala: l’intero procedimento accertativo dell’illecito ed applicativo della sanzione viene a far capo all’Isvap.

5.4. Ciò premesso in punto di evoluzione legislativa, va rammentato che la sequela procedimentale che ha condotto alla emissione del provvedimento impugnato in primo grado ha il suo punto d’inizio nell’anno 2003 (contestazione degli addebiti da parte dell’Isvap); nel 2004 l’Isvap trasmise al Ministero la proposta di irrogazione della sanzione a carico dell’appellata compagnia e del legale rappresentante pro tempore.

Non v’è dubbio che, sino a quel momento, il procedimento avesse pienamente rispettato le disposizioni all’epoca vigenti in materia di competenza ministeriale all’emissione dell’ordinanzaingiunzione impositiva della sanzione.

Sennonché, il Ministero, ricevuta detta proposta, non emise alcun provvedimento sino al 12 gennaio 2006, allorché, come chiarito dianzi, venne a mutare la struttura procedimentale a seguito dell’entrata in vigore della legge 28 dicembre 2005, n. 262 e neppure, successivamente a tale data, ebbe a restituire gli atti del procedimento all’Isvap e solo nel 2008, infine, il Ministero emise il provvedimento impugnato.

6. Secondo gli appellanti l’operato del Ministero è immune da censure.

Nella constatazione che la legge 28 dicembre 2005, n. 262 non dettava alcuna disciplina transitoria, gli appellanti sostengono che dovrebbe farsi riferimento alle seguenti emergenze fattuali e normative che giustificavano il permanere della competenza ministeriale all’adozione dell’ordinanzaingiunzione.

6.1. In primo luogo, il provvedimento sanzionatorio venne emesso comunque entro il termine di prescrizione quinquennale dell’illecito di cui all’art. 28 della l. 24 novembre 1981 n. 689; secondariamente, il mutato ordine di competenze non poteva fare riferimento ai procedimenti già compiutamente "esitati" dall’Isvap con la trasmissione della proposta di applicazione della sanzione al Ministero.

6.2. Peraltro le disposizioni regolamentari di cui ai commi 1 e 3 del Regolamento Isvap n. 1/2006 riguardavano unicamente i procedimenti pendenti dei quali l’istituto non si era ancora definitamente spogliato trasmettendo la detta proposta sanzionatoria al Ministero; ogni contraria interpretazione sarebbe stata illogica, in quanto la proposta medesima era stata firmata dal Presidente dell’Isvap.

Ove si fosse applicata a tali procedimenti la "novella" di cui al decreto legislativo n. 28 dicembre 2005, n. 262 il Presidente dell’Isvap si sarebbe dovuto pronunciare su una proposta che aveva egli stesso sottoscritto e, conseguentemente, sarebbe stato arrecato un vulnus al principio di "distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione" previsto dall’art. 24 del citato decreto legislativo.

6.3. Inoltre, la tesi del primo giudice finiva con l’attribuire portata esoprocedimentale e sostanziale autonomia alla proposta di applicazione delle sanzioni trasmessa nel 2004 dall’Isvap: ciò era errato alla luce delle dianzi citate vigenti disposizioni (tanto che il predetto atto non era considerato autonomamente impugnabile).

Ma laddove tale opzione ermeneutica fosse stata esatta, i ricorsi di primo grado dovevano essere dichiarati improcedibili per omessa tempestiva impugnazione dell’atto lesivo individuato nella predetta proposta.

7. Ritiene il Collegio che nessuna delle articolazioni critiche proposte dalle appellanti incida sulla correttezza del deliberato del primo giudice.

7.1. Va osservato sul punto che la delicata e controversa questione dell’applicabilità della normativa sopravvenuta al procedimento amministrativo in itinere (involgenti interessi essenziali quali quello alla ragionevolezza dei tempi di emissione, alla certezza in ordine alla individuazione dell’autorità emanante, ai rimedi applicabili, etc) è stata tradizionalmente risolta dalla dottrina e dalla giurisprudenza facendosi riferimento al criterio del tempus regit actum (che costituisce regola generale di tutti gli atti procedimentali).

Con tale brocardo si vuole sintetizzare il principio per cui ogni atto resta soggetto al regime normativo vigente al tempo della sua emanazione (ex multis: "Il procedimento amministrativo è regolato dal principio tempus regit actum, con la conseguenza che la sua legittimità va valutata con riferimento alle norme vigenti al tempo in cui è stato adottato."Consiglio Stato, sez. IV, 28 settembre 2009, n. 5835).

La giurisprudenza e la dottrina hanno fornito significativi contributi alla risoluzione delle numerose problematiche applicative discendenti dalla natura dei procedimenti amministrativi complessi, intesi come ordinato fluire di atti di diversa natura e provenienti da diversi organi coordinati dal perseguimento di un unico fine.

La prospettiva seguita dalle appellanti sovverte – sotto il profilo della impostazione teorica – i tradizionali termini del ricorso al principio tempus regit actum quale criterio di verifica della legittimità degli atti infraprocedimentali alla luce delle sopravvenienze fattuali e giuridiche medio tempore intervenute.

Di regola, infatti, si è fatto ricorso a detto criterio per giudicare della validità e legittimità degli atti endoprocedimentali medio termine emessi: nel caso di specie, invece, l’applicazione del criterio predetto viene invocata al fine di giudicare della legittimità (non già degli atti collocati nella sequenza procedimentale ma) dell’atto conclusivo del procedimento alla stregua di una modifica legislativa medio tempore intervenuta che ha attribuito ad altra autorità il compito di provvedere.

La risoluzione della questione, quindi, soltanto in parte può dirsi interagire con il criterio del tempus regit actum richiamato: la prioritaria verifica riposa nella immediata operatività – o meno – della disposizione che ha attribuito a far data dal 12 gennaio 2006 all’Isvap il compito di emettere l’ordinanzaingiunzione sottraendo detta competenza al Ministero (in carenza di norma legislativa transitoria) e nella possibilità che a cagione dell’intervenuta emissione della proposta di sanzione diretta al Ministero quest’ultimo potesse "trattenere" una competenza irrogativa nel frattempo sottrattagli.

7.2. Il primo giudice ha fatto riferimento alla ricostruzione ermeneutica operata nella nota decisione della Prima Sezione della Corte di Cassazione n. 258 del 14 gennaio 1998 con la quale si è affermato, con specifico riferimento ai procedimenti sanzionatori, che la legge sopravvenuta non è applicabile ai singoli atti subprocedimentali già perfezionatisi nel vigore della disciplina previgente, ove detta legge riguardi unicamente tali atti.

Il Collegio condivide pienamente detta impostazione, la classificazione bipartita del procedimento amministrativo ivi operata e le conseguenze applicative che se ne sono fatte discendere.

Anche le appellanti hanno dichiarato di condividere sotto il profilo teorico l’ispirazione classificatoria sottesa a detta pronuncia: hanno però criticato la tesi del tribunale amministrativo, secondo cui nel caso di specie ci si troverebbe in presenza di un procedimento amministrativo in senso lato, e la connotazione di "procedimento autonomo" attribuita alla fase istruttoria interna all’Isvap sfociata nella proposta applicativa della sanzione.

Le argomentazioni assertive contenute negli appelli in punto di individuazione della tipologia di procedimento amministrativo tratteggiato dalle antevigenti disposizioni in materia non persuadono il Collegio; esse non appaiono neppure decisive ai fini del decidere.

Se anche si volesse ritenere – aderendo all’impostazione contenuta negli scritti appellatori – che trattavasi di "procedimento amministrativo in senso stretto" laddove l’unitarietà degli atti infraprocedimentali (isolatamente considerati privi di autonomia) era preordinata alla emissione del provvedimento finale (unico ad essere connotato da valenza esterna) ugualmente dovrebbe affermarsi che il Ministero era (ormai divenuto) privo di competenza.

Ciò in adesione al consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo il quale (Consiglio di stato, sez. IV, 20 settembre 2006, n. 5525)" il principio tempus regit actum impone all’amministrazione di applicare la disciplina, anche sopravvenuta, vigente al momento dell’adozione del provvedimento finale".

7.3. Né le prescrizioni di cui all’art. 8 del Regolamento Isvap n. 1/2006 richiamate possono indurre a contrarie conclusioni.

In disparte, infatti, la circostanza che esse non potrebbero certo valere a disciplinare in senso opposto a quello desumibile dalla disposizione di legge (ed in assenza di norma legislativa transitoria) un fenomeno applicativo discendente dalle (gerarchicamente sovraordinate) disposizioni di cui agli artt. 24 e 26 del decreto legislativo n. 28 dicembre 2005, n. 262, è agevole riscontrare che la bipartizione operata nell’art. 8 del citato regolamento non può far discendere l’effetto che i procedimenti per i quali fosse stata già stata resa la proposta applicativa dovessero permanere nella competenza deliberativa ministeriale anche successivamente al 12 gennaio 2006.

7.4. Né d’altro canto può indurre ad un contrario convincimento il paventato effetto di commistione tra funzioni decisorie ed istruttorie laddove si affermi che il Ministero, ormai divenuto incompetente, avesse dovuto restituire gli atti all’Isvap.

Ciò per un triplice ordine di argomenti:

a) il Presidente dell’Isvap sottoscrisse la proposta applicativa delle sanzioni (formulata dalla commissione valutativa delle sanzioni) ma non partecipò direttamente alla fase istruttoria, svolta dal Servizio Vigilanza;

b) tale schema è identico a quello previsto dall’art. 5 del Regolamento n. 1/2006 per i procedimenti avviati successivamente al 12 gennaio 2006 che ha istituito il Servizio sanzioni;

c) anche laddove si voglia ritenere che l’inconveniente relativo alla posizione del Presidente Isvap (che si sarebbe trovato a dovere delibare su una proposta istruttoria che egli in passato aveva sottoscritto inoltandola al Ministero) avesse natura impediente l’ordinamento appresta strumenti per ovviare a tale forma di incompatibilità (astensione, etc).

Tale circostanza, comunque, non può essere idonea a sovvertire il mutato ordine di competenze ascrivibile allo jus superveniens entrato in vigore con effetto immediato.

7.5. Conclusivamente, la pretesa delle appellanti alla applicazione del principio del "fatto esaurito" al procedimento di che trattasi appare inaccoglibile.

Essa postula che, a cagione della circostanza che la fase istruttoria si era legittimamente conclusa secondo le norme illo tempore vigenti, si fosse determinato un radicamento della competenza alla emissione dell’atto finale in capo ad un organo che, secondo la legge vigente al tempo dell’emissione dell’ atto conclusivo predetto aveva ormai perduto il potere di provvedere.

Osserva il Collegio che una simile applicazione del principio tempus regit actum, si risolverebbe non già nella (sola) conservazione dell’atto infraprocedimentale compiuto in aderenza alla regula juris vigente al tempo della sua adozione, ma nella applicazione all’atto finale di una regola giuridica non più vigente al tempo della sua adozione: il che, a ben guardare, è proprio l’esatta negazione del principio tempus regit actum del quale si invoca l’applicazione.

Né, infine, la fondatezza della tesi postulata dalle appellanti può ricavarsi dal disposto di cui all’art. 5 del codice di procedura civile poiché nel procedimento amministrativo non vige il principio, analogo a quello processuale, della "perpetuatio iurisdictionis", secondo il quale è applicabile la normativa vigente al tempo dell’atto d’iniziativa, ma deve invece applicarsi lo "ius superveniens".

A tali considerazioni può aggiungersi che, a cagione della circostanza che il provvedimento ministeriale irrogativo della sanzione doveva essere motivato, neppure potrebbe fondatamente affermarsi -come adombrato negli scritti appellatori- la "secondarietà" od "accessorietà" di questo rispetto alla proposta applicativa dell’Isvap (considerata quale atto sostanzialmente predecisorio e "principale" del procedimento) con conseguente "vis actractiva" delle regole applicabili alla proposta di irrogazione della sanzione anche all’atto finale ad essa susseguente

Il decreto ministeriale "motivato" costituiva invece atto conclusivo della procedura prima prevista che, per le già chiarite ragioni, aveva natura diarchica.

8. Alla stregua delle superiori considerazioni devono essere respinti i riunititi ricorsi in appello, restando assorbita in detta statuizione la disamina delle ulteriori censure investenti il provvedimento impugnato e riproposte nel presente grado di giudizio dall’ appellata compagnia e dal legale rappresentante della medesima.

La particolare complessità e relativa novità delle questioni esaminate legittima la integrale compensazione tra le parti delle spese dell’odierno grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), riunisce gli appelli in epigrafe indicati e li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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