Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 30-06-2011) 12-08-2011, n. 32109 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.C. e V. erano amministratori della F.LLI FALCO Srl., società fallita in (OMISSIS): essi sono soggetti di indagine per bancarotta fraudolenta patrimoniale nella forma della causazione dolosa del dissesto, L. Fall., art. 223, comma 2, n. 2, (capo a) sulla base di queste condotte:

– trasferimento dell’azienda nella sua integralità a favore di GICAUTO;

– creazione di fittizia esposizione debitoria della fallita F.LLI FALCO;

– distrazione di merci varie e di veicolo fittiziamente ceduto a GIACAUTO unitamente a F.G. amministratrice di GICAUTO Srl. I predetti C. e V. rispondono anche di bancarotta fraudolenta documentale (Capo b). Ma su quest’ultimo addebito non si rinviene espressa censura nell’impugnazione del PM. Il GIP presso il Tribunale di Napoli ha emesso, il 24.1.2011, sequestro preventivo delle quote e dei beni aziendali di GICAUTO Srl.

Avverso il provvedimento gli attuali ricorrenti interposero richiesta di riesame segnalando l’assenza dei presupposti del provvedimento cautelare: il tribunale di Napoli annullò il decreto e revocò il sequestro (anche un provvedimento restrittivo della libertà personale è stato annullato).

Ricorre il Procuratore della Repubblica di Napoli ed eccepisce:

l’errata lettura delle risultanze di causa circa la natura simulata dei debiti esposti, erroneamente ritenuti estranei al mancato pagamento di forniture a F.LLI FALCO, inoltre, a torto è stata esclusa la configurabilità di una condotta di fraudolenta distrazione in un negozio oneroso che abbia sottratto un bene all’asse patrimoniale: basta la prova della disponibilità del bene con l’omessa giustificazione del suo impiego per l’utilità dell’impresa ed è sufficiente il riscontro ad un forte divario tra il passivo maturato e l’attivo accertato;

errata è la convinzione che occorra la dimostrazione del rapporto causale tra le condotte distrattive ed il dissesto;

è corretta la contestazione del concorso di reati tra causazione dolosa del fallimento (concretata dalla situazione di difficile reperibilità della nuova sede della F.LLI FA.CO, poi accertata presso la GICAUDO) e distrazione fraudolenta, rappresentando più fatti ai sensi della L. Fall., art. 219 cpv., comportamenti astrattamente indipendenti;

era reperita traccia di indagine sulla "continuità" tra F.LLI FALCO e GICAUTO, con la deduzione che le giacenze della prima società, ivi a suo tempo presenti, sono state trasferite gratuitamente alla seconda, che i dipendenti della prima lavorarono anche per la seconda, che tra i F. e la amministratrice, F.G., della GICAUTO esistono rapporti di parentela.

Motivi della decisione

L’impugnazione del Pubblico Ministero prende le mosse da un’inaccettabile premessa: che concreti atto di distrazione la cessione di cespiti accompagnata dal pagamento del loro prezzo.

Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, infatti, non censura la modificazione qualitativa del patrimonio di impresa, essendo – anzi – compito dell’imprenditore anche la produzione e commercializzazione dei beni e servizi, circostanza che implica la sostituzione dei medesimi con denaro e viceversa (cfr. art. 2195 c.c.).

Pertanto l’offesa alle ragioni creditorie, oggetto giudico del reato, si incentra sulla diminuzione quantitativa consapevolmente cagionata al patrimonio di impresa. Senza la dimostrazione di una volontaria riduzione della portata quantitativa dell’asse patrimoniale non è dato ravvisare comportamento fraudolento mancando pregiudizio per le aspettative creditorie. In questo senso l’Ordinanza impugnata appare incensurabile.

Ma analogamente si ravvisa una premessa errata nel voler identificare, in seno alla movimentazione di un organismo commerciale, la destinazione assegnata alla ricchezza riscossa quando essa si sia confusa con il patrimonio dell’ente, ovvero identificare il debito assunto quando il montante passivo si accumula con le restanti poste debitorie, all’esito della procedura concorsuale.

Del pari inappuntabile è la negata ipotesi di concorso formale tra la fattispecie riconducibile, ex art. 223, comma 1, alla distrazione fraudolenta ai sensi della L. Fall., art. 216, comma 1, e la causazione dolosa del fallimento, quando il comportamento censurato sia esclusivamente quello di impoverimento dell’asse patrimoniale della fallita (cfr. Cass., Sez. 5, PM. in proc. Ascone, CED Cass. 248167).

Ancora: ben difficile è ravvisare la fattispecie di cui alla L. Fall., art. 223, comma 2, n. 2, in condotte che non incidano, in qualche misura, sulla consistenza del patrimonio della fallita società. In questo senso non è chiaro come il mero trasferimento della sede o gli atti diretti ad impedire il suo effettivo reperimento avvicinino la gestione societaria al dissesto.

Nel resto (vendita fittizia dell’automobile, compartecipazione agli atti distrattivi da parte di DE MARCO, ruolo realmente gestorio della F.G., ecc.) il ricorso tende ad una rivalutazione di elementi di mero fatto, quando il provvedimento impugnato palesa una articolata giustificazione immune da censura di logicità e completezza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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