Cons. Stato Sez. V, Sent., 16-09-2011, n. 5193

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il presente appello è proposto dalla società E. L. s.r.l. e si dirige contro la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, ha accolto in parte un ricorso proposto dagli odierni controinteressati ed ha annullato l’autorizzazione unica, ai sensi dell’art. 208 del d. lgs. n. 252 del 2006 (atti dirigenziali della Provincia di Lecce n.10 in data 28 gennaio 2009 e n.187 del 27 novembre 2008), per la realizzazione e la gestione di un impianto di recupero di rifiuti mediante processi di digestione anaerobica e di compostaggio con annessa sezione per la produzione di energia elettrica.

Premessa la natura geomorfologica dell’area e il fatto che era indetta una conferenza dei servizi per l’ottenimento del relativo provvedimento autorizzativo al fine della realizzazione della discarica (con valutazione di impatto ambientale favorevole), rileva l’appellante che questa si è conclusa favorevolmente, con la partecipazione di tutti gli enti interessati e con l’approvazione di una variante urbanistica interessante l’area in questione.

Intervenuto il ricorso prima indicato, questo è stato accolto dal primo giudice, in quanto alla conferenza dei servizi non erano stati invitati i Comuni di Cavallino e di Lizzanello e non aveva partecipato alcun soggetto che potesse impegnare il Consiglio comunale di Lecce, unico titolare del potere di approvare la variante urbanistica.

Questi i motivi dell’appello:

Inammissibilità del ricorso introduttivo; in quanto nessuno dei ricorrenti in primo grado ha allegato un qualsiasi pregiudizio dall’intervento programmato, non bastando all’uopo la mera "vicinitas", per non essere stato impugnato il primo provvedimento autorizzativo (n. 187 del 2008), perché la mancata partecipazione alla conferenza dei servizi dei comuni di Lizzanello e Cavallino è superata dal fatto che gli stessi non hanno un territorio che ricade nell’area dell’intervento;

Infondatezza dei motivi del ricorso di primo grado; poiché, relativamente alla mancata partecipazione dei comuni contermini, questa, come si è detto in precedenza, non era necessaria, mentre la mancata partecipazione di un rappresentante del Consiglio comunale di Lecce, che potesse impegnare lo stesso, per la variante, era irrilevante, non essendo necessario un tale strumento, stante la compatibilità urbanistica.

Si costituiscono in giudizio sia il Comune di Lecce che i controinteressati L. D. M. s.r.l., P. s.r.l., S. A., Roberto Personé e M. R., che si oppongono all’appello e ne chiedono la reiezione, insistendo sulla illegittimità della conferenza dei servizi.

I contro interessati, contro la sentenza che ha in parte respinto il loro originario ricorso laddove era diretto contro la valutazione dirigenziale di impatto ambientale (atto n.105 in data 15 settembre 2008), presentano altresì appello incidentale, riproponendo cinque delle originarie censure disattese dal Tar.

L’appellante presenta successive memorie illustrative, con le quali contesta, fra l’altro, lo "ius postulandi" del difensore del Comune di Lecce per essere illeggibile la firma del sindaco nel mandato e la tardività dell’appello incidentale dei controinteressati.

La causa passa in decisione alla pubblica udienza del 29 aprile 2011.

Motivi della decisione

I

L’appello principale che, nella specie, va esaminato per primo è infondato

Con esso si eccepiscono anzitutto profili di inammissibilità del ricorso in prime cure e della costituzione in appello del Comune di Lecce.

Essi vanno disattesi.

Per quanto riguarda la illeggibilità della firma del Sindaco di Lecce sul mandato conferito al difensore, la questione non ha fondamento, poiché la sottoscrizione è autenticata e per contestarla occorre una specifica querela di falso

Va poi riconosciuta la legittimazione attiva dei ricorrenti in primo grado, in quanto gli stessi, trovandosi tutti in vicinanza dell’impianto e in stabile collegamento con il relativo territorio, allo stato D. atti appaiono logicamente portatori di interessi sostanziali sotto vari profili (in particolare con riguardo alla eventuale svalutazione delle loro aree, alla minore appetibilità delle stesse, alla salubrità dei siti).

Come tali sono legittimati ad agire per il rispetto della normativa anche procedimentale di settore, una volta che, come nella specie, essa sia posta a tutela della corretta localizzazione dell’impianto.

D’altra parte:

– la legittimazione non si può subordinare alla produzione di una prova puntuale della concreta pericolosità dell’impianto, reputandosi sufficiente una prospettazione delle temute ripercussioni su un territorio comunale collocato nelle immediate vicinanze della centrale da realizzare. (Consiglio Stato, sez. VI, 05 dicembre 2002, n. 6657);

– ancorché poi un impianto di trattamento di rifiuti ricada in altro vicino comune è ovvio che esso può arrecare disagi e danni non solo agli appartenenti al comune di ubicazione, ma anche ai cittadini dei comuni limitrofi (. Consiglio Stato, sez. V, 03 maggio 2006, n. 2471).

Relativamente alla censura di inammissibilità del ricorso al Tar, per non essere stata impugnata la delibera n. 187 del 2008, va rilevato che i ricorrenti non ne hanno avuto (almeno ufficialmente) notizia, per cui la successiva impugnazione dell’unico atto conosciuto deve considerarsi tempestiva.

Relativamente al merito del ricorso in appello, il Collegio ritiene che sia correttamente motivata la sentenza di primo grado, in quanto il fatto che la conferenza dei servizi abbia individuato la necessità di una variante al piano regolatore generale involge sicuramente la competenza esclusiva del Consiglio comunale di Lecce, mentre il parere favorevole alla stessa in sede di conferenza è stato reso da un funzionario dell’Amministrazione comunale, senza alcuna rappresentatività del medesimo Consiglio comunale.

Che la variante urbanistica fosse necessaria o meno è poi vicenda irrilevante nella specie; il fatto è che tale variante è stata deliberata, senza che però l’organo competente alla sua adozione sia stato parte della conferenza dei servizi, per cui la medesima (non adottata, peraltro, successivamente dal Consiglio comunale) ha deliberato in ordine a poteri di cui era sprovvista, con la conseguenza che, essendo la variante medesima essenziale per l’adozione del provvedimento di autorizzazione, la medesima autorizzazione deve ritenersi priva di un presupposto necessario.

Come detto soggetti interessati alla localizzazione sono non solo agli appartenenti al comune di ubicazione, ma anche ai cittadini dei comuni limitrofi con la conseguenza che va riconosciuta la qualità di soggetto interessato anche a tale Comune limitrofo, quale ente competente alla tutela D. interessi della collettività dei propri cittadini. E ciò anche ai fini della partecipazione alla conferenza di servizi ex art.208 d.lgs.152/2006 in qualità di ente locale interessato, indipendentemente dal fatto che l’impianto non sia ubicato nel territorio dei due comuni, ma sia solo limitrofo ad esso..

.

II

La sentenza in epigrafe è stata appellata in via incidentale dagli originari ricorrenti nella parte in cui è stata ritenuta immune dai vizi denunciati la determinazione recante valutazione di impatto ambientale (n. 105 del 15 settembre 2008). Sono stati riproposti i seguenti motivi

1) premesso che la normativa vigente in materia prevede la localizzazione D. impianti di gestione di rifiuti in aree industriali, il provvedimento non avrebbe tenuto adeguatamente conto del fatto che esiste una apposita zona di questo tipo (D2) nell’agglomerato industriale di Lecce – Surbo;

2) l’area individuata per la localizzazione dell’impianto è stata ritenuta idonea, a tal fine, in quanto posta nelle vicinanze di un sito industriale dismesso (ex inceneritore RSU) nonché nei pressi di una ex discarica sottoposta a bonifica. Tali caratteristiche (sito dismesso oppure bonificato), secondo la citata normativa in materia di rifiuti, dovrebbero invece essere proprie dell’area ove localizzare l’impianto e non di aree soltanto limitrofe ad esso;

3) non sarebbe stata adeguatamente considerata la effettiva realtà urbanistica del sito interessato, dato che le zone circostanti sarebbero attualmente interessate in parte da una restituzione all’originaria vocazione agricola, in parte da un nuovo sviluppo in senso residenziale e commerciale, nonché turisticoricreativo;

4) non sarebbero stati adeguatamente considerati il buon funzionamento del sistema di areazione, il dimensionamento dei rifiuti trattabili, la superficie dell’impianto, l’approvvigionamento idrico e la indeterminatezza di tipologia, destinazione e quantitativi dei rifiuti in ingresso;

5) le caratteristiche del sito non sarebbero state adeguatamente valutate in sede istruttoria, con conseguente numero eccessivo delle prescrizioni contenute all’interno della determinazione di VIA, soprattutto con riferimento alla previa caratterizzazione ed eventuale bonifica che sull’area de qua dovrebbero essere attivate prima della realizzazione dell’intervento

L’appello incidentale è infondato (e ciò esime il Collegio dall’esaminare l’eccezione di tardività dello stesso).

Il Collegio osserva che

12) Quanto alle prime due censure, esse vanno disattese in quanto in assenza di aree idonee allo scopo, l’Amministrazione si è orientata ad una localizzazione che risponde ad alcuni D. indirizzi emergente dagli atti normativi e generali applicabili nella specie

In particolare l’art. 8.2. del decreto commissariale n. 187 del 2005 (piano regionale di gestione dei rifiuti) stabilisce che nella localizzazione: "Dovranno, altresì, essere osservati i seguenti criteri: A) Impianti di recupero… in siti che lo strumento urbanistico destina attività industriale, salve eventuali limitazioni derivanti da particolari esigenze igienicosanitarie e ambientali, nonché orografiche. La priorità per aree industriali dismesse e aree sottoposte a interventi di bonifica e ripristino ambientale".

Nell’atto impugnato si afferma in particolare che: a) "l’attuale destinazione d’uso dell’area richiede una variante urbanistica"; b) "la localizzazione è coerente con le indicazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti…. che, nel caso di indisponibilità dei lotti liberi in siti che lo strumento urbanistico destina ad attività industriale, assegna priorità alla localizzazione in aree industriali dismesse ed aree sottoposte ad interventi di bonifica e ripristino ambientale. L’area interessata dal progetto è, infatti, al confine con una ex discarica di rifiuti urbani e speciali del Comune di Lecce, per la quale si è provveduto ad interventi di messa in sicurezza permanente, ed è inoltre prospiciente l’ex inceneritore comunale per R.S.U.".

Si desume da questi riferimenti che l’atto impugnato si è legittimamente orientato alla contestata localizzazione sul presupposto di indisponibilità di aree libere (non sembrano tali quelle cui fanno riferimento gli appellanti incidentali) con destinazione urbanistica industriale in Comune di Lecce e alla individuazione di un’area con caratteristiche assimilabili, un sito "posto al confine di" e non ("ricadente in") aree industriali dismesse oppure sottoposte a bonifica

D’altra parte- come rilevato dal Tar – la valutazione circa la eventuale sussistenza di aree alternative è da ricondurre al procedimento di compatibilità urbanistica che, anche in vista della connessa variante, trova successivo sviluppo all’interno della conferenza di servizi di cui all’art. 208 del codice dell’ambiente, ossia in sede di autorizzazione unica finale (segmento procedimentale nella specie come visto carente per partecipazione ad esso di un rappresentante del Comune di Lecce, privo dei relativi poteri).

3. Il terzo motivo non trova sufficienti riscontri utili ad evidenziare l’illogicità della localizzazione. Come poi rilevato dal Tar, anche tali valutazioni ben possono formare oggetto del parere di compatibilità che l’amministrazione comunale – per il tramite dei competenti organismi – è chiamata ad esercitare in seno alla conferenza di servizi prevista, "a valle" del procedimento VIA, dall’art. 208 del codice dell’ambiente.

4. Attiene al merito e comunque non evidenzia illogicità tecniche la quarta censura.

5. Come esattamente rilevato dal Tar.. la prescrizione con la quale è stato imposto al privato di attivare, prima della realizzazione dell’impianto, le procedure di cui agli artt. 239 ss. del codice dell’ambiente (bonifica di siti inquinati), non rappresenta certamente un "vulnus" alla tutela dei valori ambientali ma, per converso, una occasione di maggiore e più articolata ponderazione dei medesimi valori, dato che potrebbe innescarsi, mediante questa nuova fase procedimentale, un momento di ulteriore valutazione diretta, se del caso, alla eliminazione di possibili sorgenti inquinanti.

D’altra parte, imporre al privato l’onere di attivare preliminarmente la procedura di bonifica e messa in sicurezza del sito, prima ossia di adottare qualsiasi decisione sulla fattibilità o meno, in sé, dell’intervento, si tradurrebbe con ogni probabilità in una ingiustificata, onerosa e sproporzionata forma di aggravio procedimentale, anche sotto il profilo tecnicoeconomico, atteso che la determinazione sulla compatibilità ambientale potrebbe risultare di segno negativo anche a prescindere dall’esito positivo di siffatta procedura.

III

Conclusivamente, vanno rigettati sia l’appello principale che l’appello incidentale, con conferma della sentenza appellata.

Le spese del presente grado di giudizio, in considerazione della vicendevole soccombenza, possono essere integralmente compensate fra tutte le parti costituite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

rigetta l "appello principale;

rigetta l’appello incidentale.

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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