Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13-07-2011) 09-08-2011, n. 31600

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In data 7 febbraio 2011 la Corte d’appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza del 18 marzo 2010 del Tribunale di Verona, riduceva le pene inflitte agli imputati per una rapina commessa in un’agenzia di banca il (OMISSIS) (capo A), la ricettazione ed porto abusivo di due pistole con i segni identificativi parzialmente modificati o mancanti (capo B) e per la ricettazione dell’autovettura, di provenienza furtiva, usata per commettere la rapina (capo C).

Avverso tale sentenza hanno separatamente proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati.

Il B. contesta unicamente la sua responsabilità in ordine alla contestata ricettazione e deduce sul punto il vizio di motivazione della sentenza impugnata, argomentando che non vi sarebbe stata prova alcuna dell’effettiva consapevolezza, da parte sua, della provenienza illecita dell’autovettura fornita dal P. ed impiegata per compiere la rapina.

Il P. lamenta, invece, che il giudice di appello avrebbe ingiustamente negato l’acquisizione di alcune prove decisive, consistenti (a) in una perizia antropometrica di confronto fra lui stesso e l’uomo ripreso dalle telecamere a circuito interno della banca e (b) nella verifica della cella cui era agganciato il suo cellulare in occasione di una telefonata fattagli dalla polizia giudiziaria mentre lo ricercava successivamente alla rapina e durante la fuga. Inoltre, al pari del coimputato, si duole del difetto di motivazione in ordine alla provenienza delittuosa dell’autovettura oggetto del reato di cui al capo C).

Tutte le censure contenute in entrambi i ricorsi sono infondate.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che ricorre il vizio di motivazione illogica o contraddittoria solo quando emergono elementi di illogicità o contraddizioni di tale macroscopica evidenza da rivelare una totale estraneità fra le argomentazioni adottate e la soluzione decisionale (Cass. 25 maggio 1995, n. 3262). In altri termini, occorre che sia mancata del tutto, da parte del giudice, la presa in considerazione del punto sottoposto alla sua analisi, talchè la motivazione adottata non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui la decisione è fondata e non contenga gli specifici elementi esplicativi delle ragioni che possono aver indotto a disattendere le critiche pertinenti dedotte dalle parti (Cass. 15 novembre 1996, n. 10456).

Queste conclusioni restano ferme pur dopo la L. n. 46 del 2000 che, innovando sul punto l’art. 606 c.p.c., lett. e) consente di denunciare i vizi di motivazione con riferimento ad "altri atti del processo": alla Corte di cassazione resta comunque preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi o diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa, dovendosi essa limitare a controllare se la motivazione dei giudici di merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito, (ex plurimis: Cass. 1 ottobre 2008 n. 38803).

Quindi, pur dopo la novella, non hanno rilevanza le censure che si limitano ad offrire una lettura alternativa delle risultanze probatorie, dal momento che il sindacato della Corte di cassazione si risolve pur sempre in un giudizio di legittimità e la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione non può essere confusa con una nuova valutazione delle risultanze acquisite. La Corte, infatti, non deve accertare se la decisione di merito propone la migliore ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v. Cass. 3 ottobre 2006, n. 36546;

Cass. 10 luglio 2007, n. 35683; Cass. 11 gennaio 2007, n. 7380).

La motivazione è invece mancante non solo nel caso della sua totale assenza, ma anche quando le argomentazioni addotte dal giudice a dimostrazione della fondatezza del suo convincimento siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate dall’interessato con i motivi d’appello e dotate del requisito della decisività (Cass. 17 giugno 2009, n. 35918).

Nessuno di tali vizi ricorre nel caso di specie, dal momento che il giudice di appello ha esposto un ragionamento argomentativo coerente, completo e privo di discontinuità logiche.

Infatti, la Corte d’appello ha enucleato una serie di elementi di accusa che le hanno consentito di identificare il P. quale complice del B. (quest’ultimo arrestato nella quasi flagranza del delitto e reo confesso in ordine alla rapina). L’elemento più significativo è costituito dalla sua certa presenza a bordo di una autovettura Volkswagen Passat a lungo inseguita dalle forze dell’ordine ed identificata con quella usata dai rapinatori per la fuga. Sebbene l’arresto in quasi flagranza di reato abbia riguardato il solo B. (sceso dalla vettura durante l’inseguimento), vari elementi di riscontro fondano il giudizio che individua il P. nel conducente dell’autovettura; fra questi, il principale è costituito dal riconoscimento visivo effettuato da alcuni agenti delle forze dell’ordine.

A fronte di un complesso quadro probatorio, la Corte di merito ha ritenuto ininfluente la marginale incertezza in ordine all’orario esatto in cui, mediante il riscontro dei tabulati telefonici e delle relative celle, il P. è stato individuato in un paese non distante rispetto a quello ove si è consumata la rapina; così come sono apparse non decisive alcune contraddizioni dei testimoni oculari circa le fattezze somatiche dei rapinatori, essendo gli stessi oltretutto travisati.

I giudici di appello hanno quindi dato ampio riscontro delle decisioni assunte in ordine all’affermazione della responsabilità del P.. Al contempo, proprio in considerazione degli elementi di prova ritenuti a suo carico, deve escludersi che il supplemento istruttorio richiesto dal P. in secondo grado e del cui diniego oggi si duole avesse quel carattere della decisività che ne avrebbe giustificato invece l’assunzione: anche l’eventuale esito fausto, lungi dal creare un ostacolo insormontabile all’affermazione della sua responsabilità penale, non avrebbe condotto, alla stregua del ragionamento argomentativo seguito dalla Corte, all’assoluzione del ricorrente.

Quanto al capo C), nella sentenza impugnata si legge "La difesa del B. ha instato per l’assoluzione dell’imputato relativamente al solo reato di ricettazione della vettura, sotto il profilo che egli ben poteva ignorare l’origine furtiva del mezzo …: in realtà sarebbe illogico ritenere che il B., che aveva partecipato ai sopralluoghi sull’obiettivo della rapina, che si era accordato per l’acquisizione delle armi da portare con sè e che si era dato appuntamento per l’esecuzione dell’impresa, non sapesse che la vettura da usare per recarsi sul posto e per fuggire non poteva essere di origine lecita, potendo essere individuata dai testimoni e consentire di identificare il proprietario: l’esperienza sulla e quella del P. a lui ben nota comportava la conoscenza del principio che una rapina non si commette mai con un mezzo proprio o tale da ricondurre al suo autore". Dunque, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso del B., la corte d’appello ha fornito adeguata motivazione dell’elemento psicologico del reo e si è conformata all’orientamento di legittimità richiamato dalla difesa (Cass. sez. un. 26 novembre 2009, n. 12433).

La riferita motivazione è, incidentalmente ma inequivocabilmente, riferita anche al P., del quale testualmente si menziona l’esperienza nel commettere rapine.

Pertanto, in riferimento all’analogo motivo sviluppato in entrambi i ricorsi, in questo caso si riscontra la manifesta insussistenza del dedotto vizio di motivazione.

P.Q.M.

rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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