Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-06-2011) 09-08-2011, n. 31649 Motivazione contraddittoria, insufficiente, mancante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Decidendo sull’appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli avverso l’ordinanza del locale gip del 25.9.2010, che aveva rigettato la richiesta di applicazione di misure cautelari nei confronti di F.B. in ordine ai reati in materia di armi ascrittigli ai capi 6 e 7 nel proc. pen. nr.

4345/2010, escludendo per gli altri l’aggravante D.L. n. 152 del 1991, ex art. 7, e nei confronti del T. per tutti i reati ascrittigli nel medesimo procedimento, il Tribunale del riesame di Napoli, con ordinanza del 20.1.2011, rigettava l’impugnazione, confermando il provvedimento del gip. 2. Conviene subito precisare che la contestazione del reato di detenzione e porto di armi da fuoco di cui ai capi 6 e 7, è connessa alla rapina consumata di cui al capo 5); gli imputati, cioè, si sarebbero impossessati con la minaccia di armi (secondo l’accusa "vere") delle armi (vere sicuramente; n.d.r.) e di giubbotti antiproiettile in danno di alcune guardie giurate presenti sul posto in cui i malviventi erano giunti per eseguire la rapina ad un mezzo blindato portavalori oggetto del capo 10 dell’incolpazione provvisoria.

3. Quanto al concorso nei fatti del T., l’accusa l’aveva ipotizzato sulla base di una conversazione tra il F. e la sua amante, intercettata l’11.2.2010, nel corso della quale il primo faceva riferimento al T. spiegando di averlo informato che "quella cosa programmata da tempo" era prevista per Sabato.

4. I giudici del riesame condividendo le "prudenti" valutazioni del gip, ritenevano quanto al F., che non poteva escludersi che l’imputato e i suoi complici avessero affrontato le guardie giurate con "simulacri" o "repliche" di armi "con effetto meramente dissuasivo collegato alla necessità di acquisire armi effettivamente offensive per la successiva rapina, mai più verificatasi, al mezzo blindato". 5. Riguardo alla conversazione i cui contenuti fondavano, secondo l’accusa, la gravità indiziaria a carico del T., i giudici del riesame rilevavano che la deduzione del coinvolgimento dello stesso imputato nei fatti del 13.2.2010 corrispondeva ad un salto logico "più che triplo, iperbolico"; poteva soltanto affermarsi, sulla base di quel colloquio, che il F. e il T. "partecipassero del medesimo humus criminale" e "fossero a conoscenza di un fatto (forse anche) illecito da consumare il sabato 13 febbraio". 6. In ordine all’aggravante D.L. n. 152 del 1991, ex art. 7, i giudici territoriali escludevano, infine, che essa potesse essere ipotizzata sulla base della sedicente qualità delinquenziale del F..

7. Ricorre il pubblico ministero presso il Tribunale di Napoli, rilevando ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), quanto alla posizione del F., il vizio di mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla valutazione della gravità indiziaria per i reati in materia di armi di cui ai capi 6 e 7; il tribunale avrebbe finito incongruamente per affermare come "prioritario" lo scopo dei malviventi di impossessarsi delle armi delle guardie giurate, essendo ovvio che il loro intento fosse quello di assaltare il furgone portavalori, impresa che richiedeva l’impiego di armi vere; il requirente contesta, poi, quanto al T., la logicità dell’interpretazione della conversazione dell’11.2.2011 e sottolinea, infine, la lacunosità della motivazione del provvedimento in relazione all’aggravante mafiosa, sul rilievo che il F. non si era genericamente vantato delle proprie referenze criminali, avendo piuttosto più concretamente affermato di essere in grado di "controllare C." cioè di esercitare un’influenza criminale sul territorio tipica degli affiliati mafiosi. Rileverebbe anche, nella valutazioni del caso, l’uso di armi particolarmente micidiali, in questo senso il motivo essendo ricollegato alle censure sulla valutazione della gravità indiziaria in ordine ai reati di cui ai capi 6 e 7.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato 1. Le motivazioni del tribunale sulla natura delle armi con cui il F. e i suoi complici avevano minacciato le guardie giurate affrontate sul luogo della programmata rapina, sono in effetti sotto vari profili illogiche e incoerenti. Lo stesso tribunale riconosce che l’episodio rivelerebbe la necessità dei malviventi di disporre di armi autentiche per il successivo, programmato assalto al furgone portavalori; non si comprende, allora, perchè mai dovessero procurarsele in modo così avventuroso e non con ragionevole anticipo, correndo il rischio di affrontare con kalasnikov e fucili a canne mozze "a salve" uomini armati per davvero, che avrebbero potuto reagire in modo ben diversamente efficace all’aggressione, senza dare agli avversari il modo e il tempo di spiegare gli aspetti ludici della vicenda. I giudici territoriali riconoscono del resto il radicamento del F. in un certo humus criminale, nel quale non sembrano ardue le opportunità di procurarsi armi.

2. La conversazione tra il F. e la A. dell’11.2.2010 non può essere spiegata con riferimento ad un fatto (forse) illecito qualunque, dal momento che essa precedette di soli due giorni i fatti (sicuramente) illeciti del 13.2.2010, nei quali lo stesso tribunale ritiene coinvolto il F.; non appare poi apprezzabile il troppo vago riferimento al contenuto di alcune altre conversazioni in cui non si parlerebbe della partecipazione del T. alla rapina.

3. Le valutazioni circa l’aggravante D.L. n. 152 del 1991, ex art. 7, andranno riviste sia alla luce dei concreti contenuti delle vanterie criminali del F., che in relazione alla rivalutazione della gravità indiziaria per i reati in materia di armi.

P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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