Corte Suprema di Cassazione Penale Sezione Lavoro Sentenza n. 25648 del 2006 deposito del 04 dicembre 2006

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso del 28 luglio 1995 al Pretore di Roma, S. M. esponeva di essere stata assunta con contratto di formazione e lavoro dalla Spa Edizioni d’Italia con mansioni di segretaria addetta alla dattilografia, ricezione telefonate, posta, archivio, ecc., senza peraltro ricevere alcun addestramento professionale, e di essere stata poi di nuovo assunta con contratto a tempo determinato, con passaggio dal livello contrattuale D/2 al C/2. Affermando la nullità del primo contratto e la conseguente sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la M. sosteneva di conseguenza l’illegittimità del licenziamento intimatole il 3 maggio 1994, con effetto dal successivo 3 luglio, per asserita scadenza del termine, e chiedeva la reintegrazione nel posto di lavoro ed il risarcimento del danno.

Costituitasi la convenuta, il Tribunale, succeduto al Pretore, accoglieva la domanda con decisione del 25 novembre 1999, parzialmente riformata con sentenza del 13 marzo 2003 dalla Ca, la quale rigettava la domanda di reintegrazione ed accoglieva quella di risarcimento del danno nella sola misura di tre anni di retribuzione a partire dall’intimazione del licenziamento 83 maggio 1994).

La Corte riteneva la totale assenza di prova dell’addestramento professionale, non ravvisabile nel semplice svolgimento di mansioni lavorative (cosiddetto addestramento ?sul campo?) né nell’attribuzione di un livello contrattuale previsto quale esito della formazione, e perciò confermava la sussistenza del rapporto a tempo indeterminato.

La dichiarazione, resa dalla datrice di lavoro, di volersi avvalere della scadenza del termine in realtà inesistente non equivaleva a licenziamento nei sensi dell’articolo 18 legge 300/70 ma costituiva soltanto un atto infirmato da nullità di diritto comune, onde non dava luogo al diritto del lavoratore alla reintegrazione ma al risarcimento del danno contrattuale ex articolo 1224 e ss Cc.

Tale danno consisteva nella perdita delle retribuzioni ma era limitato dall’ammontare dei danni che la lavoratrice avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza (articolo 1227 comma 2 Cc) nell’attivarsi per la ricerca di una nuova occupazione. Occupazione reperibile ?nel termine presuntivo di tra anni dall’intervento di recesso?.

Contro questa sentenza ricorrono per cassazione in via principale la M. ed in via incidentale la Spa Editalia, succeduta alla Spa Edizioni d’Italia.

A ciascun ricorso corrisponde un controricorso.

Motivi della decisione

I due ricorsi, principale e incidentale, debbono essere riuniti ai sensi dell’articolo 335 c.p.c.. Col primo motivo la ricorrente principale lamenta la violazione degli articoli 112, 416 e 437 c.p.c. nonché vizi di motivazione, per avere la Ca accolto l’eccezione di nullità di diritto comune, da cui era viziato l’atto di recesso della datrice di lavoro, invece che di illegittimità ex articolo 18 legge 300/70, pur non essendo stata detta eccezione formulata tempestivamente con l’atto di costituzione nel giudizio di primo grado.

Col secondo motivo la ricorrente principale deduce la violazione degli articoli 3 legge 863/84, 2 legge 230/62,18 legge 300/70 e vizi di motivazione, perché la Ca escluse l’applicabilità dell’articolo 18 cit., pur trattandosi di rapporto di lavoro ormai divenuto a tempo indeterminato per mancanza di adempimento, da parte della datrice di lavoro, dell’obbligo di formazione professionale.

I due motivi, da esaminare insieme perché connessi, non sono fondati.

In tema di contratto di formazione di lavoro, l’inadempimento dell’obbligo di formazione, ossia di addestramento professionale, da parte del datore determina la trasformazione fin dall’inizio in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (articolo 3, comma 9, Dl 726/84 conv. in legge 863/84, modif. dall’articolo 8, comma 8 legge 407/90). In tal caso l’illegittima comunicazione, del datore al prestatore di lavoro, di volersi avvalere del termine e di porre così fine al rapporto dà luogo non già ad un licenziamento illegittimo ex articolo 18 legge 300/70 oppure ex articolo 6 legge 604/66, bensì ad una nullità di diritto comune, con conseguente diritto del lavoratore ad essere risarcito del danno da interruzione del lavoro (Cassazione 14831/02, 320/03).

Una volta che il lavoratore, attore in giudizio, abbia prospettato i fatti ora detti nel suo ricorso introduttivo, spetta al giudice di verificare gli elementi costituitivi del diritto per la relativa tutela risarcitoria, onde l’applicabilità delle norme del Cc invece che l’articolo 18 cit. non costituisce oggetto di eccezione in senso stretto, riservata alla parte convenuta.

In tal senso si è espressa la sentenza qui impugnata, che non merita perciò le censure mosse dalla ricorrente principale.

Col terzo motivo questa lamenta la violazione degli articoli 1227, 2697 Cc, 112 c.p.c. e omessa motivazione circa la non rilevabilità d’ufficio del difetto di diligenza del danneggiato, avente diritto al risarcimento, nell’evitare una parte del danno.

Col quarto motivo ella sostiene la violazione degli articoli 1206, 1223, 1227 Cc e vizi di motivazione per avere la Ca ravvisato il detto difetto di diligenza da parte del lavoratore danneggiato, pur in difetto di qualsiasi prova ed anzi in presenza di tempestiva offerta delle prestazioni lavorative.

I due connessi motivi non sono fondati. La più recente giurisprudenza di questa Corte esclude doversi qualificare come eccezione in senso stretto quella non corrispondente all’esercizio di un?azione costitutiva oppure non definita come tale da una disposizione di legge (Su, 1099/98). Alla stregua di questa massima il difetto di diligenza del danneggiato nell’evitare il danno va qualificato come oggetto di un?eccezione in senso lato, onde il giudice può rilevarlo sulle basi di elementi di fatto già acquisiti agli atti.

ÿ perciò da ritenere superata la contraria giurisprudenza, che ravvisa un?eccezione in senso stretto in quella prevista nel capoverso dell’articolo 1227 cit. (Cassazione 4938/94, 5766/94, 13460/99).

Tuttavia l’acquisizione dei detti elementi di fatto dev?essere rituale, con la conseguenza che al danneggiante, debitore del risarcimento, spetta l’onere di provare il detto difetto di diligenza, che il giudice può anche presumere, ma sulla base di elementi rilevanti, precisi e concordanti (articolo 2729 Cc) nonché ritualmente acquisiti agli atti del processo.

Nel caso di specie il collegio d’appello ha ravvisato il difetto di diligenza della lavoratrice, creditrice per il risarcimento del danno da interruzione del rapporto di lavoro, nella ricerca di una nuova e diversa occupazione, ed ha fornito una motivazione in proposito, avendo plausibilmente presunto che, grazie a ricerche sufficientemente diligenti, ella avrebbe trovato un nuovo lavoro entro tre anni.

Col quinto motivo la ricorrente principale lamenta difetto di motivazione circa la nascita del suo diritto al risarcimento del danno ossia il periodo di riferimento per il calcolo delle retribuzioni non corrisposte, il quale avrebbe dovuto decorrere dall’interruzione effettiva del rapporto di lavoro (luglio 1994) e non dalla precedente manifestazione della volontà interruttiva da parte della datrice di lavoro (maggio 1994).

Il motivo non è ammissibile poiché la ricorrente non indica il sottostante e necessario interesse (articolo 100 c.p.c.).

Col primo motivo la ricorrente incidentale afferma la violazione dell’articolo 3 legge 863/94 e vizi di motivazione circa la nullità del contratto di formazione e lavoro, affermata nella sentenza impugnata per difetto di prova circa l’addestramento professionale: addestramento in realtà dimostrato, secondo la ricorrente, dal riconoscimento della conseguente e formale qualifica professionale e dall’avvenuta formazione ?sul campo?, vale a dire conseguita attraverso l’esercizio effettivo delle mansioni lavorative.

Il motivo è privo di fondamento.

l’inadempimento, da parte del datore di lavoro, dell’obbligo di formazione, tale da cancellare la stessa funzione del contratto, costituisce oggetto di una valutazione riservata al giudice di merito ed incensurabile in cassazione se correttamente motivata (Cassazione, 320/03, 15635/03).

Nel caso di specie non è vero che la Ca non abbia motivato sui punti ora indicati dal ricorrente. Al contrario, essa ha persuasivamente notato come l’insegnamento professionale debba essere impartito realmente e non possa essere sostituito dall’esperienza acquisibile da qualsiasi lavoratore, anche anziano, attraverso l’esecuzione della sua prestazione, oppure da un elemento meramente formale, quale il conseguimento di una qualifica superiore.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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