Corte Suprema di Cassazione Penale Sezione V Sentenza n. 37452 del 2006 deposito del 14 novembre 2006

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Osserva

Con ordinanza emessa in, data 11 marzo 2003 la Ca di Brescia dichiarava inammissibile la istanza di revisione, presentata da G? A? e G? A?, della sentenza emessa il 17 marzo 2000 dalla Corte di Assise di appello di Milano, divenuta irrevocabile il 19 febbraio 2001, che aveva condannato P? R? M?, madre delle due istanti, per l’omicidio, quale mandante, del marito, M? G?.

Con tale richiesta le istanti avevano portato nuove prove, tomoscintigrafia cerebrale (PET) effettuata dalla condannata per la prima volta il 2 dicembre 2002, nonché una cartella clinica che documentava una cura di radioterapia praticata dalla R? nel 1992, tre anni prima dell’omicidio, a seguito di intervento chirurgico per l’asportazione di un tumore, a sostegno della tesi, esclusa dai giudici di merito, che, però, non avevano potuto esaminare tali nuovi elementi di prova, che la R? al momento del fatto fosse incapace di intendere e volere.

A seguito di impugnazione delle istanti, oltre che della condannata P? R? M?, la Corte di Cassazione, con sentenza emessa in data 27 gennaio 2004, dopo avere rilevato che il giudice a quo non si era doverosamente limitato ad una delibazione della rilevanza probatoria della richiesta, peraltro sulla riconosciuta premessa della sua novità, ma aveva espresso un vero e proprio giudizio di merito, in termini di concreta inefficacia sulla rimozione del giudicato, il che non gli competeva, annullava l’ordinanza impugnata e rinviava ad altra Corte di appello per il giudizio di revisione.

Con sentenza del 17 dicembre 2004 la Corte di appello di Venezia rigettava la richiesta di revisione

La Corte, dopo avere premesso che nel corso del giudizio di merito la questione della dedotta incapacità di intendere e volere era stata diffusamente trattata, anche a seguito dell’espletamento di esami specialistici, e che i giudici avevano escluso che la R? all’epoca fosse affetta dalla c.d. sindrome psichiatrica del lobo frontale integrante un vizio totale o parziale di mente, poneva ai periti un quesito volto ad accertare se la PET manifestasse un quadro oggettivo diverso da quello che aveva costituito la base di partenza delle valutazioni di periti e giudici nel processo di merito; all’esito dell’elaborato peritale la Corte di merito riteneva che la PET non avesse aggiunto nulla ai fini di un accertamento che potesse avere una qualche influenza sulla valutazione della capacità di intendere o di volere e che, pertanto, non consentisse di mettere nel nulla il giudicato che sul punto si era formato.

Avverso tale sentenza e le varie ordinanze dibattimentali inerenti l’espletamento della perizia proponevano ricorso per cassazione A? G?, A? G? e P? R? M?, che deducevano i seguenti motivi di impugnazione:

1) Vizio di motivazione ed erronea applicazione della legge penale con riferimento agli articoli 630 lettera c) e 636 n. 2 c.p.p. perché la Corte di merito più che procedere ad un giudizio di revisione ha compiuto una valutazione di ammissibilità, quando, invece, la Corte di Cassazione aveva già ritenuto la PET una prova nuova; la Corte avrebbe dovuto valutare gli esiti della PET unitamente agli altri elementi di prova ed agli effetti della radioterapia, non presi proprio in considerazione questi ultimi, e stabilire se la R? all’epoca del fatto avesse o meno la capacità di intendere e volere.

2) Vizio di motivazione perché è stato errato il quesito peritale dal momento che i giudici hanno richiesto una inutile valutazione sulla valenza probatoria della PET, mentre il problema era valutare gli esiti di tale esame unitarnente agli altri già valutati in sede di merito. Inoltre non hanno valutato tutte le dichiarazioni dei consulenti di parte, non hanno disposto la visita medico, legale sulla R? e non hanno considerato la perizia Zoja, Colacurcio che aveva concluso ritenendo la R? affetta dalla sindrome del lobo frontale, patologia che esclude la capacità di intendere e volere.

3) Vizio di motivazione sia perché la Corte di merito non ha valutato le conclusioni dei consulenti di parte sia perché è carente la motivazione dei giudici che hanno prescelto le conclusioni dei periti di ufficio, sia principalmente perché la Corte di merito ha chiesto una comparazione tra la PET e le RM valutate in sede di merito, mentre la valutazione andava fatta con la perizia effettuata in primo grado il 9 ottobre 1998. Inoltre i giudici non hanno valutato la prova nuova costituita dagli effetti della radioterapia e non hanno tenuto conto della perizia del consulente della parte civile, depositata soltanto all’udienza di discussione

4) Violazione dell’articolo 606 lettera d) c.p.p. per la mancata assunzione della prova testimoniale ed impugnazione dell’ordinanza 9 luglio 2004 che tale prova aveva escluso, dal momento che l’assunzione di consulenti, parenti ed esercenti professioni sanitarie sarebbe stata essenziale per valutare gli stati psicofisici della R? alla luce delle nuove prove.

5) Mancata assunzione di una prova decisiva, e precisamente la esibizione delle RM dell’epoca, richiesta dal difensore il 17 dicembre 2004 e rigettata in pari data con ordinanza pure impugnata.

6) Impugnazione della ordinanza del 9 luglio 2004 per invalida costituzione della parte civile e rigetto della richiesta di esclusione, perché mancava la procura al difensore per il giudizio di revisione.

7) Impugnazione della ordinanza resa fuori udienza il 30 novembre 2004 con la quale i giudici chiarivano ai periti i termini del quesito limitandolo ad una comparazione tra PET ed RM.

8) Sospensione della pena in pendenza del processo di revisione tenuto conto dei documenti clinici prodotti

In data 17 gennaio 2006 veniva depositata una memoria difensiva in favore della ricorrente P? R? M? con la quale venivano ripresi e sviluppati alcuni argomenti già contenuti nel ricorso.

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto G? A?, G? A? e R? M? P? non sono fondati.

La Corte di cassazione, come si è già detto, ha annullato l’ordinanza della Ca di Brescia in data 11 marzo 2003, che aveva dichiarato in ammissibile l’istanza di revisione, per motivi essenzialmente procedurali perché i giudici non si erano limitati ad un esame preliminare concernente l’ammissibilità o meno della istanza, ma avevano deciso nel merito confondendo tra fase rescindente e fase rescissoria, che prevede la fissazione del dibattimento ed il conseguente contraddittorio tra le parti processuali. La Corte di appello di Venezia, partendo da tale corretta premessa ha fissato il dibattimento ed ha disposto una nuova perizia medico, legale intesa ad accertare se la PET avesse o meno consentito di acquisire nel presente procedimento elementi fattuali di valutazione nuovi e diversi rispetto a quelli già sottoposti al vaglio dei giudici della fase di cognizione

Sebbene contestato dalle ricorrenti con argomenti suggestivi e di sicuro interesse, tale metodo di procedere della Corte di merito appare corretto.

In effetti non si può negare che la PET sia un mezzo di prova nuovo fondato su nuove metodologie di acquisizione di dati di per sé idoneo al raggiungimento di risultati di ricerca più affidabili (vedi sulla perizia fondata su nuove metodologie scientifiche considerata prova nuova ai sensi e per gli effetti previsti dall’articolo 630 c.p.p. Cass. 16455/05, in CED 231579); del resto la Sc lo aveva riconosciuto con la sentenza di annullamento. Il problema consisteva e consiste, quindi, nel verificare se attraverso questa nuova metodica di ricerca medica, non esistente nel momento in cui la R? veniva sottoposta a perizia psichiatrica, sia o meno possibile acquisire nel caso concreto elementi fattuali di valutazione nuovi; soltanto in caso di risposta positiva a siffatto quesito è possibile sostenere che ci si trova in presenza di una prova nuova ai sensi e per gli effetti indicati dalla lettera e) dell’articolo 630 c.p.p.. Insomma la prova nuova deve consistere nella acquisizione di dati fattuali che non era possibile acquisire con i mezzi tecnici esistenti all’epoca dell’esame peritale.

Nel caso in cui la PET non consenta nel caso concreto di acquisire nuovi elementi fattuali di valutazione, essa non può atteggiarsi che come un ulteriore accertamento medico che non può essere considerato nuova prova.

La Corte di legittimità ha, invero, stabilito che deve essere negata la qualità di nuova prova ad ulteriori accertamenti medici eseguiti sulla persona dell’imputato cor riferimento alle capacità di intendere e di volere al momento del processo nel corso del quale era stata eseguita una perizia medico, legale per la valutazione dell’asserita incapacità (così Cass. 762/05, in CED 23 988).

Insomma e per concludere sul punto il processo di revisione non può costituire un mero espediente per introdurre nel nostro sistema un quarto grado di giurisdizione (e poi un quinto con il ricorso per cassazione) perché è necessario salvaguardare non solo le esigenze di giustizia sostanziale ma anche la certezza dei rapporti giuridici e, quindi, la intangibilità del giudicato.

Il contemperamento di queste due esigenze si ottiene soltanto con una corretta interpretazione dell’istituto della revisione, cosi come è stato fatto dalla Corte veneziana.

Con l’impostata la vicenda le critiche contenute nel primo motivo di impugnazione sono infondate perché correttamente, come si è già notato, la Corte di merito ha disposto perizia medico legale intesa in primo luogo ad accertare se nel caso concreto erano stati acquisiti elementi fattuali nuovi rispetto a quelli posti all’attenzione dei giudici della cognizione dai numerosi esami specialistici eseguiti nel corso del processo.

Non è poi vero che la Corte di merito si sia limitata ad operare una valutazione di ammissibilità della istanza e si sia sottratta ad una valutazione di merito.

Il quesito peritale, precisato dalla Corte in corso dell’esame, era chiaro ed i periti hanno risposto con precisione rilevando che i reperti della PET cerebrale del 2002, confrontati con le risonanze magnetiche del 2002, del 1998, del 1996 e del 1994 non dimostrano significative differenze ai fini dell’accertamento dell’entità del danno.

Ed ancora più chiaramente nella sentenza impugnata è riportato il parere del professore Gatti il quale con molta incisività e chiarezza ha detto che l’esame PET non aggiunge nulla ai fini di un accertamento che potesse avere una qualche influenza sulla valutazione della capacità di intendere o di volere.

La Corte di merito si è poi dilungata per spiegare perché siffatte conclusioni dovevano essere accolte e francamente non si rilevano nel discorso della Corte veneziana delle illogicità che minano la decisione

Di fronte a siffatti risultati della perizia medico legale non era lecito andare oltre pena lo stravolgimento del giudizio di revisione, perché se gli elementi fattuali di valutazione apportati da questo nuovo strumento diagnostico sono sostanzialmente identici a quelli già raccolti con altri strumenti sofisticati e sottoposti al vaglio del giudice di cognizione una nuova valutazione degli stessi elementi sarebbe illegittima e non conforme alla logica della revisione, che vuole una nuova valutazione soltanto se alcuni elementi di prova, o perché sopravvenuti o perché comunque non considerati, siano sfuggiti alla valutazione del giudice di merito.

Le considerazioni svolte rendono manifesta la infondatezza anche del secondo motivo di impugnazione.

Quanto al rilievo che non sarebbero state considerate alcune deduzioni tecniche dei consulenti di parte va detto che il giudice, dopo avere esaminato con cura tutti gli elementi processuali, deve indicare tutti gli argomenti che legittimano la decisione adottata e che, ovviamente, contrastano le tesi non accolte.

Il giudice ovviamente non è tenuto a rispondere nella sentenza a tutti gli argomenti prospettati dalle parti anche se di essi dovrà tenere conto al momento ella decisione.

Il terzo motivo di impugnazione che denuncia un vizio della motivazione è pure infondato tenuto conto delle osservazioni svolte in precedenza; in particolare appare ingenerosa l’accusa di mancanza di motivazione in ordine alle ragioni che hanno indotto la Corte di merito a ritenere valida l’impostazione dei periti di ufficio, come si è già dimostrato richiamando numerosi passaggi motivazionali.

Quanto alla presunta omessa valutazione della perizia del consulente della parte civile non si vede quale possa essere l’interesse della condannata; in ogni caso tale consulenza venne depositata all’udienza di discussione.

Comunque da tutta l’impostazione del motivo in esame appare chiaro il desiderio delle ricorrenti di addivenire ad un nuovo giudizio di merito.

Ed infatti, con il quarto motivo di impugnazione le ricorrenti si sono dolute che non fosse stata accolta la richiesta di sentire in dibattimento consulenti e testimoni per valutare gli stati psicofisici della R? alla luce delle nuove prove.

Ma se si è stabilito che la PET non ha apportato alcun nuovo elemento fattuale rispetto a quelli già noti e valutati, non si vede per quale ragione la Corte di merito avrebbe dovuto risentire consulenti e testimoni.

Il motivo è, quindi, manifestamente infondato.

Infondato è anche il quinto motivo concernente la pretesa illegittimità di una ordinanza dibattimentale che non aveva ordinato la esibizione della REM del 13 aggio 1996; in verità non si capisce per quale ragione si sarebbe dovuta esibire la lastra in questione dal momento che i periti avevano riferito di avere raffrontato i risultati ottenuti con la PET con quelli ottenuti con gli esami REM effettuati dal 1994 al 2002. In siffatta situazione, anche a volere ammettere una difficoltà da parte dei periti ne la visione delle lastre del 13 maggio 1996, come sembrano prospettare le ricorrenti, non è assolutamente possibile parlare di prova decisiva a proposito del mancato ordine di esibizione perché la prova chiesta non ha nessun carattere di decisività, che peraltro, è stata soltanto affermata dalle ricorrenti, ma non privata.

E infondato anche il motivo concernente la pretesa illegittima costituzione della parte civile ritenuta invalida. Infatti, a parte gli argomenti utilizzati dalla Corte di merito, va detto che la e civile non ha agito di sua iniziativa nella presente procedura, e del resto n avrebbe potuto farlo, ma è stata citata per partecipare al giudizio di revisione in virtù del principio della immanenza della costituzione di parte civile, ha partecipato al dibattimento ed ha fatto valere le proprie ragioni. Non era necessaria pertanto nessuna specifica procura ad hoc, essendo tra l’altro sufficiente la procura rilasciata al difensore per resistere nel procedimento di cassazione, come la Corte di merito ha spiegato anche il settimo motivo di impugnazione è infondato per tutte le ragioni già espresse nella discussione del primo e del secondo motivo di impugnazione.

Al fine di evitare inutili ripetizioni si rinvia a quanto già detto.

Infine nessun provvedimento è stato adottato né dalla Ca né da questa Corte in ordine alla richiesta di sospensione della pena in pendenza del processo di revisione e, quindi, nessun provvedimento deve essere adottato dalla Corte di legittimità a conclusine del giudizio di cassazione.

Per tutti i motivi indicati il ricorso deve essere rigettato e le ricorrenti debbono essere condannate a pagare in solido le spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti a pagare in solido le spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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