Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 11-08-2011) 16-08-2011, n. 32116 Diritto comunitario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza del 14.7.2011 la Corte d’appello di Napoli, adita dalla richiesta di consegna della cittadina polacca H. M., alias H.M., alla Corte distrettuale di Koszalin, Polonia, in relazione al mandato di arresto Europeo emesso il 22.1.2008 in relazione a cinque condanne definitive deliberate dal Tribunale di Kolobrzeg per reati di truffa, falso, appropriazione ed altro, per la pena complessiva di otto anni e sei mesi di reclusione, rifiutava la consegna, contestualmente riconoscendo le sentenze indicate nel mandato di arresto Europeo e disponendo l’esecuzione della complessiva pena in Italia, ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. R. La Corte distrettuale provvedeva contestualmente alla revoca della misura cautelare in atto, degli arresti domiciliari, correttamente osservando che si trattava di misura finalizzata alla consegna, in effetti rifiutata.

Quattro di tali sentenze erano relative a reati commessi prima del 7.8.2002, rilevante ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 40, comma 2, per determinare l’applicabilità della procedura jnae in luogo di quella estradizionale.

Sul punto, la Corte napoletana giudicava:

irrilevante tale circostanza perchè (in ritenuta coerenza con l’insegnamento di Sez. 6, sent. n. 46844 del 10-17.12.2007 e Sez. 6, sent. 40412 del 26-31.10.2007) doveva privilegiarsi il carattere unitario della richiesta di consegna, reso evidente dall’unicità del mandato di arresto Europeo, in ogni caso l’eventuale applicazione della procedura estradizionale solo comportando una consegna più lenta;

l’eventuale riconsiderazione delle pene inflitte, sotto il profilo dell’eventuale continuazione, riservata alla fase esecutiva, ai sensi degli artt. 81 e 671 c.p.p..

2. Ricorre nell’interesse della H. il difensore fiduciario, con plurimi motivi che possono essere così organizzati, per la loro efficace esposizione:

-1. erronea applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 40, comma 2, in relazione alle quattro sentenze relative a fatti antecedenti il 7.8.2002, anche perchè la possibilità della riunione dei vari reati in continuazione, pure con quelli di cui all’ultima sentenza – successivi a tale data -, doveva considerarsi allo stato solo eventuale e differita ad eventuale, e non certa, conforme decisione del giudice dell’esecuzione;

-2. violazione della L. n. 69 del 2005, art. 6, n. 3, in relazione alla mancata trasmissione del testo integrale e tradotto delle sentenze, in quanto gli atti trasmessi dall’autorità giudiziaria polacca sarebbero mere sintesi del loro contenuto, predisposte dopo la corrispondente richiesta della Corte d’appello;

-3. erronea applicazione ed inosservanza della L. n. 69 del 2005, art. 19, lett. A, art. 6, n. 4 lett. A, art. 2, comma 1 lett. B, art. 111 Cost., nonchè manifesta illogicità della motivazione in ordine al diniego della H. di essere stata informata delle pendenze processuali e della mancanza di violazioni della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo da parte della Polonia; in particolare, la ricorrente lamenta che:

– la Corte distrettuale abbia disatteso le specifiche deduzioni difensive relative alla presenza di plurimi elementi di fatto che avrebbero dovuto condurre alla conclusione che effettivamente, e diversamente da quanto affermato dalle autorità polacche, i processi erano stati celebrati in absentia;

– la Corte napoletana avrebbe dovuto accogliere la richiesta difensiva di acquisizione di tutti gli atti dei processi polacchi, essendo mancata documentazione efficace ad attestare l’effettiva osservanza dei diritti di difesa nei processi in oggetto;

– la Polonia risultava esser stata condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo quantomeno nei casi Kozac/2002 e Lezak/2007;

-4. violazione della L. n. 69 del 2005, art. 13, e art. 178 c.p.p., lett. A, art. 179 c.p.p., perchè la convalida dell’arresto era stata eseguita da magistrato subdelegato dal magistrato a sua volta originariamente delegato dal presidente della Corte d’appello.

3.1 I motivi successivi al primo sono infondati.

La Corte d’appello di Napoli ha ritenuto che i testi relativi alle sentenze, inviati dall’autorità giudiziaria polacca, contenessero tutte le informazioni utili ad avere piena contezza di imputazioni, svolgimento dei processi e contenuto delle decisioni in giudicato. La doglianza difensiva in proposito è sostanzialmente generica, mancando deduzioni specifiche sulla rilevanza di eventuali altre informazioni (posto che a fronte di un titolo esecutivo secondo la norma propria dello Stato estero il suo contenuto, sul piano probatorio, ad esempio, non è suscettibile di rivisitazione alcuna).

L’articolato motivo sulla natura contumaciale delle sentenza è manifestamente infondato per due concorrenti ed autonome ragioni.

In primo luogo, correttamente la Corte distrettuale ha giudicato sufficiente la specifica attestazione dell’autorità giudiziaria polacca in ordine alla ritualità del contraddittorio ed alla conoscenza dei vari processi, perchè nei rapporti convenzionali ciò che rileva – ed è anche sufficiente – è la specifica affermazione dell’autorità straniera, giudiziaria o diplomatica secondo le procedure, non essendo possibile, per i vincoli convenzionali, la verifica della corrispondenza al vero di quanto formalmente attestato da tale competente autorità (verifiche e contestazioni essendo invece proprie di richieste e doglianze nelle successive procedure interne allo Stato di emissione).

In secondo luogo, la formulata ed accolta richiesta di eseguire la pena in Italia, senza la contestuale accettazione della consegna per la rinnovazione del processo all’estero, comporta la rinuncia alla contestazione della ritualità delle procedure straniere, in particolare sul punto afferente l’absentia, il cui rimedio si caratterizza, appunto, nella rinnovazione dei procedimenti penali, l’esito dei quali è stato attivato con il mandato di arresto che, in tal caso, si trasforma da esecutivo a processuale, presupponendo tuttavia pur sempre la previa consegna. In altri termini, come già affermato da questa Corte suprema (Sez. 6, sent. 19052 dell’11- 13.5.2001), non è possibile pretendere la rinnovazione del processo straniero se non a seguito dell’effettiva consegna che, sola, consente che quella rinnovazione si svolga: sussiste in proposito il principio di alternatività, per la loro intrinseca inconciliabilità, tra la domanda di esecuzione della pena in Italia e la mera deduzione del carattere contumaciale della sentenza definitiva "azionata" dall’autorità giudiziaria dello Stato estero, non accompagnata dalla consegna (sia pure con la clausola di reinvio ad espletate esigenze di giustizia estera). Non vi è, invece, inconciliabilità tra le due richieste espresse, la prima, di rinnovare il giudizio straniero, con accettazione dell’accoglimento della richiesta di consegna per consentirlo – trattandosi quindi di consegna non per l’esecuzione all’estero della pena bensì per procedere a tale rinnovazione, ai sensi dell’art. 5, comma 1 della Decisione quadro 2002/584-GAI – e, la seconda, di scontare in Italia la pena che dovesse eventualmente essere applicata in esito al nuovo giudizio, richiesta che comporta l’apposizione della clausola di restituzione dell’interessato per l’espiazione delle pena eventualmente in concreto irrogata dopo il nuovo giudizio (Sent.

19052/2011 cit.). Richieste che nel caso di specie non sono state formulate.

Il motivo sulla violazione dei diritti umani da parte della Polonia è del tutto generico.

Il quarto motivo è inammissibile perchè attiene a presunta irregolarità che riguarda solo l’aspetto cautelare, dedotta tardivamente e in contesto di mancanza di interesse, stante l’attuale stato di libertà della donna.

3.2 Il primo motivo è fondato nei limiti e nei termini che seguono.

3.2.1.1 La possibilità di procedere secondo la L. n. 69 del 2005, anche per i reati commessi prima del 7.8.2002 è stata affermata dalla giurisprudenza di questa Corte suprema per le situazioni nelle quali "la procedura è stata intrapresa rispetto a fatti che risultano unificati secondo un modello che comporta una valutazione unitaria di essi analoga a quella propria della continuazione" ex art. 81.2 c.p. (Sez.6, sentenze 40412/2007 e 46844/2007 citate dalla Corte distrettuale).

Ciò che caratterizza questo insegnamento è pertanto l’accertata sussistenza di un tale collegamento tra i reati (si abbia presente che nella sentenza 40412 la richiesta di consegna era relativa ad una decina di diversi reati, commessi dal 1999 al 2003, che venivano già contestati in un’unica ancorchè articolata contestazione; nella sentenza 46844 il caso era quello di due condanne distinte, attivate con la medesima richiesta, relativa ad un medesimo reato, nei confronti della medesima persona offesa, i cui periodi di consumazione erano immediatamente contigui).

3.2.1.2 La mera coesistenza di più condanne nell’ambito della medesima richiesta di consegna – in particolare per il caso di una condanna per fatto successivo al 7.8.2002 contenente la revoca di sospensioni condizionali della pena concesse con sentenze precedenti per fatti/reato antecedenti tali date – è stata ritenuta idonea a legittimare la sussunzione nella procedura mae da Sez.6, sent. 16213 del 16-17.4.2008, che ha affermato la rilevanza, e sufficienza, del principio dell’"unitarietà del procedimento di esecuzione".

Ma le successive sentenze di questa Sezione sesta hanno affermato il diverso principio di diritto, secondo cui la mera compresenza nella medesima sentenza di una condanna per il reato oggetto dello specifico processo consumato dopo il 7.8.2002 e della revoca di sospensione condizionale della pena applicata in diverso processo per reato consumato prima di tale termine non è idonea a sottrarre la richiesta di eseguire quest’ultima porzione di pena alla procedura estradizionale (Sentenze 6185 del 6-12.2.2009; 36995 del 26- 29.9.2008; 28139 del 4-9.7.2008; 9394 del 27-29.2.2008).

3.2.1.3 I due insegnamenti risultano così coerenti: ciò che rileva, per poter attrarre nella procedura mae i fatti/reato consumati prima del 7.8.2002, non è la materiale presenza dei diversi titoli esecutivi in una richiesta di consegna formalmente unica, ma solo il collegamento accertato tra i fatti/reato oggetto dei distinti titoli/sentenze. Solo il secondo, infatti, permette di escludere ed evitare alcuna mera strumentalizzazione volta ad aggirare la chiara volontà del legislatore, Europeo e nazionale. Del resto, giova evidenziare che la differenza tra le procedure di estradizione e di richiesta con mandato di arresto Europeo non è solo, e tanto, nella maggior durata (‘lentezzà) della prima, quanto nella radicale diversità strutturale che assegna la decisione, nella prima, alla discrezionalità assoluta del Governo, piuttosto che, come nella seconda, al rapporto diretto e non discrezionale tra le magistrature.

3.2.2 Coglie allora nel segno il rilievo difensivo, secondo il quale rinviando al giudice dell’esecuzione la trattazione del punto della sussistenza o meno del collegamento/continuazione tra i reati oggetto delle diverse sentenza, obiettivamente si lascia aperta la possibilità di una pronuncia negativa. Ma, in tal caso, la sussunzione nella procedura mae dei fatti/reato antecedenti il 7.8.2002 sarebbe avvenuta solo in esito all’occasionale "assemblaggio" dei diversi titoli nell’unica richiesta.

Superato però, come appena ricostruito, il principio della sufficienza dell’"unitarietà del procedimento di esecuzione", una tale situazione non può essere considerata legittima.

3.2.3 Vi è, secondo questa Corte, una soluzione sistematica coerente, che muove da alcune affermazioni già contenute, tra le altre, in Sez. F, sent. 30039 del 27-29.7.2010:

– gli istituti che caratterizzano la disciplina ex L. n. 69 del 2005, debbono essere considerati nella loro obiettiva originalità, rifuggendo da un approccio interpretativo che miri sempre alla necessaria loro riconduzione ad istituti nazionali interni consolidati (Sez.6, sent. 7107 del 12-18.12.2009) ;

– l’art. 18 lett. R (e in parte l’art. 19 lett. C) costituisce fonte autonoma e sufficiente dell’obbligo convenzionale di riconoscimento, che si concretizza nel prevedere l’obbligo della corte d’appello di determinare la qualità e quantità della sanzione da scontare in Italia, secondo le norme nazionali, contestualmente al rifiuto della consegna per la deliberazione dell’ordine di esecuzione in Italia;

– vi è pertanto la competenza funzionale della corte d’appello nella formazione del titolo esecutivo interno, che legittima l’esecuzione in Italia, secondo il diritto nazionale, della pena irrogata dalla sentenza per la cui esecuzione è stato emesso il mandato di arresto Europeo (principio che la Corte napoletana ha applicato).

Infatti, coniugando i principi esposti sub 3.2.1.3 con questa peculiare competenza funzionale della corte d’appello, si perviene alla conclusione secondo la quale:

– è possibile utilizzare la procedura mae anche per fatti/reato antecedenti il 7.8.2002 solo quando questi risultino collegati, anche ai fini di un unitario trattamento sanzionatorio, con fatti/reato successivi a tale data;

– tale collegamento (che deve caratterizzarsi per un’ "unificazione secondo un modello che comporta una valutazione unitaria di essi analoga a quella propria della continuazione") deve risultare già dal titolo straniero azionato con la richiesta di consegna, ovvero deve essere delibato ed affermato dalla stessa corte d’appello che, in caso positivo, deve altresì applicare in concreto la pena risultante dalla previa riunione in continuazione tra i diversi reati.

3.2.3.1 Debbono pertanto essere enunciati i seguenti principi di diritto, ai sensi dell’art. 173 disp. att. c.p.p.:

– solo il collegamento accertato tra i reati oggetto dei distinti titoli/sentenze, secondo un modello che comporta una valutazione unitaria di essi analoga a quella propria della continuazione, legittima la procedura mae anche per i reati commessi prima del 7.8.2002, se la richiesta di consegna riguarda pure reati successivi a tale data, non essendo invece sufficiente la mera materiale compresenza di diversi titoli esecutivi nella richiesta di consegna formalmente unica;

– nel caso di applicazione dell’art. 18 lett. R, quando tale positiva valutazione unitaria, anche nel trattamento sanzionatorio, non risulti già dal titolo esecutivo estero azionato con la richiesta di consegna, compete alla corte d’appello verificare se sussista la continuazione tra i vari reati ed eventualmente dichiararla, rideterminando in coerenza la pena, ai fini della sua esecuzione in Italia, secondo le norme interne.

3.2.4 L’applicazione di tali principi di diritto alla fattispecie impone l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, che valuterà la configurabilità della continuazione tra i reati oggetto delle diverse sentenze – eventualmente acquisendo dall’autorità giudiziaria polacca informazioni e documenti ritenuti necessari ove ritenga di non poter decidere allo stato degli atti – ; nel caso di deliberazione positiva rideterminerà la pena da espiare, in applicazione dell’art. 81 c.p.; nel caso contrario, dovrà rifiutare la consegna – senza contestualmente disporre l’esecuzione della pena in Italia – per i reati commessi prima del 7.8.2002 che non risultassero "collegati" a quelli commessi successivamente, perchè l’autorità polacca attivi separata procedura estradizionale.

P.Q.M.

Annulla con rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli per nuovo giudizio.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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