Cass. pen., sez. III 23-11-2006 (24-10-2006), n. 38841 EDILIZIA – Parcheggi ed autorimesse

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

CONSIDERATO IN Fatto e diritto

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il decreto di sequestro preventivo di un manufatto emesso dal G.I.P. del Tribunale di Napoli in data 24.3.2006 nei confronti di D? I? F?, indagato del reato di cui all’art. 44 del D.P.R. n. 380/2001.

Si osserva nell’ordinanza che il D? I? aveva ottenuto una autorizzazione edilizia per la realizzazione di un garage pertinenziale interrato per 110 posti auto, ai sensi dell’art. 9 della L n. 122/89 (cosiddetta Legge Tognoli); che, a seguito di indagini effettuate in data 24.6.2005 dal personale dell’UOSAE, era emerso che il parcheggio era stato costruito completamente fuori terra, in totale difformità della citata autorizzazione edilizia n. 263 dell’8.4.2000 e della successiva variante dell’8.4.2003.

Alla luce delle indicate emergenze fattuali l’ordinanza, premesso che non costituiva oggetto di contestazione la sussistenza del fumus del reato oggetto di indagine, palesandosi peraltro evidente che l’opera necessitava del rilascio del permesso di costruire, ha respinto i rilievi dell’istante per il riesame con i quali era stata dedotta la prescrizione del reato oggetto di indagine e la insussistenza delle esigenze cautelari, risultando le opere ultimate alla data dell’accertamento.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’indagato, che la denuncia con due motivi di gravame.

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione degli artt. 321 c.p.p., 157 e 160 c.p., nonché il difetto di motivazione dell’ordinanza.

Si osserva che il Tribunale per il riesame, pur avendo affermato che nell’ipotesi in cui risulti accertata la prescrizione del reato oggetto di indagine non può essere disposta la misura cautelare del sequestro preventivo, ha erroneamente applicato, nel caso in esame, il citato principio di diritto.

Si deduce in proposito che il manufatto di cui alla contestazione era stato autorizzato in data 5.12.2000 ed i lavori erano iniziati immediatamente, sicché non vi era ragione per ritenere che l’opera, che non richiedeva particolari rifiniture, non fosse stata ultimata rapidamente. Si aggiunge che dalla relazione del tecnico comunale in data 25.11.2001 emerge che all’epoca erano già state realizzate le strutture portanti del manufatto; che dalla variante approvata in data 8.4.2003, inoltre, poteva evincersi che dovevano ancora essere eseguiti piccoli interventi esterni all’immobile che non avrebbero richiesto più di un mese di lavoro. Si deduce, quindi, che anche in sede cautelare deve trovare applicazione il principio "in dubbio pro reo" e che l’ordinanza è incorsa in un vizio di motivazione per avere fondato la decisione solo sul dato poco probante della data di ultimazione del manufatto indicata nella domanda di condono edilizio, senza che siano stati valutati gli altri elementi di fatto indicati in ricorso.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 321 c.p.p. ed il difetto di motivazione del provvedimento impugnato.

Si deduce che il tribunale per il riesame ha erroneamente affermato l’esistenza di un aggravamento del carico urbanistico, quale conseguenza dell’utilizzazione del manufatto adibito a garage, rientrando l’opera in questione tra quelle di urbanizzazione secondaria, finalizzate a ridurre proprio il carico urbanistico con riferimento elle esigenze di circolazione e parcheggio dei veicoli; che l’indicata funzione dei garage, peraltro, può desumersi della stessa legge Tognoli, che ha semplificato le procedure relative alla loro autorizzazione proprio in considerazione della loro utilità al fine di ridurre il carico urbanistico.

Il ricorso non è fondato.

Il primo motivo di gravame costituisce esclusivamente una censura in punto di fatto, inammissibile in sede di legittimità, avverso la valutazione del tribunale del riesame circa la carenza di elementi certi per affermare la intervenuta prescrizione del reato con riferimento alla data di ultimazione del manufatto abusivo.

Peraltro, la stessa ordinanza ha esattamente affermato sul punto che in sede cautelare la prescrizione può essere presa in esame solo allorché emerga con certezza che la stessa si è già verificata, senza che sia possibile espletare in detta sede un più approfondito accertamento in proposito, stante il carattere sommario della cognizione attribuita al giudice del riesame.

Orbene, alla luce dei risultati delle indagini preliminari l’ordinanza ha escluso l’esistenza di elementi certi per affermare la intervenuta prescrizione del reato, con valutazione di merito che si sottrae ad ogni sindacato in sede di legittimità.

Va, infatti, osservato che il ricorso avverso le misure cautelari reali non può essere proposto per vizi della motivazione quali potrebbero ritenersi, nella valutazione più favorevole, quelli evidenziati dal ricorrente, ma esclusivamente per violazione di legge ai sensi dell’art. 325, co. I, c.p.p..

Il secondo motivo di ricorso è infondato.

Emerge dall’ordinanza che in effetti l’istante per il riesame aveva prospettato dinanzi ai giudici di merito un impiego diverso del fabbricato rispetto a quanto previsto nella autorizzazione (deposito di mobili); prospettazione con riferimento alla quale l’ordinanza ha ampiamente motivato la ravvisabilità di un aggravio del carico urbanistico per l’inevitabile accesso all’immobile di mezzi e persone quale conseguenza della indicata utilizzazione.

In ogni caso l’ordinanza ha altresì puntualmente rilevato l’esistenza di un aggravio del carico urbanistico anche nell’ipotesi di impiego del manufatto quale garage, considerate da un lato le rilevanti dimensioni dell’immobile e dall’altro il più intenso sfruttamento del territorio che l’opera consente.

La riportata valutazione di merito si sottrae al sindacato di legittimità, non potendo in particolare essere censurata, per le già indicate ragioni di diritto, sotto il profilo della congruità e logicità della motivazione.

Deve essere, peraltro, anche rilevato che l’alleggerimento del carico urbanistico e connesso, nella cosiddetta legge Tognoli, alle caratteristiche dei garage, la cui realizzazione è consentita dalla norma con procedura semplificata, in quanto riferita a manufatti ubicati nel sottosuolo delle aree di pertinenza degli immobili esistenti o su apposite aree comunali, mentre non si può ritenere che altre opere di rilevanti dimensioni realizzate in superficie, anche se destinate a garage, siano egualmente prive di impatto sull’assetto urbanistico e sull’utilizzazione del territorio.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. al rigetto dell’impugnazione segue a carico del ricorrente l’onere del pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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