Cass. civ. Sez. I, Sent., 29-12-2011, n. 30007 Chiusura del fallimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Fallimento della s.p.a. IRIS propone ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., sulla base di due motivi, avverso il decreto in data 14 luglio 2005, con il quale la Corte di appello di Napoli ha accolto il reclamo proposto da B.S. e D.D.M. contro il decreto del Tribunale di Napoli in data 15 febbraio 2005, che aveva dichiarato la chiusura del Fallimento per ripartizione dell’attivo, L. Fall., ex art. 118, n. 3. A fondamento del reclamo la B. e il D.D. avevano addotto il credito derivante dalla sentenza del Tribunale di Napoli del 14 luglio 2004, pronunciata nella causa di opposizione allo stato passivo, da loro iniziata dopo che, con decreto del giudice delegato, erano state rigettate le loro istanze di ammissione al passivo.

La Corte di appello, a sostegno della decisione, aveva affermato che ricorrevano le condizioni per la revoca del decreto di chiusura del fallimento, in quanto era sufficiente a concretizzare il danno del reclamante la perdita della facoltà di avvalersi dell’esecuzione collettiva, con le varie possibilità che l’accompagnano, purchè al danno non avesse concorso la colpa del reclamante medesimo, e che la pendenza del giudizio di opposizione allo stato passivo era comunemente ritenuta idonea giustificazione dell’interesse del creditore, derivando altresì la mancanza di colpa dalla necessità dell’accertamento giudiziale della fondatezza della pretesa fatta valere con la domanda di insinuazione allo stato passivo, dopo il mancalo accoglimento da parte del giudice delegato.

Al ricorso del fallimento resistono con controricorso B. S. e D.D.M..

Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la sentenza sia redatta con motivazione semplificata.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il Fallimento ricorrente, denunciando violazione della L. Fall., art. 116, comma 1, e art. 117, comma 1, e vizio di motivazione, deduce che la pendenza di opposizione allo stato passivo non impedisce la chiusura del fallimento ai sensi della L. Fall., art. 118. Afferma inoltre che i reclamanti non hanno provato di non aver ricevuto presso il domicilio eletto la comunicazione del deposito in cancelleria della sentenza di loro ammissione al passivo del 14 luglio 2004 e che comunque i medesimi, per non incorrere in colpa, si sarebbero dovuti attivare per la notifica al curatore di detta sentenza.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e vizio di motivazione in ordine alla mancata indicazione, da parte della Corte di appello, del soggetto gravato delle spese del giudizio, liquidate in favore dei reclamanti. Il primo motivo è fondato.

Osserva il collegio che, secondo un costante orientamento espresso da questa Corte e a cui il collegio intende dare continuità, in materia di chiusura del fallimento, in presenza di una delle ipotesi previste dalla L. Fall., art. 118, nessuna facoltà discrezionale è data agli organi fallimentari di protrarre la procedura, sicchè quest’ultima, ricorrendo uno dei casi di cui al citato art. 118, deve essere dichiarata chiusa nonostante la pendenza di giudizi di opposizione allo stato passivo o di domanda tardiva di ammissione di credito al passivo. La cognizione della Corte di appello in sede di reclamo è, perciò, limitata alla verifica della sussistenza di una delle predette ipotesi (Cass. 1993/3500; 2001/3819; 2007/22105; 2010/395).

Nel caso di specie la Corte di appello di Napoli, revocando il decreto di chiusura del fallimento in considerazione della pendenza del giudizio di opposizione allo stato passivo promosso dai creditori B. e D.D., non si è uniformata al principio sopra enunciato e il decreto impugnato deve essere pertanto annullato in accoglimento della censura mossa dal Fallimento ricorrente.

Resta assorbito il secondo motivo di ricorso, dovendosi comunque procedere ad una nuova liquidazione delle spese del giudizio di merito in seguito all’annullamento del decreto impugnato.

Poichè non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del reclamo dei nominati B. e D.D., i quali, non ammessi al passivo, non hanno contestato la sussistenza dei presupposti per la chiusura del fallimento per ripartizione finale dell’attivo, ai sensi della L. Fall., art. 118, n. 3, ma hanno dedotto come ragione ostativa a detta chiusura soltanto la pendenza del giudizio di opposizione allo stato passivo da loro promosso, pendenza che, alla stregua del principio in precedenza enunciato, non costituisce impedimento alla dichiarazione di chiusura del fallimento.

Le spese del giudizio di merito e quelle della fase di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, rigetta il reclamo proposto da B.S. e da D.D.M. avverso il decreto del Tribunale di Napoli del 26 gennaio 2005, pubblicato l’8 febbraio 2005, di chiusura del Fallimento della s.p.a. Iris. Condanna in solido i reclamanti al pagamento in favore del Fallimento della s.p.a. Iris delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.000,00, di cui Euro 160,00 per diritti, Euro 800,00 per onorari ed Euro 40,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge. Condanna inoltre i controricorrenti in solido al pagamento in favore del Fallimento ricorrente delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorario, oltre a spese generali e accessori di legge.
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