Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 09-08-2011) 11-08-2011, n. 31872

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia che il 22.3.2011 confermava la responsabilità di L.G., per il reato di cui agli artt. 393 e 635 c.p. (così riqualificata l’originaria imputazione ex artt. 81 cpv, artt. 110, 392, 393, 635 e 610 c.p.) in danno di D.A., deliberata dal locale Tribunale il 15.1.2010, solo rideterminando il trattamento sanzionatorio, ricorre nell’interesse dell’imputato il difensore, con tre motivi ai sensi dell’art. 606, lett. C ed E:

– "in punto di difetto ex art. 552, comma 1, lett. c) e art. 552 c.p.p., comma 2", perchè il capo di imputazione avrebbe fatto anche generico riferimento al concetto di minaccia, indicato autonomamente al fianco di quello di violenza, senza precisare la relativa condotta concreta;

– "in punto di difetto ex artt. 521 e 522 c.p.p.", perchè apodittica sarebbe l’affermazione della Corte distrettuale sull’insussistenza di una vsostanziale e significativa divergenza" tra la condotta contestata (il parcheggio di furgone in posizione tale da impedire il passaggio ai mezzi della ditta della parte civile) e quella recepita in sentenza (sia pure con accorgimenti peculiari il D. era riuscito ad uscire dal complesso immobiliare);

– "in punto di insussistenza del reato contestato", perchè mai il D. sarebbe stato concretamente impedito ad accedere o lasciare uffici e cortile, essendo irrilevante l’illecita pressione ritenuta dal Giudice d’appello.

2. Il ricorso è inammissibile.

La vicenda si svolge in un contesto nel quale il D. è debitore non pagante per la fornitura di due serbatoi per impianti termici, da parte della ditta di cui l’imputato era, secondo l’imputazione, legale rappresentante. Secondo le sentenze di merito, D. viene avvertito della presenza di un furgone davanti ai cancelli della sua ditta, che impedisce il passaggio delle persone, si reca sul posto, riceve la richiesta di immediato pagamento del debito con la minaccia di non rimuovere altrimenti il mezzo, dopo contatti telefonici tenta l’uscita dal cancello su furgone della propria società atteso che il furgone era stato nel frattempo spostato in modo da impedire il movimento dell’autovettura con la quale egli era giunto; riesce ad allontanarsi perchè l’ulteriore manovra del furgone, che si sposta per impedirgli l’uscita, non è sufficientemente tempestiva; durante quest’ultima manovra il furgone urta e danneggia l’autovettura.

La Corte distrettuale ha quindi ritenuto: che le tre manovre descritte integrassero sostanzialmente quanto ascritto, in particolare essendo rimasta integra la possibilità di difesa rispetto al tema del blocco e tentativo di blocco finalizzato ad ottenere il pagamento; che la complessiva condotta aveva effettivamente ed efficacemente costituito consapevole ostacolo al movimento, costituendo idonea ed illecita pressione sulla persona offesa, che anche e proprio per tale condotta si era vista limitata nella libertà di movimento; che tali manovre/comportamenti integrassero la violenza e minaccia di cui all’art. 393 c.p. (comunque per la configurazione del reato essendo sufficiente una sola delle due ipotesi).

Si tratta di argomentazione articolata che risponde alle censure difensive in modo non apparente, oltre che immune dai vizi di manifesta illogicità e contraddittorietà, risolvendosi in un apprezzamento di merito sulla natura di illecita pressione/violenza (in relazione alla costrizione efficacemente recata alla libertà di movimento altrui) e connessa minaccia (le frasi che accolgono il D.), congruo ai fatti come ricostruiti, e rispetto alla quale il ricorrente sostanzialmente sollecita la rivalutazione del materiale probatorio e ripropone in termini generici le già compiutamente disattese censure in rito.

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000, congrua al caso, in favore della Cassa delle ammende, nonchè alla rifusione delle spese di difesa sostenute dalla costituita parte civile, presente all’udienza, liquidate in complessivi Euro 1336,50 (secondo nota) oltre iva e epa come per legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende, nonchè alla rifusione delle spese in favore della parte civile, che liquida in complessivi Euro 1336,50 oltre iva e cpa come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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