Cass. civ. Sez. I, Sent., 29-12-2011, n. 30070 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.V.V. e F.M. hanno impugnato con ricorso per cassazione il decreto della Corte d’appello di Perugia depositato l’8 agosto 2008 che, in parziale accoglimento della loro domanda di equa riparazione formulata in relazione a processo civile introdotto innanzi al Tribunale di Cassino con atto del 19.10.93, edefinito in primo grado con sentenza del 21.3.2003, accertato un eccesso di 7 anni rispetto alla ragionevole durata stimata m 4 anni e mezzo in ragione della complessità della vicenda processuale, ha liquidato il danno non patrimoniale in Euro 7.500,00. Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

I ricorrenti col primo motivo del ricorso censurano l’impugnato decreto, sia in relazione al computo della ragionevole durata, sia in ordine all’applicazione del criterio di liquidazione dell’indennizzo, con ampi richiami a precedenti della Corte EDU e formulano un complesso quesito di diritto che chiede se violi la Convenzione EDU:

1.- considerare solo il periodo eccedente la ragionevole durata.

2.- considerare ai fini della complessità del caso solo gli accertamenti eseguiti senza valutarne natura e specificità. 3.- non considerare la natura degli interessi in gioco.

4.- non considerare l’assenza d’attività defatigatoria delle parti.

5.- non considerare la posta in gioco.

Il motivo è inammissibile. La confusa formulazione del quesito non risulta collegata con la necessaria specificità al tenore della censura che lo precede, rispetto alla cui articolazione, peraltro sommaria e vaga, chiede affermarsi plurimi principi di diritto del tutto eccentrici e non pertinenti. La complessità del processo presupposto, indagata e quindi apprezzata dalla Corte del merito in relazione agli accertamenti resisi necessari per la sua trattazione, non risultano criticati con la necessaria specificità, ma vengono censurati con riferimento ad astratti parametri di valutazione, in base ai principi di diritto invocati, di cui si chiede l’affermazione, che la Corte territoriale ha mostrato di conoscere, avendone fatto corretta applicazione sulla base della valutazione della concreta connotazione della vicenda processuale.

Ne condivide la sorte il secondo motivo con cui i ricorrenti deducono violazione:

1.- dell’art. 117 Cost.;

2.- dell’art. 6, par. 1 e dell’art. 13 della Convenzione EDU. 3.- della L. n. 89 del 2001, art. 3;

4.- dell’art. 13 della citata Convenzione. Astrattamente argomentato, il motivo richiama gli orientamenti della Corte europea per censurare sia il computo della ragionevole durata che la misura dell’indennizzo liquidato, e si conclude con quesito di diritto articolato con analoga astrattezza e genericità con cui chiede se la Convenzione europea e la sua interpretazione resa da parte del giudice europeo siano vincolanti per il giudice nazionale. Esposto in senso vago e confuso, il motivo non illustra con la necessaria puntualità i passaggi argomentativi dell’impugnato decreto asseritamente viziati, e pretende desumerne i denunciati errori di diritto dall’affermata disapplicazione degli enunciati invocati, richiamati in senso tautologico e senza indicarne l’effettivo collegamento con le caratteristiche della vicenda processuale cui si riferisce la domanda di equa riparazione esaminata dalla Corte territoriale.

Tutto ciò premesso, il ricorso deve essere rigettato con condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio liquide come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso, e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio liquidandole in Euro 800,00 oltre prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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