Cons. Stato Sez. VI, Sent., 15-09-2011, n. 5144

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La società ricorrente è titolare, dal 1993, di uno stabilimento sito nel comune di Pomarance dove viene svolta attività di produzione di acido borico e derivati del boro. All’interno allo stabilimento è compresa un’area denominata bacino Canova utilizzata per l’estrazione del salgemma.

Dal 1969 al gennaio del 1994 la miniera è stata coltivata dai titolari dello stabilimento elettrolitico di Saline di Volterra ed in seguito ceduta alla Società C. L. con atto formalizzato il 24 febbraio 1993.

2. Con provvedimento del 7 settembre 1994 il Corpo delle Miniere di Firenze ha rinnovato la concessione per un periodo di 25 anni in favore della Società C. L.. Peraltro, la ricorrente riferisce di avere protratto l’estrazione di salgemma dal bacino Canova solo per pochi mesi, avendo successivamente acquistato direttamente tale materiale sul mercato, e poi ceduto il ramo d’azienda relativo in data 5 dicembre 1995.

3. In data 30 dicembre 1997, dopo aver richiesto ed ottenuto alcuni provvedimenti di sospensione della concessione mineraria in questione, la società ricorrente ha presentato dichiarazione di rinuncia alla concessione, in forza di quanto disposto l’articolo 38 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443. Conseguentemente la medesima ha rinunciato definitivamente alla concessione diventando semplice custode della miniera, rientrata così nella piena disponibilità della competente Autorità mineraria.

Tuttavia, all’atto di rinuncia della concessione, nonostante il decorso di un lungo lasso di tempo, non ha mai fatto seguito il decreto di accettazione, né da parte dell’Autorità mineraria statale né di quella regionale, alla prima succeduta per effetto dell’articolo 34 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

4. Pur essendosi astenuta dallo svolgimento di ogni attività estrattiva, la società deducente ha ricevuto le note del 28 novembre 2003 con cui la Regione Toscana ha richiesto il pagamento dell’imposta regionale sulle concessioni del demanio e del patrimonio dello Stato per il periodo 1998 al 2003, per complessivi Euro 27.117,23, nonché le relative sanzioni quantificate in Euro 4.309,13.

5. A fronte delle rimostranze avanzate dalla società ricorrente, l’amministrazione regionale mineraria con nota del 25 febbraio 2004, pur dando atto della presentazione di un atto di rinuncia alla concessione da parte della società interessata, ha affermato che "tale richiesta è sospesa in attesa che venga assolto il pagamento richiesto dall’Agenzia del demanio – Filiale di Livorno con nota n. 5633 del 3 giugno 2002, a titolo di risarcimento del danno al giacimento salino" e precisando che la ricorrente sarebbe tenuta pagamento dei canoni di concessione e delle relative imposte regionali sino a quando non interverrà il decreto di accettazione della rinuncia alla concessione.

6. Con separato gravame proposto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Firenze la società ricorrente ha contestato la legittimità delle pretese relative all’aspetto tributario della questione.

7. Successivamente, recependo le considerazioni e i contenuti nella nota del 25 febbraio 2004, l’Amministrazione mineraria, con nota del 21 aprile 2004, n. 124/50873/14, ha richiesto alla società ricorrente il pagamento dei canoni minerari per il periodo 2004/2005, nonché una somma a titolo di conguaglio per quelli relativi all’anno 2003.

8. A tali richieste ha poi fatto seguito l’atto con il quale l’Amministrazione finanziaria regionale ha intimato alla ricorrente il pagamento della complessiva somma di euro 14.753,29 asseritamente dovuta titolo di canoni minerari per gli anni dal 2001 al 2004.

9. Contro tali atti ricorre la società C. Lardarello s.r.l. ha proposto ricorso innanzi al T.a.r. Toscana, il quale, con la sentenza di estremi indicati in epigrafe, ha respinto il gravame.

10. Per ottenere la riforma di tale sentenza la società C. Lardarello s.r.l. ha proposto appello al Consiglio di Stato.

Alla pubblica udienza del 12 luglio 2011, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

11. L’appello merita accoglimento.

12. L’art 38 del r.d. 29 luglio 1927, n. 1443 (c.d. legge mineraria) prevede che "il concessionario che intenda rinunciare alla concessione deve farne dichiarazione al Ministro per l’economia nazionale, senza apporvi condizione alcuna. (…) L’ingegnere capo del distretto verifica lo stato della miniera e prescrive i provvedimento di sicurezza e conservazione che crede necessari".

L’art. 16, comma 5, del d.P.R. 18 aprile 1994, n. 382 prevede a sua volta che "l’ingegnere capo per i giacimenti minerari di interesse locale o il Ministero per i giacimenti minerari di interesse nazionale provvede con decreto all’accettazione della rinuncia, rispettivamente entro quaranta e cinquanta giorni dalla data richiesta del titolare del permesso".

13. Dalle norme citate emerge che l’Amministrazione, a fronte della dichiarazione di rinuncia alla concessione da parte del concessionario, ha solo il potere di verificare lo stato dei luoghi, ed eventualmente prescrivere i provvedimenti per la messa in sicurezza e per la conservazione ritenuti necessari (procedendo, in caso di inosservanza delle misure impartite, all’esecuzione di ufficio in danno del concessionario rinunciante).

Deve escludersi, invece, che l’Amministrazione possa sospendere il procedimento in questione sino a quanto il concessionario non assolva al pagamento di quanto richiesto a titolo di risarcimento di un eventuale danno ambientale (nella fattispecie, peraltro, ancora da dimostrare).

Non è infatti il procedimento di rinuncia alla concessione la sede deputato al risarcimento dell’ipotizzato danno ambientale: anche in presenza di un danno all’ambiente, l’Amministrazione ha comunque il dovere di concludere il procedimento di rinuncia, salvo il potere di ordinare, come si è detto, eventuali misure per la messa in sicurezza o la conservazione del sito, e di far valere la pretesa risarcitoria con gli strumenti all’uopo predisposti dall’ordinamento.

Nel caso di specie, pertanto, l’atto di sospensione adottato dalla Regione si rivela senz’altro illegittimo, perché adottato in carenza di potere. Esso, come tale, è inidoneo a sortire alcun effetto interruttivo o sospensivo sul termine di quaranta giorni previsto per la conclusione del procedimento che ha avvio con la dichiarazione di rinuncia. Tra la rinuncia alla concessione e l’eventuale obbligo in capo alla società di risarcire il menzionato dano ambientale non vi è infatti alcun nesso di pregiudizialità né logica, né giuridica.

15. Le censure dell’appellante sono fondate anche laddove sostengono che lo spirare del termine di quaranta giorni (in assenza di un valido atto interruttivo) abbia effetti analoghi a quelli del silenzioassenso, determinando una tacita presa d’atto della dichiarazione di rinuncia.

A tale conclusione depone, in primo luogo, la considerazione che l’art. 38 della legge mineraria prevede una dichiarazione – e non un’istanza – di rinuncia, a fronte della quale l’Amministrazione non ha alcuna discrezionalità, dovendosi limitare (salva l’eventuale adozione di provvedimenti per la messa in sicurezza e la conservazione) ad una presa d’atto.

In secondo luogo, deve rilevarsi che, per effetto dell’art. 20 legge n. 241/1990 (come novellato dalla legge n. 80/2005), nei procedimenti amministrativi ad istanza di parte vige la regola del silenzioassenso, a maggior ragione nei casi in cui, come nella presente fattispecie, l’Amministrazione non goda di alcun margine di discrezionalità.

16. Nella presente fattispecie, il procedimento di rinuncia avviato dalla società ricorrente il 30 dicembre 1997, è stato espressamente sospeso (dopo una prima riciresta di chiarimenti inviata con nota 12 gennaio 1998, prot. n. 94) solo ed unicamente con la nota del 23 febbraio 1998, prot. n. 549, con la quale l’ingegnere capo del distretto minerario di Firenze, a fronte dell’integrazione documentale inviata dalla ricorrente, ha richiesto la trasmissione di specifica documentazione complementare attinente, in particolar modo, ai profili giudiziari connessi ad un episodio di inquinamento segnalato nella zona. Tale documentazione integrativa è stata inviata dalla società ricorrente in data 9 aprile 1998 e ricevuta il giorno successivo dal Distretto minerario di Firenze (come risulta attestato dal timbro di ricevimento apposto sulla copia della sentenza della Pretura circondariale di Pisa), e, comunque, sicuramente prima del 17 luglio 1998, atteso che nella nota del 17 luglio 1998, prot. n. 2044 l’ingegnere capo reggente del corpo delle miniere ha dato espressamente atto "di aver acquisita ed esaminata la documentazione di cui sopra".

E’ evidente, quindi, che il termine di conclusione del procedimento è, al più tardi, ripreso a decorrere in data 17 luglio 1998, con la conseguenza che la rinuncia deve ritenersi perfezionata a far data dal 27 agosto 1998.

A partire da quella data, la pretesa della società ricorrente a non pagare i canoni di concessione deve, di conseguenza, ritenersi fondata. Anche sotto questo profilo, quindi, l’appello risulta fondato.

17. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello va, pertanto, accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso proposto in primo grado.

18. La novità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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