Cass. pen., sez. III 12-12-2006 (13-07-2006), n. 40434 Natura – Reato proprio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Messina, con sentenza del 20.9.2005, in parziale riforma della sentenza 23.12.2004 del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto – Sezione distaccata di Milazzo:

a) ribadiva l’affermazione della responsabilità penale di G? L? in ordine ai reati di cui:

– all’art. 163 D.Lgs. n. 490/1999 (per avere eseguito lavori edilizi, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, senza la prescritta autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo – in Monforte San Giorgio, in data anteriore e prossima al 14.5.2002);

– agli artt. 9,10,17,18 e 20 legge n. 64/1974 (per avere eseguito i medesimi lavori senza darne avviso all’Ufficio del Genio Civile, senza la preventiva autorizzazione scritta di tale Ufficio e senza la preventiva presentazione dei calcoli di stabilità)

b) con le già riconosciute circostanze attenuanti generiche ed essendo stati unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., confermava la condanna alla pena complessiva di giorni 60 di arresto ed euro 18.000.00 di ammenda, con la concessione dei doppi benefici di legge ;

c) revocava gli ordini di demolizione delle opere abusive e di rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il G?, il quale ha eccepito:

– violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p., nonché vizio di motivazione, quanto alla denunziata diversità tra i fatti descritti nel decreto che ha disposto il giudizio e quelli per i quali è stata pronunciata condanna: egli, in vero era stato chiamato a rispondere delle contravvenzioni specificate in epigrafe quale proprietario dell’immobile interessato da lavori edilizi o committente di tali lavori, mentre era stato poi ritenuto responsabile nella qualità di direttore dei lavori medesimi, pur non essendogli stata contestata un’ipotesi di concorso ex art. 110 cod. pen.;

– La prescrizione delle contravvenzioni alla legge n. 64/1974 già al momento della pronuncia di secondo grado.

Motivi della decisione

1. L’impugnata sentenza deve essere annullata senza rinvio, limitatamente ai reati di cui alla legge n. 64/1974 (capo C della rubrica), perché estinti per prescrizione.

Trattasi di contravvenzioni punite con sola ammenda, commesse in epoca anteriore al 14.5.2002, sicché il termine massimo prescrizionale (di anni tre, ex artt. 157 e 160, ultimo comma, cod. pen.), si è definitivamente compiuto il 14.5.2005, cioè in epoca antecedente alla pronuncia della stessa sentenza impugnata.

Non può tenersi conto delle sospensioni disposte ai sensi dell’art. 44 della legge n. 47/1945, perché si applicano i principi fissati dalle Sezioni Unite di questa Corte Suprema – con la sentenza 24.11.1999, n. 22, ric. Sadini – secondo cui, ove (come nella fattispecie in esame) non sussistano i presupposti del condono edilizio, "non solo non può essere applicata la sanatoria ma neppure può ritenersi la sospensione del procedimento penale (con le ovvie conseguenze con riguardo alla prescrizione del reato) e ciò indipendentemente dal fatto che il giudice abbia disposto o negato la sospensione del procedimento dovendosi nel primo caso ritenere la sospensione inesistente".

In seguito alla pronuncia di prescrizione dei reati sismici deve essere eliminata la pena di euro 6.000,00 di ammenda, inflitta per tali reati ex art. 81 cpv. cod. pen.

A norma dell’art. 101 del D.P.R. n. 380/2001 (già art. 26 della legge n. 64/1974), copia della presente sentenza deve essere trasmessa all’Ufficio tecnico della Regione Siciliana per le determinazioni di competenza.

2. Il ricorso, invece deve essere rigettato nel resto, poiché infondato.

2.1 Correttamente, infatti nella specie, la Corte territoriale non ha ravvisato violazione dell’art. 521 c.p.p.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema il principio della correlazione tra fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza non va inteso in senso rigorosamente formale o meccanicistico ma, conformemente al suo scopo ed alla sua funzione, in senso realistico e sostanziale.

La verifica dell’osservanza di detto principio non può esaurirsi, quindi, in un pedissequo e mero confronto puramente letterale tra contestazione e sentenza, ma va condotta sulla base della possibilità assicurata all’imputato di difendersi in relazione a tutte le circostanze del fatto, sicché deve escludersene la violazione ogni volta che non sia ravvisabile pregiudizio delle possibilità di compiuta difesa.

Le Sezioni Unite – con la sentenza n. 16 del 22.10.1996, ric. Di Francesco – anno affermato in particolare che "con riferimento al principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto, occorre una trasformazione radicale nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, si da pervenire ad un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione" e " ? vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione".

Nella specie, i contenuti essenziali dell’addebito erano fin dall’origine riferiti al specifici lavori eseguiti in mancanza di provvedimenti abilitativi (parametro di riferimento dell’attività difensiva) ed in ordine a tale accusa l’imputato ha avuto piena possibilità di difendersi attraverso la prospettazione de una propria assoluta estraneità ovvero l’illustrazione dei limiti del suo effettivo contributo causale.

2.2. Il reato di cui all’art. 163 D.Lgs. n. 490/1999 (attualmente art. 181, comma 1, del D. Lgs. n. 42/2005) (rectius D. Lgs. n. 42/2004) non è un "reato proprio" e non ha come destinatari soltanto i proprietari del bene vincolato ed i soggetti a questi equiparati, ovvero i committenti di "lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici".

Esso può essere anche commesso, invece, da qualsiasi altro soggetto che, pur non essendo titolare di poteri o facoltà sul bene protetto, può di fatto, con il proprio comportamento, modificare la condizione materiale o giuridica dello stesso nel senso vietato dalla norma. Questa, infatti, è rivolta a "chiunque" trasgredisca le disposizioni poste a tutela degli immobili vincolati e, quindi, anche al terzo che non si ponga in rapporto qualificato (sia pure di mero possesso) con la cosa.

P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione

visti gli artt. 607, 615 e 620 c.p.p.,

annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alle contravvenzioni di cui alla legge n. 64/1974 (capo C della rubrica), perchè estinte per prescrizione, ed elimina la relativa pena di euro 6.000,00 di ammenda.

Rigetta il ricorso nel resto.

Dispone la trasmissione di copia della sentenza all’Ufficio tecnico della Regione Siciliana.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *