Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con ricorso al TAR per la Lombardia il signor M. B., in proprio e quale tutore di M. B., disabile in situazione di gravità ed inserito dalla competente autorità sociosanitaria presso il Centro Residenziale per disabili "Tonini – Boninsegna" di Brescia, chiedeva l’annullamento della nota 1.6.2009 n. 1509 del responsabile amministrativo del comune di Pavia nonché di tutti gli atti comunque connessi, tra cui in particolare i regolamenti comunali,disciplinanti la compartecipazione al costo. del servizio fruito dal figlio o comunque dei servizi a favore delle persone con disabilità.
Deduceva di essere pensionato e di costituire, unitamente alla moglie e al figlio M., un unico nucleo familiare anagrafico la cui situazione economica equivalente, secondo la dichiarazione ISEE familiare, ammonta ad Euro 6.527,30 annui con una situazione reddituale e patrimoniale del figlio M. pari a zero.
Con la anzidetta nota 1.6.2009 n. 1079, il responsabile amministrativo del Settore Socio assistenziale del Comune di Pavia aveva comunicato le condizioni di ricovero di M. B. presso la indicata struttura, che prevedono il costo giornaliero del ricovero di Euro 22,01 a carico del ricoverato, Euro 2,25 a carico dei parenti ed Euro 3,74 al giorno a carico del Comune, sulla base e con riferimento agli atti fatti oggetto di impugnazione.
Sempre secondo il ricorrente, la disciplina comunale in tal modo veniva a prevedere in via generalizzata la compartecipazione al costo del servizio da parte dei parenti dell’utente, in contrasto con la normativa ISEE e con il principio di "evidenziazione della situazione economica del solo utente", nonché in contrasto con il principio di proporzionalità, risolvendosi in una ingiusta ed eccessivamente onerosa imposizione a detrimento dei diritti e degli interessi del disabile e delle persone componenti il nucleo familiare di appartenenza.
Con sentenza n. 1488 del 21/1/2010, il T. A. R. per la Lombardia, Sezione III, accoglieva parzialmente il ricorso.
Avverso la predetta sentenza il Comune di Pavia ha interposto l’odierno appello, chiedendone la riforma.
Si è costituito in giudizio il Sig. B. M., in proprio e nella qualità di tutore di B. M., chiedendo la reiezione del gravame.
Le parti hanno affidato ad apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi giuridiche.
Alla pubblica udienza del 31 maggio 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
1. La questione giuridica sottoposta all’esame del Collegio con l’odierno appello, si sostanzia nello stabilire se abbia o meno immediata precettività il principio di evidenziazione. della situazione economica del solo assistito, in relazione alla partecipazione al costo dei servizi resi a favore delle persone con disabilità grave (come nel caso di specie), sancito dall’art. 3 co. 2 ter. del D. Lgs. 109/1998 e se, quindi, operi o meno il divieto di coinvolgimento di parenti ritenuti "obbligati per legge" al pagamento delle relative rette.
Al riguardo, il primo giudice ha sostenuto che i principi della Convenzione di New York del 13 dicembre 2006 "supportano, in relazione alla posizione delle persone disabili, la tesi dell’immediata applicabilità del comma 2 ter. dell’art. 3 del d. lvo 1998 n. 109 nella parte in cui introduce il criterio fondato sulla situazione economica del solo assistito, trattandosi di un parametro che riflette proprio l’esigenza di considerare in modo autonomo ed individuale i soggetti disabili ai fini dell’erogazione di prestazione sociali agevolate".
Con l’odierno appello, il Comune di Pavia oppone nella sostanza che "il tenore letterale dell’art. 3, comma 2 ter decr. legisl. 109/1998 presenta tutti i caratteri della norma di mero indirizzo laddove rimette espressamente al decreto governativo di attuazione non solo l’individuazione dei limiti di applicabilità del predetto decreto legislativo alle prestazioni di natura assistenziale integrata, ma anche il perseguimento del duplice obiettivo di favorire la permanenza dell’assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, obiettivo che lo stesso legislatore afferma di non aver voluto realizzare direttamente; il riferimento di detta norma alla situazione economica del solo assistito si accompagna al contestuale richiamo alla necessità di favorire la permanenza dell’assistito presso il nucleo familiare d’origine, con la conseguenza che la realizzazione del primo risultato non può prescindere da quella del secondo – e viceversa – lasciando quale soluzione residuale quella della prestazione resa in ambiente residenziale assistito.Tale prospettiva non può che trovare il suo assetto nella disciplina secondaria dei limiti applicativi del decr. legisl. n. 109/1998, in assenza della quale ammettere immediata efficacia e precettività alla previsione che valorizza la situazione economica del solo assistito ai fini del concorso ai costi delle prestazioni significherebbe dare vita ad una disciplina incompleta ed incoerente".
Ritiene il Collegio che la tesi sostenuta dal primo giudice, a sostegno della decisione assunta, sia quella corretta.
Ed invero, nei suoi più recenti arresti, la Sezione ha avuto modo di precisare come il d. lgs. n. 109/98 abbia introdotto l’ I.S.E.E. come criterio generale di valutazione della situazione economica delle persone che richiedono prestazioni sociali agevolate, e l’applicazione di tale parametro comporta che la condizione economica del richiedente sia definita in relazione ad elementi reddituali e patrimoniali del nucleo familiare cui egli appartiene.
Rispetto a particolari situazioni, lo stesso d. lgs. n. 109/98 prevede tuttavia l’utilizzo di un diverso parametro, basato sulla situazione del solo interessato.
In particolare, l’art. 3, comma 2 – ter, stabilisce che "limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell’ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave, di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertato ai sensi dell’articolo 4 della stessa legge, nonché a soggetti ultra sessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle aziende unità sanitarie locali, le disposizioni del presente decreto si applicano nei limiti stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la solidarietà sociale e della sanità. Il suddetto decreto è adottato, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, al fine di favorire la permanenza dell’assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione, e sulla base delle indicazioni contenute nell’atto di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 3septies, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
La deroga rispetto alla valutazione dell’intero nucleo familiare è limitata, sotto il profilo soggettivo, alle persone con handicap permanente grave e ai soggetti ultra sessantacinquenni non autosufficienti (con specifico accertamento in entrambi i casi) e, con riguardo all’ambito oggettivo, alle prestazioni inserite in percorsi integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale, di tipo diurno oppure continuativo.
Ricorrendo tali presupposti, deve essere presa in considerazione la situazione economica del solo assistito.(cfr. Sez. V,16 marzo 2011,n.1607).
La tesi che esclude l’immediata applicabilità della norma, in virtù dell’attuazione demandata ad un apposito d.p.c.m., benché sostenuta da questo Consiglio di Stato in sede consultiva (sez. III, n. 569/2009) non appare convincente ed è già stata disattesa dalla Sezione in alcuni precedenti cautelari (sez. V, ord. nn. 3065/09, 4582/09 e 2130/10), che hanno trovato conferma nelle più recenti sentenze (sez. V, sent. n. 551/2011; n. 1607/2011) della Sezione stessa, che il Collegio pienamente condivide.
Deve ritenersi, quindi, che il citato art 3, comma 2 – ter, pur demandando in parte la sua attuazione al successivo decreto, abbia introdotto un principio, immediatamente applicabile, costituito dalla evidenziazione della situazione economica del solo assistito, rispetto alle persone con handicap permanente grave e ai soggetti ultra sessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle aziende unità sanitarie locali.
Tale regola non incontra alcun ostacolo per la sua immediata applicabilità e il citato decreto, pur potendo introdurre innovative misure per favorire la permanenza dell’assistito presso il nucleo familiare di appartenenza, non potrebbe stabilire un principio diverso dalla valutazione della situazione del solo assistito; di conseguenza, anche in attesa dell’adozione del decreto, sia il legislatore regionale sia i regolamenti comunali devono attenersi a tale principio, idoneo a costituire uno dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, mirando proprio ad una facilitazione all’accesso ai servizi sociali per le persone più bisognose di assistenza.
Correttamente quindi il Tar ha fondato la sua interpretazione, oltre che sul dato letterale della legge, sul quadro costituzionale e sulle norme di derivazione internazionale, facendo particolare riferimento alla legge 3 marzo 2009 n. 18 che ha ratificato la Convenzione di New York del 13 dicembre 2006,sui "diritti delle persone con disabilità".
La giurisprudenza ha già sottolineato che la Convenzione si basa sulla valorizzazione della dignità intrinseca, dell’autonomia individuale e dell’indipendenza della persona disabile (v. l’art. 3, che impone agli Stati aderenti un dovere di solidarietà nei confronti dei disabili, in linea con i principi costituzionali di uguaglianza e di tutela della dignità della persona, che nel settore specifico rendono doveroso valorizzare il disabile di per sé, come soggetto autonomo, a prescindere dal contesto familiare in cui è collocato, anche se ciò può comportare un aggravio economico per gli enti pubblici).
I principi della Convenzione costituiscono, quindi, ulteriore argomento interpretativo in favore della tesi dell’immediata applicabilità del comma 2 – ter dell’art. 3 del d. lgs. n. 109/98 e per ritenere manifestamente infondata ogni questione di costituzionalità, che dubiti della compatibilità costituzionale della interpretazione fatta propria dal TAR e qui confermata.
2. Per le ragioni esposte il ricorso è infondato e, come tale, da respingere.
Sussistono giusti motivi, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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