Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-07-2011) 09-08-2011, n. 31677

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Trieste, con sentenza in data 9/2/2009, confermava la sentenza del Tribunale di Gorizia, in data 14/4/2005, appellata da C.T., dichiarato corresponsabile del reato di pornografia minorile (art. 600 ter c.p.) per aver distribuito o comunque divulgato per via telematica materiale pornografico avente ad oggetto minori degli anni 18 ritratti nel corso di rapporti sessuali tra loro o con adulti, consistente in centinaia di foto e decine di video), detenzione di materiale pornografico relativo a minori (art. 600 quater c.p.), truffa ai danni dello Stato, per essersi connesso a Internet, per fini privati e personali, per un arco temporale considerevole durante l’espletamento dei turni di servizio come centralinista presso la sezione di Polizia Stradale di Gorizia e condannato, ritenuta la continuazione tra i reati, concesse le attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, con la diminuente del rito, alla pena di anni uno, mesi otto di reclusione e Euro 20.000 di multa, con la sospensione condizionale della sola pena detentiva.

La Corte di cassazione, con sentenza in data 8/9/2009, n. 42.305, rigettava il ricorso dell’imputato.

Il difensore proponeva ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p., deducendo i seguenti motivi:

a) mancanza della notifica all’imputato (contumace) e non presente all’udienza del 29/10/2008, per la successiva udienza dibattimentale del 9/2/2009 dinanzi alla Corte di appello di Trieste, sempre nell’assenza dell’imputato;

b) omessa valutazione del "giudicato cautelare" laddove il Tribunale del riesame riconosce che i fatti rientrano nell’ipotesi in cui all’art. 600 ter c.p., comma 4, e non di cui all’art. 600 ter c.p., comma 2, per cui l’arresto domiciliare era da considerarsi illegale, avendo la Corte individuato un fatto inesistente, non trattandosi della realizzazione di uno "sito" a cui tutti possono accedere, ma di una "sessione di chat" che avviene tra due persone, senza che nessuno possa inserirsi in questo tipo di comunicazione e, quindi, non poteva esservi divulgazione nè distribuzione di materiale, senza che tale diverso fatto risulti contestato nei capi d’imputazione;

c) inutilizzabilità della prova derivante dall’accertamento di pubblici ufficiali permessa dalla legge solo per l’accertamento dell’art. 600 ter c.p., comma 3, e non per il comma quattro del medesimo articolo;

d) omessa rilevazione della prescrizione con riferimento al reato di cui al capo b), commesso in 4/12/2001;

e) prescrizione non maturata nel periodo della sospensione feriale dal 1.8.2009 al 15/9/2009.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

A norma dell’art. 625 bis c.p.p., comma 1, "è ammessa, a favore del condannato, la richiesta per la correzione dell’errore materiale o di fatto contenuto nei provvedimenti pronunciati dalla Corte di Cassazione". Si deve, invero, rilevare che non appare per nulla evidente, anzi va decisamente esclusa, la sussistenza dell’errore di fatto denunciato. Infatti, ai fini dell’ammissibilità del ricorso straordinario per errore di fatto, è necessario che sia denunciata una disattenzione di ordine meramente percettivo, causata da una svista o da un equivoco, la cui presenza sia immediatamente ed oggettivamente rilevabile in base al semplice controllo del contenuto del ricorso, e che abbia determinato una decisione diversa da quella adottata senza di essa, per cui deve escludersi che il rimedio in oggetto possa essere utilizzato al fine di denunciare un errore di valutazione. (Sez. 3, Sentenza n. 35509 del 21/06/2007 Cc. – dep. 25/09/2007 – Rv. 237514). Nel caso di cui ci si occupa non sussiste l’errore denunciato in ricorso con riferimento a tutte le doglianze del ricorrente.

1) Con riferimento al primo motivo di ricorso, in caso di rinvio del procedimento, dopo la dichiarazione di contumacia, non occorre alcuna comunicazione della data del rinvio all’imputato contumace,nel caso in cui sia presente in udienza il difensore, anche d’ufficio, dell’imputato per il principio della rappresentanza da parte del difensore dell’imputato contumace che è stato generalizzato dal legislatore con l’inserimento di apposita previsione nell’art. 420 quater c.p.p., ed esteso ad altre fasi processuali, ribadendosi la sua applicazione alla fase del dibattimento con il richiamo a tale articolo contenuto nell’art. 484 dello stesso codice.

E’ indiscutibile, quindi, che il difensore rappresenti l’imputato nel corso delle udienze dibattimentali e in caso di rinvio in prosecuzione del processo ad altra udienza, l’omesso formale avviso all’imputato contumace della celebrazione della successiva udienza non è equiparabile all’omessa citazione e non integra nullità assoluta ed insanabile di cui all’art. 178 c.p.p., lett. c), giacchè l’avviso orale del rinvio ex art. 477 c.p.p., comma 3, ha lo stesso effetto della citazione a comparire per la nuova udienza "per coloro che sono comparsi o debbono essere considerati presenti".

La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 42309/2009 motiva correttamente al riguardo (pag. 1-2 sentenza) senza che possa ravvisarsi alcuna svista o errore.

2) Irrilevante, ai fini della revocazione della sentenza, appare il riferimento al "giudicato cautelare" formatosi a seguito della decisione del Tribunale della libertà, con riferimento alla scarcerazione dell’imputato, avendo la sentenza della Corte di appello confermato quella del Tribunale con riferimento alla sospensione condizionale della pena detentiva.

3) Anche gli ulteriori motivi sono manifestamente infondati.

Non risultano, anzitutto, in forza del’autosufficienza del ricorso, prodotti i ricorsi da cui desumere che le relative censure erano state già sollevate nei gradi di giudizio di merito.

Anche rispetto alle questioni rilevabili d’ufficio il potere officioso del giudice attiene solo al riconoscimento degli effetti giuridici dei fatti, che tuttavia debbono essere pur sempre allegati dalle parti (Cass., sez. un., 3 febbraio 1998, n. 1099, m. 515986, Cass., sez. un., 23 gennaio 2002, n. 761, m. 551789).

Il potere di allegazione rimane riservato esclusivamente alla parte anche rispetto ai fatti costitutivi di eccezioni rilevabili d’ufficio, perchè il giudice può surrogare la parte nella postulazione degli effetti giuridici dei fatti allegati, ma non può surrogarla nell’onere di allegazione, in particolare con riferimento a questioni che non risultino altrimenti controverse.

Il C., peraltro, risulta imputato e condannato anche per il reato di cui all’art. 600 ter c.p., comma 3, (capo a) per cui la relativa doglianza non ha pregio.

4) Integra un errore di fatto di natura percettiva, che legittima la proposizione del ricorso straordinario a norma dell’art. 625 bis c.p.p., l’omesso esame, da parte della Corte di cassazione, della questione della prescrizione del reato, a causa della mancata rilevazione del "dies ad quem", purchè la decisione in ordine alla causa estintiva non sia soggetta ad alcuna valutazione giuridica o di fatto, ma ad una mera presa d’atto dell’avvenuto decorso del termine prescrizionale nel giudizio di cassazione. Occorre la verifica di una non diversa valutazione dei giudici del merito e la valutazione dell’esistenza o meno di cause di interruzione ovvero di sospensione della prescrizione, quale i rinvii di udienza per ragioni addebitatali all’imputato o alla sua difesa, quale il legittimo impedimento dell’imputato a presentarsi all’udienza del 14.5.2008, il computo del termine di sospensione, alla luce dei requisiti di cui all’art. 159 c.p., comma 3) sono, invece, attività prettamente a contenuto valutativo, che richiedono un apprezzamento anche discrezionale suscettibile di previo contraddicono e, come tale, insuperabilmente diverso dal mero controllo formale di immediata e indiscutibile evidenza.

Anche nel caso in cui venga dedotta la insussistenza di cause di sospensione dal reato e onere del ricorrente (che non via ha adempiuto) allegare al ricorso copia dei verbali di udienza da cui desumere tale affermazione, altrimenti non verificabile dalla Corte di cassazione. In tali casi, la prescrizione, per le sua peculiarità, presenta indubbiamente una serie di problematiche di fatto e giuridiche e non è pensabile che possano essere fatte valere, in sede di ricorso straordinario, senza la produzione dello documentazione di riscontro, non essendo questa Corte, investita del ricorso straordinario, nella materiale condizione di prendere visione del fascicolo processuale del processo nell’ambito del quale si assume essere maturata la prescrizione.

Dev’essere, quindi, onere della parte – che ha la disponibilità del fascicolo o comunque la possibilità di accedervi – anche in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, allegare e produrre tutta la documentazione sulla base della quale verificare la fondatezza o meno del ricorso straordinario, allegazione che consiste, ad es. nel produrre le sentenze di merito (al fine di verificare se e in che termini sia mai stata sollevata questione sulla prescrizione o comunque questioni su di essa influente, come ad es. la data del commesso reato), i verbali del dibattimento di primo e secondo grado (al fine di verificare se siano stati concessi rinvii che potrebbero avere determinato delle sospensioni) e comunque ogni altra eventuale documentazione ritenuta utile ai fini della decisione. Applicando, ora, al caso di specie i suddetti principi, deve osservarsi che il ricorrente, non ha assolto al suddetto onere probatorio perchè, ad es., pur affermando che non si erano verificate cause di sospensione, questa Corte non è stata messa in grado di verificare e controllare la suddetta affermazione.

Alla luce di tali principi va rilevata la inammissibilità del ricorso straordinario proposto nell’interesse del C..

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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