Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 15-09-2011, n. 557 Concessione per nuove costruzioni contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La società ricorrente chiedeva, in sede di giudizio di primo grado, l’accertamento del diritto alla restituzione delle somme dalla stessa versate al Comune di Messina a titolo di interessi legali, corrisposti per il ritardato versamento degli oneri contributivi afferenti alla concessione edilizia n. 12554 del 21 settembre 1994, e la conseguente condanna dell’intimata amministrazione al rimborso della somma di Lire 47.509.171, a tal titolo versata.

Deduceva la ricorrente, in particolare, che, a norma della specifica e puntuale disposizione portata dall’art. 50 L.R. n. 71/78, andava escluso il diritto alla percezione degli interessi legali sugli oneri contributivi e sulle somme dovute a titolo di sanzione (nel caso l’aumento di un terzo del contributo di cui alla lettera c) della predetta disposizione), perché ivi non previsti, e perché l’applicazione congiunta della sanzione e degli interessi avrebbe determinato un’inammissibile duplicazione della penalità.

2. Con la sentenza impugnata, in epigrafe indicata, il ricorso è stato giudicato infondato e quindi rigettato, non risultando vietata l’applicazione di interessi, né potendosi configurare una duplicazione della sanzione, costituendo gli interessi legali un mero accessorio di legge.

3. L’Editalia ha interposto l’appello in trattazione avverso la predetta pronunzia, insistendo sulla circostanza che la richiesta di restituzione delle somme pretese ed incamerate a titolo di interessi legali per il ritardo nel pagamento degli oneri concessori era palesemente legittima, non potendosi aggiungere all’applicazione ex lege della sanzione amministrativa alcuna ulteriore penalità o addebito di interessi.

4. Il Comune intimato si è costituito in giudizio per resistere all’appello.

Alla pubblica udienza del 6 aprile 2011 il ricorso in appello è stato introitato per la decisione.

Motivi della decisione

1. L’appello merita accoglimento.

Merita, anzitutto, ripercorrere l’iter argomentativo che ha portato il TAR di Catania a formulare un responso di infondatezza delle censure, e quindi di rigetto del ricorso.

Secondo la disposizione contenuta nella lettera c) dell’art. 50 della L.R. n. 71/78, se il ritardo della corresponsione del contributo concessorio si protrae oltre il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine, è dovuta, in aggiunta al contributo medesimo, una somma pari ad un terzo del suo importo. In altri termini, l’Amministrazione comunale, al sessantunesimo giorno, diviene titolare di un credito pecuniario complessivo risultante dalla somma degli importi dovuti a titolo di contributo concessorio ed a titolo di sanzione amministrativa.

La somma così risultante può essere corrisposta immediatamente al sessantunesimo giorno (e quindi non essere soggetta all’applicazione degli interessi), ovvero successivamente.

In tale ultima evenienza, che è quella che afferisce alla vicenda in esame, andrebbe disposta invece l’applicazione degli interessi al tasso legale ai sensi dell’art. 1282, comma 1, c.c. ("I crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto, salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente").

Detta disposizione civilistica di carattere generale, in mancanza di una specifica disciplina di settore, sarebbe applicabile anche alle sanzioni amministrative pecuniarie una volta sorta l’obbligazione ex lege di pagare una certa somma di denaro, non potendo essere patrimonialmente e funzionalmente indifferente per l’Amministrazione conseguirla immediatamente ovvero a distanza di tempo (in tema, cfr. Cons. Stato, V, 18 dicembre 2003, n. 8345).

Nella fattispecie, il credito sarebbe certo, liquido ed esigibile e la citata norma dell’art. 50 non vieterebbe l’applicazione degli interessi, nel caso di specie meramente corrispettivi.

Né al riguardo si configurerebbe una duplicazione della sanzione, poiché gli interessi legali costituiscono un mero accessorio di legge, correlato nel suo ammontare al passare del tempo, su un importo già determinato secondo legge ed ancorato ad una ben precisa data di debenza.

Infine, andrebbe escluso che il diritto dell’Amministrazione a richiedere gli interessi legali possa essere condizionato alla preventiva messa in mora della debitrice, poiché, si ripete, l’art. 1282 c.c. prevede che un credito liquido ed esigibile di somme di denaro produce interessi in via automatica, e cioè senza che sia necessario, per conseguirne il pagamento, un preventivo atto di messa in mora.

2. Le argomentazioni della società appellante meritano condivisione, nei sensi e limiti appresso indicati, e sono comunque idonee a scalfire l’impianto motivazionale della sentenza di prime cure appena descritto.

Non può dimenticarsi, anzitutto, che il legislatore ha in effetti puntualmente disciplinato le conseguenze per il mancato o tardivo pagamento degli oneri concessori, di cui agli artt. 5 e 6 della legge n. 10 del 1977, prevedendo, a seconda del ritardo accumulato:

a) la corresponsione degli interessi legali di mora se il versamento avviene nei successivi trenta giorni;

b) la corresponsione di un penale pari al doppio degli interessi legali qualora il versamento avvenga negli ulteriori trenta giorni;

c) l’aumento, infine, di un terzo del contributo dovuto, quando il ritardo si protragga oltre il termine di cui alla precedente lettera b).

Orbene, va dato anzitutto rilievo al fatto che la legge non prevede esplicitamente, nel caso della richiamata lettera c), l’applicazione di alcuna ulteriore penalità o l’addebito di interessi, ancorché corrispettivi e nella sola misura legale, in favore dell’Amministrazione.

Risulta, peraltro, che quest’ultima alla scadenza dei termini di pagamento è rimasta inerte, senza attivarsi per la riscossione né avvalersi delle polizze fideiussorie depositate a garanzia dell’adempimento.

3. La società ricorrente richiama, poi, un orientamento giurisprudenziale di primo grado, ad avviso del quale la maggiorazione del contributo concessorio, prevista dall’art. 3 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, non ha carattere sanzionatorio ma è una penale convenzionale ex art. 1382 c.c., con la conseguenza che essa rappresenta una liquidazione anticipata e forfetaria del danno derivante dal ritardo nel pagamento degli oneri concessori ed assorbe perciò sia gli interessi sia l’eventuale danno ulteriore (ma ciò solo fino al giorno della maturazione della maggiorazione, atteso che l’eventuale prolungamento del ritardo comporta che, a partire da quel giorno, maturano gli interessi sull’intero credito: cfr. TAR Umbria 24 ottobre 2002, n. 752).

In realtà, non pare necessario scomodare l’istituto della clausola penale, di cui al citato art. 1382 c.c., con la quale si conviene che, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto ad una determinata prestazione.

Detta clausola, come è noto, ha l’effetto di limitare il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento ( art. 1218 c.c.) alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore, e svolge dunque la funzione di liquidazione preventiva del danno, essenzialmente facendo risparmiare al contraente-creditore, che chieda il risarcimento alla controparte, debitore inadempiente, la prova dell’ammontare del danno stesso.

Non solo, la clausola esonera addirittura dalla prova sull’esistenza del danno, poiché il comma 2 dello stesso art. 1382 afferma che essa opera indipendentemente da detta prova. La clausola dunque opera a favore del contraente creditore, che può pretendere la determinata prestazione anche se dall’inadempimento sia derivato un danno di valore inferiore o addirittura se non sia derivato alcun danno; ma, se non sia stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore, può risolversi in favore della parte inadempiente giacché il danno effettivo può essere superiore alla prestazione convenuta (analoghe funzioni caratterizzano la caparra confirmatoria, prevista nell’art. 1385 c.c., la quale però esercita maggiormente il ruolo di stimolo all’adempimento, atteso che il contraente non inadempiente, anziché ritenere la caparra ricevuta o pretendere il doppio della caparra data, può pretendere l’esecuzione o la risoluzione del contratto, ed in tal caso il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali, ossia dagli artt. 1223 ss. c.c.).

4. In verità, nella fattispecie, non sembra dover trovare applicazione l’istituto della penale civilistica su base convenzionale, assistendosi, invece, all’applicazione di penali di tipo pubblicistico, i cui contenuti prestazionali, nel rispetto dei principi di matrice costituzionale, sono fissati dalla legge stessa e pertanto, a tutela del soggetto inciso, sono assorbenti e non ammettono deroghe in senso aggiuntivo, anche se relativamente alla mera corresponsione di interessi corrispettivi connessi alla liquidità ed esigibilità del credito.

L’art. 3 della legge n. 47 del 1985 delinea, del resto, un sistema autosufficiente di sanzioni amministrative pecuniarie (abrogato e riassorbito, a decorrere dal 30 giugno 2002, dal T.U. di cui al D.P.R. n. 380/2001) per i casi di ritardo del versamento del contributo di concessione edilizia, che si distinguono a seconda dell’entità del ritardo (cfr. Cass. civ., I, 6 novembre 2006, n. 23633).

Non a caso la Corte dei Conti ha chiarito che in ipotesi di ritardata riscossione dei contributi in questione non è configurabile un danno per mancata esazione di interessi e rivalutazione monetaria sui contributi stessi, proprio perché la conseguenza del ritardo è sanzionata (omnicomprensivamente) dalle specifiche sanzioni amministrative pecuniarie di cui al citato art. 3 L. n. 47/85 (Corte conti, Sez. giur. Calabria, 14 maggio 1993, n. 20).

In questo modo, vengono a trovare applicazione, peraltro, principi non dissimili a quelli vigenti in materia di sanzioni amministrative per violazioni tributarie (si veda, in particolare l’art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 472/97, secondo cui la sanzione irrogata a titolo di sanzione amministrativa non produce comunque interessi).

5. Ma un altro elemento che depone in favore dell’accoglimento dell’appello è costituito dall’avvenuta violazione dei doveri di correttezza ricadenti in capo anche al creditore (perdipiù nella specie soggetto pubblico) in base all’art. 1175 c.c.; doveri che avrebbero imposto al medesimo di rendere meno gravosa possibile la posizione del debitore nell’adempiere un’obbligazione, potendosi avvalere tra l’altro, come accennato, di una garanzia fideiussoria sul pagamento dei contributi.

Il tutto risulta in linea con un precedente giurisprudenziale di appello che risulta ben attagliarsi alla fattispecie in argomento (Cons. Stato, V, 5 febbraio 2003, n. 571).

Va anche rimarcato, infine, che l’Amministrazione in alcun modo si è attivata per la riscossione coattiva del credito, limitandosi solo a pretendere gli interessi legali sulla sanzione amministrativa inflitta.

6. L’appello, in definitiva, per i motivi che precedono, può essere accolto e per l’effetto deve essere dichiarato il diritto della società ricorrente alla restituzione delle somme pretese e riscosse dal Comune di Messina a titolo di interessi legali sulla sanzione inflitta, con relativa condanna del Comune medesimo alla predetta restituzione ed al pagamento degli interessi secondo legge dal dovuto sino all’effettivo soddisfo. Ritiene, altresì, il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possano essere assorbiti in quanto ininfluenti ed irrilevanti ai fini della decisione. Attesa la peculiarità della controversia e la non linearità dei precedenti giurisprudenziali, possono compensarsi le spese di giudizio tra le parti, relativamente ad entrambi i gradi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in appello in epigrafe nei sensi di cui in motivazione.

Spese dei due gradi di giudizio compensate tra le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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