Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 05-05-2011) 11-08-2011, n. 31889

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 6/10/01 il Tribunale monocratico di Venezia, giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza di S.V. intesa alla revoca di una sentenza di condanna (pronunciata il 30/6/94 dal Pretore di Venezia) divenuta definitiva nei suoi confronti, anche perchè la ragione prospettata (estensione al soggetto condannato dei motivi di assoluzione di un concorrente nel reato) era già stata indirettamente esclusa dalla sentenza della Corte di Cassazione (n. 620/96) che aveva concluso il procedimento.

Ricorreva per cassazione la difesa, deducendo mancanza di motivazione e violazione di legge penale e processuale: il giudicante aveva trascurato che in sede di legittimità è generalmente impossibile valutare il carattere personale o meno dei motivi e che pertanto nemmeno indirettamente la S.C. aveva potuto apprezzare la fondatezza della questione ( art. 587 c.p.p.); tanto premesso, il giudice dell’esecuzione aveva errato nel rigettare l’istanza, posto che nel processo di merito, che vedeva gli imputati S. e Z. rispondere in concorso di truffa e falso, l’assoluzione in primo grado dello Z. era divenuta definitiva (per il tardivo deposito dei motivi di appello da parte della Procura di Venezia).

Chiedeva in via principale l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, e delle correlate sentenze di merito, con ogni conseguente adempimento in ordine alla irrevocabilità della condanna e alla relativa annotazione nel certificato del casellario giudiziale;

chiedeva in subordine l’annullamento con rinvio.

Nel suo parere scritto il PG presso la S.C. chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso (con le conseguenze accessorie di legge), posto che l’art. 587 c.p.p. può trovare ingresso solo allorquando un motivo di impugnazione non personale di un coimputato si trasmetta alla posizione di altro coimputato non impugnante o la cui impugnazione sia stata dichiarata inammissibile. Nella specie lo S. aveva proposto autonoma impugnazione, che era stata rigettata nel merito, mentre il coimputato Z. era stato assolto per ragioni strettamente personali, in quanto attinenti al dolo. Con memoria ex art. 611 c.p.p. la difesa, preliminarmente censurata la richiesta del PG con riferimento alla sanzione pecuniaria per la ritenuta inammissibilità del ricorso, nel merito rilevava che anche lo Z. aveva proposto appello e poi ricorso per cassazione, dove era riconosciuta la tardività dell’appello proposto dal Pm nei suoi confronti, e che la Corte di Appello avrebbe dovuto estendere di ufficio allo S. l’effetto favorevole della mancata (perchè intempestiva) impugnazione del Pm. Da annullare, comunque, l’ordinanza del giudice dell’esecuzione per assoluta carenza di motivazione. Insisteva nelle conclusioni rassegnate col ricorso.

Il ricorso, manifestamente infondato, è inammissibile.

Lo è nella versione originaria, dove il ricorrente, distorcendo la formulazione dell’art. 587 c.p.p., pretende di estendere al coimputato un motivo di appello (e poi di ricorso per cassazione) inteso ad affermare la tardività dell’impugnazione del Pm avverso l’assoluzione da lui riportata in primo grado (per ragioni attinenti al dolo, in ordine a certificati medici emessi in favore dello S.). L’art. 587 c.p.p. prevede invece che il coimputato non impugnante o la cui impugnazione sia dichiarata inammissibile (e il coimputato S., beneficiario dei detti certificati, aveva proposto autonomi motivi di impugnazione valutati nel merito) possa beneficiare dell’accoglimento di eventuali) motivi di impugnazione, oggettiva estensibili alla sua posizione, proposti dal coimuputato.

La pretesa è manifestamente infondata anche nella memoria ex art. 611 c.p.p.: la condanna al pagamento di una somma a favore della cassa delle ammende è dovuta per legge in caso di inammissibilità del ricorso ( art. 616 c.p.p.); è un fuor di luogo, una volta chiarito anche da parte del ricorrente l’iter del processo, chiedere l’estensione non dell’accoglimento nel merito di un motivo di appello oggettivamente comune ai due imputati, ma di una pronuncia procedurale con effetti definitivi su un’assoluzione riportata da uno di essi per soggettive ragioni attinenti all’elemento psicologico del reato (si può annotare che nei confronti dello S., condannato in primo grado, il P.M. aveva appellato tempestivamente, in ordine alle attenuanti generiche). Corretta anche la motivazione il provvedimento impugnato.

Annulla la dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una congrua sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Visto l’art. 606, comma 3, art. 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di 1.000 Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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