Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 13-04-2011) 10-08-2011, n. 31847

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 11 maggio 2009 il Tribunale di Nocera Inferiore ha dichiarato C.F., già capo camorrista, responsabile di numerosi delitti di estorsione e di tentato omicidio, e, unificati tutti i reati con il vincolo della continuazione, riconosciuta all’imputato la circostanza attenuante ad effetto speciale di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 8, convertito in L. n. 203 del 1991, ha inflitto al C. la pena di anni sette di reclusione.

Con sentenza del 23 aprile 2010 la Corte di appello di Salerno, investita dell’appello proposto dal C., istante per ottenere l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, ha confermato la prima sentenza, osservando che il Tribunale aveva già valorizzato nella più ampia misura possibile il contributo collaborativo dell’imputato, giungendo, con il riconoscimento dell’attenuante ad effetto speciale di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 8, cit., alla pena finale di sette anni di reclusione da ritenersi molto modesta in rapporto al numero e alla gravità dei delitti commessi.

La Corte territoriale ha precisato che le attenuanti generiche erano state correttamente negate sulla base dei gravi e reiterati precedenti penali del C., secondo il trattamento normalmente riservato alla generalità degli imputati recidivi, laddove la differenza in melius della disciplina sanzionatoria era stata giustamente realizzata, per il collaboratore di giustizia, con il riconoscimento della ben più significativa (anche avuto riguardo alla sua concreta incidenza sulla pena) attenuante ad effetto speciale di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 8, sopra richiamato.

2. Avverso la predetta sentenza il C. ha proposto ricorso per cassazione, tramite il suo difensore, avvocato Sergio Luceri del foro di Lecce, deducendo violazione di legge e illogicità e contraddittorietà della motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), con riferimento alla negata applicazione delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis c.p..

Secondo il ricorrente, l’iter motivazionale della sentenza sarebbe, in parte qua, illegittimo, perchè postula che l’avvenuto riconoscimento della speciale circostanza attenuante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 8, assorba ogni possibile ulteriore riduzione di pena concedibile all’imputato sulla base di altre norme tra cui l’art. 62 bis c.p..

La motivazione adottata sarebbe altresì priva dei necessari requisiti di logicità e coerenza, poichè, mentre da un lato ha attribuito alla condotta del C. un preciso rilievo processuale ed esistenziale, sintomatico di effettiva dissociazione, dall’altro lato, In maniera palesemente incongruente, ha negato le richieste attenuanti generiche sulla base della valutazione di dati (quali la "vita anteatta e i gravissimi precedenti penali") del tutto differenti da quelli considerati in premessa.

Dal contesto dell’impugnata decisione, giustamente valorizzante la positiva condotta del C. e l’efficacia delle sue dichiarazioni ai fini dell’accertamento della responsabilità dello stesso e degli altri imputati, non emergerebbe alcuna valutazione realmente negativa della personalità del ricorrente idonea a dare un fondamento razionale al diniego delle attenuanti generiche.

Mancherebbero, dunque, nel testo della sentenza gravata le argomentazioni atte a dare ragione della decisione adottata, in parte qua, e ciò a causa della ribadita illogicità del passaggio dalle premesse alle conclusioni.

Motivi della decisione

3. Entrambi i motivi del ricorso sono manifestamente infondati.

Il diniego delle circostanze attenuanti generiche, nonostante la riconosciuta attenuante ad effetto speciale di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 8, cit., non è illegittimo, poichè esso, contrariamente all’assunto del ricorrente, non suppone alcuna incompatibilità in diritto tra le predette circostanze, che non risulta affermata in alcun passaggio della sentenza della Corte di merito.

La motivazione del rigetto delle invocate attenuanti generiche, inoltre, non è contraddittoria o illogica per contrasto tra premesse e conclusioni, poichè, come adeguatamente spiegato nella decisione impugnata, se il riconoscimento della circostanza attenuante ad effetto speciale prevista dal D.L. n. 152 del 1991, art. 8, convertito nella L. n. 203 del 1991, ha valorizzato la nuova scelta di vita del C., il quale ha rescisso i suoi legami criminali e intrapreso un percorso esistenziale ispirato al rispetto delle leggi e dei valori sociali condivisi, il suo passato pesantemente segnato da gravi e reiterati crimini non ha giustificato l’ulteriore riduzione di pena conseguente all’applicazione anche delle circostanze attenuanti generiche, di talchè la scelta operata dai giudici di merito, lungi dall’essere contraddittoria e illogica come denunciato dal ricorrente, costituisce piuttosto un’equilibrata applicazione dei criteri indicati nell’art. 133 c.p., comma 2, nn. 2 e 3, che, nella determinazione della pena, impone al giudice, tra l’altro, di tener conto della capacità a delinquere desunta sia dai precedenti penali e, in genere, dalla condotta e dalla vita antecedenti al reato, sia dalla condotta contemporanea o susseguente al reato.

4. Segue, a norma dell’art. 615 c.p.p., comma 2, e art. 616 c.p.p., l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria alla cassa delle ammende, per aver proposto motivi di impugnazione palesemente infondati, che si stima equo determinare, tra il minimo e il massimo previsti dalla norma, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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