Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 28-12-2011, n. 29093 Giurisdizione italiana verso lo straniero

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – M.O.A. ha convenuto in giudizio davanti al tribunale di Roma il Ministero degli affari esteri ed il Consolato generale d’Italia a Francoforte sul Meno.

Ha chiesto di dichiarare illegittima l’apposizione del termine finale al contratto di lavoro, stipulato col Consolato il 4.11.2002, con decorrenza 30.12.2002 e prorogato sino al 29.12.2004.

Ha quindi chiesto di accertare che tra le parti sussisteva un ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato, di cui ha perciò domandato il ripristino.

2. – Il tribunale ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano, la sentenza è stata impugnata dall’attore in confronto dei due convenuti e nel giudizio di appello M. ha chiesto fosse dichiarata la giurisdizione del giudice italiano e la sussistenza del rapporto di lavoro con l’Amministrazione degli esteri.

La corte d’appello di Roma, con la sentenza 6 maggio 2010, ha dichiarato la giurisdizione del giudice italiano e rimesso le parti davanti al tribunale di Roma.

3. – Il Ministero degli affari esteri, con atto notificato il 16 settembre 2010, ha proposto ricorso per cassazione, in base a tre motivi, illustrati nella discussione.

L’attore non ha dal canto suo notificato controricorso.

4. – Il pubblico ministero ha concluso per il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

1. – Le ragioni della decisione impugnata sono state le seguenti:

1.1. – la clausola di devoluzione della giurisdizione al foro locale – contenuta nel contratto all’art. 18 e relativa alle controversie insorte nella sua applicazione – andava interpretata nel senso di avere riguardo alle controversie che fossero insorte nel concreto svolgimento del rapporto di lavoro, appunto destinato a svilupparsi fuori del territorio italiano: cioè quelle retributive, di qualificazione, demansionamento e simili.

Non riguardava perciò una controversia insita nell’originaria conformazione del contratto, per il termine apposto alla durata del rapporto;

1.2. – comunque, la clausola era inapplicabile avuto riguardo alla pertinente normativa nazionale ed internazionale.

Nel caso, ad essere convenuto in giudizio era stato il Ministero degli affari esteri.

Considerando applicabile la Convenzione di Bruxelles, l’attore, pur potendo avvalersi del criterio di collegamento del luogo in cui aveva svolto la sua abituale attività (art. 5, n. 1, Conv.), era abilitato a rivolgersi al giudice del domicilio del convenuto e quindi al giudice italiano, in base all’art. 2, comma 1, Conv.).

A fare applicazione del Reg. CE 22 dicembre 2000, n. 44/2001, si perviene alla stessa conclusione (in base all’art. 18, comma 2, art. 60, comma 1 e art. 19, comma 1).

La clausola di deroga pattuita nella clausola contrattuale era anch’essa inapplicabile (ciò in base all’art. 21), perchè non posteriore alla conclusione del contratto nè tale da risolversi in un vantaggio per il lavoratore, imponendogli o non solo permettendo di rivolgersi ad un giudice diverso da quelli previsti nella sezione quinta.

Infine, fondamento all’applicazione della clausola non sarebbe potuto derivare dalla L. 28 luglio 1999, n. 266, art. 4, che, pur stabilendo la competenza del foro locale per le controversie col personale assunto localmente dagli uffici consolari, fa salvo quanto disposto dalle norme di diritto internazionale generale e convenzionale.

2. – La cassazione della sentenza è stata chiesta in base a tre motivi.

2.1. – Per illogicità della motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5).

Il ricorrente osserva che la corte d’appello è incorsa nel fraintendimento costituito dal non considerare che il contratto di lavoro è stato concluso a Francoforte sul Meno con il locale Consolato generale d’Italia e non ha quindi dato luogo ad un rapporto di lavoro con il Ministero degli affari esteri, che in questi casi svolge un ruolo di mera vigilanza nelle procedure di assunzione (secondo la L. 27 maggio 2002, n. 104, art. 2).

2.2. – Per motivi attinenti alla giurisdizione (art. 360 c.p.c., n. 1 in relazione alla L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 57, alla Convenzione di Bruxelles ed al Reg. CE 44/2001, alla L. 27 maggio 2002, n. 104, art. 2 ed al D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, art. 154).

Il ricorrente osserva che, appunto in base all’art. 19 del Regolamento CE 44/2001, datore di lavoro essendo il Consolato generale d’Italia di Francoforte sul Meno ed il luogo di svolgimento dell’abituale attività del lavoratore la stessa città, la competenza giurisdizionale spettava al giudice tedesco.

2.3. – Per motivi attinenti alla giurisdizione (art. 360 c.p.c., n. 1 anche in relazione al D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 5).

Il ricorrente lamenta la violazione delle norme dettate dal D.P.R. 18 del 1967, in relazione alla ritenuta inapplicabilità della disciplina sulla competenza del foro locale stabilita dal D.P.R. 18 del 1967, art. 154 nel testo sostituito dal D.Lgs. 7 aprile 2000, n. 103. 3. – I tre motivi possono essere esaminati insieme. Non sono fondati.

4.1. – Il D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, art. 152 – nel testo sostituito dal D.Lgs. 7 aprile 2000, n. 103, art. 1 e di cui va fatta applicazione nel caso – autorizza le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari di prima categoria ad assumere personale a contratto, per le proprie esigenze di servizio e previa autorizzazione dell’Amministrazione centrale.

Il rapporto di impiego che sorge con il contratto così concluso si costituisce peraltro con il Ministero degli esteri e non con gli organi del ministero.

Sicchè è il primo e non i secondi ad esserne il datore di lavoro.

4.2. – La disciplina della giurisdizione sulla domanda proposta in confronto del Ministero degli esteri, convenuto in giudizio davanti al giudice italiano, non può essere tratta altro che dal Regolamento CE 44/2001 del 22 dicembre 2000, di cui è fatta salva l’applicazione dal Decreto Presidenziale n. 18 del 1967, art. 154, comma 2, nel testo sostituito dal decreto legislativo prima richiamato.

La disposizione contenuta nell’art. 154, comma 1 – siccome in linea generale fa salva l’applicazione del diritto locale e rinvia per la risoluzione delle controversie alla competenza del foro locale – rende certi che il rapporto in questione è soggetto all’applicazione del Regolamento CE 44/2001 e questo per il fatto di non avere riguardo, la controversia, alla materia amministrativa.

Per converso, l’attribuzione della competenza giurisdizionale ai foro locale è esclusa dalla salvezza delle norme di diritto internazionale generale e convenzionale contenuta nell’art. 154, stesso comma 1. 4.3. – La competenza giurisdizionale del giudice italiano deriva dalla applicazione degli artt. 18 e 19 e art. 60, comma 1 del Regolamento, parte della controversia essendo il Ministero degli esteri, che è stato convenuto in giudizio.

4.4. – Infine, in base all’art. 21 del Regolamento, alla clausola di deroga alla competenza giurisdizionale convenuta nel contratto non può essere riconosciuta l’efficacia di vincolare l’impiegato, perchè si tratta di clausola anteriore al sorgere della controversia e perchè avrebbe non l’effetto di consentire, ma di imporre al lavoratore di rivolgersi ad un giudice diverso da quello, cui gli è consentito di farlo alla stregua dell’art. 19, comma 1. 5. – Il ricorso è rigettato.

E’ dichiarata la giurisdizione del giudice italiano.

Non v’è da pronunciare sulle spese di questo grado.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice italiano.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 4 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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