Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 19-04-2011) 10-08-2011, n. 31870 Affidamento in prova

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 21 ottobre 2010 il Tribunale di sorveglianza di Sassari, decidendo sulle richieste avanzate, ai sensi della L. n. 354 del 1975, artt. 47 e 47 ter, da C.A., in relazione alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 11.555,56 di multa inflitta con sentenza del Tribunale monocratico di Nuoro del 18 giugno 2009, irrevocabile il 16 ottobre 2009, ha dichiarato non luogo a provvedere in ordine all’istanza di detenzione domiciliare, proposta e poi revocata dal richiedente, e ha rigettato la domanda di affidamento in prova al servizio sociale dal medesimo formulata.

Il Tribunale argomentava la decisione, evidenziando che:

– la relazione comportamentale della casa di reclusione di (OMISSIS) aveva evidenziato che il condannato era stato sottoposto a sanzione disciplinare il 17 aprile 2010 per aver detenuto illecitamente nella cella un coltello tipo "pattadese";

– dalle informazioni della Divisione anticrimine della Questura di Nuoro era risultato che il predetto aveva più volte violato le prescrizioni inerenti alla misura cautelare dell’obbligo di dimora e aveva frequentato, prima del suo arresto, pregiudicati e persone con precedenti per droga;

– la relazione di sintesi della casa di reclusione di (OMISSIS) si era espressa favorevolmente alla concessione di una misura alternativa e aveva evidenziato che il medesimo non aveva mai fruito di permessi premio;

– il delitto in materia di stupefacenti, in relazione al quale il condannato stava espiando la pena, induceva a ritenere che lo stesso fosse dedito all’uso di sostanze stupefacenti e che sussistesse il pericolo di recidiva, ostando all’accoglimento della domanda di affidamento in prova, residuata dopo la rinunzia, formulata in udienza, a quella di detenzione domiciliare, gli spazi di libertà troppo ampi dalla stessa offerti.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione C. A., che ne chiede l’annullamento sulla base di due motivi.

2,1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, rilevando che il provvedimento è stato determinato dalla possibile sussistenza del pericolo di recidiva riferito al solo titolo del reato per cui ha riportato condanna, senza che avessero trovato riscontro la presunzione dell’uso di sostanze stupefacenti nelle risultanze processuali e nelle specifiche valutazioni svolte in sede di osservazione, e la pendenza di un procedimento per porto illegale di strumenti atti a offendere nel certificato dei carichi penali pendenti.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1. lett. b), violazione, inosservanza ed erronea applicazione della L. n. 354 del 1975, art. 47, deducendo che, nella sussistenza dei requisiti di legge, il Tribunale ha completamente e immotivatamente ignorato le risultanze acquisite, poichè la relazione comportamentale e il documento di sintesi hanno dimostrato che, durante il periodo di osservazione, esso ricorrente ha rispettato le regole della convivenza penitenziaria, senza rimarchi di sorta; l’equipe trattamentale ha valutato l’episodio disciplinare del 7 aprile 2010 esprimendo forti perplessità sulla sua responsabilità; i familiari hanno espresso la loro disponibilità nei suoi confronti ed è stato individuato da parte della stessa equipe un particolare progetto per il suo inserimento.

3. Il Procuratore Generale in sede ha depositato requisitoria scritta, concludendo per l’annullamento dell’ordinanza con rinvio, sul rilievo della fondatezza delle doglianze per la non congruità della motivazione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. Questa Corte ha più volte affermato che, ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale e degli altri benefici penitenziari, si impone un’analisi approfondita della personalità del condannato, del suo comportamento e della sua situazione socio-familiare, dopo i fatti per i quali è stata inflitta la condanna in esecuzione, per verificare concretamente se sussistano, o non, sintomi di una positiva evoluzione della sua personalità, tradotti nei progressi trattamentali compiuti e nel grado di rieducazione raggiunto, e condizioni che ne rendano possibile il reinserimento sociale attraverso la richiesta misura alternativa, senza trascurare la tipologia e la gravità dei reati commessi, quantomeno come dato iniziale per compiere la valutazione (tra le tante, sez. 1, n. 31809 del 09/07/2009, dep. 03/08/2009, Gobbo, v. 244322; Sez. 1, n. 23639 del 28/04/2005, dep. 23/06/2005, P.M. in proc. Pietrobelli, Rv. 231804; Sez. 1, n. 371 del 15/11/2001, dep. 08/01/2002, Chifari, 220473), e senza ritenere la corretta condotta custodiate elemento sufficiente e valutabile, in assoluto, quale sicuro indice di una fattiva e convinta partecipazione all’opera di rieducazione (Sez. 1, n. 29352 del 21/06/2001, dep. 19/07/2001, Carbonaro G., Rv. 219478; Sez. 1, n. 3003 del 17/05/1995, dep. 22/06/1995, Pane, Rv. 201731).

Al fine di formulare una prognosi sulla capacità del condannato di prestare certa e sincera adesione alle finalità del trattamento rieducativo, è legittima la valutazione del contenuto di un rapporto disciplinare, anche se nullo per omessa contestazione dell’infrazione o non sfociato validamente in una sanzione disciplinare, in quanto le infrazioni commesse non rilevano per le loro conseguenze sanzionatone, ma esclusivamente "come dato fattuale, indicativo della mancata adesione del condannato alle finalità del trattamento rieducativo" (Sez. 1, n. 13013 del 16/12/2008, dep. 25/03/2009, Bellocco, Rv. 243541; Sez. 1, n. 16986 del 28/11/2002, Fedele, Rv.

224792).

3. L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione di tali principi.

Il Tribunale, infatti, ha rigettato la proposta istanza di affidamento in prova al servizio sociale, fondando il suo convincimento su una valutazione prognostica d’inidoneità del beneficio richiesto, attesa l’ampiezza delle prescrizioni che lo caratterizzano, all’adeguata prevenzione del pericolo di recidiva, sulla base di plurimi dati fattuali, tratti dalla tipologia del reato, per il quale il richiedente ha riportato condanna (detenzione a fini di spaccio di 69,8 grammi di cocaina con principio attivo del 30%, pari a 167 dosi medie giornaliere), dalla relazione comportamentale evidenziante l’incorsa sanzione disciplinare per illecita detenzione nella cella di un coltello del tipo "pattadese", e dalle assunte informazioni di polizia sul conto dell’istante, indicato come soggetto la cui condotta non è risultata rispettosa delle prescrizioni imposte e frequentatore di persone con precedenti anche in materia di stupefacenti.

4. Tale valutazione espressa, sia pure in maniera sintetica, dal Giudice di merito, adeguatamente giustificata sulla base dei dati acquisiti in ordine alla pericolosità del condannato, non contenibile con il chiesto beneficio, e correttamente improntata, in vista della rieducazione del condannato che non ha mai fruito dei permessi premio (parte integrante del trattamento), al principio della gradualità del trattamento e dell’osservazione nella concessione di benefici penitenziari, ripetutamente affermato da questa Corte (da ultimo Sez. 1, n. 39299 del 14/10/2010, dep. 05/11/2010), resistono alle censure svolte dal ricorrente che propongono una rilettura e rivalutazione nel merito di elementi, già valutati, non consentita in questa sede.

5. Infondata è anche l’affermazione sviluppata con il secondo motivo che il Tribunale non avrebbe esattamente interpretato e correttamente applicato l’art. 47 non adeguatamente valutando la relazione comportamentale e il documento di sintesi proveniente dall’Istituto penitenziario, anche in ordine alle perplessità degli operatori in ordine all’episodio disciplinare.

Tale affermazione si traduce, al di là dell’affermata denuncia della violazione di legge, nella prospettazione di un diverso apprezzamento di merito della condotta del ricorrente e del dato fattuale sanzionato sul piano disciplinare, oggetto della indicata valutazione di detti elementi unitamente alle ulteriori emergenze, espressa razionalmente e globalmente con la decisione impugnata.

6. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigettato. Al rigetto del ricorso segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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