Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 09-08-2011) 17-08-2011, n. 32193

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 11 novembre 2010 la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza emessa il 6 luglio 2009 dal Tribunale della stessa sede, con la quale M.M. era stato condannato alla pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 300,00 di multa per il delitto continuato di cui agli artt. 81 e 640 c.p., art. 61 c.p., nn. 7 e 11, art. 485 c.p., in danno della Syspack Computer Italia s.r.l..

Questa la dinamica dei fatti ritenuta provata nelle sentenze di merito: M.M., impiegato come commesso presso il negozio della Syspack, in (OMISSIS), avrebbe riscosso dai clienti somme di denaro in contanti, puntualmente riportate nelle corrispondenti fatture, di importo superiore a quello annotato dallo stesso M. nei fogli in cui erano registrati gli incassi giornalieri, versando nella cassaforte del negozio le somme così ridotte e trattenendo per sè la differenza, calcolata dalla consulente contabile della società nel complessivo importo di Euro 92.938,00 con riguardo al semestre da gennaio a giugno 2004.

La certezza della riferibilità della condotta alla persona del M. e non agli altri tre impiegati presso la medesima impresa, come lui redattori dei fogli cassa e aventi accesso alla cassaforte, è stata ancorata dai giudici di merito al fatto che gli accertamenti svolti segnalavano la costante corrispondenza tra i giorni in cui si erano verificati gli ammanchi e quelli nei quali era in servizio il M., mentre le medesime discrasie tra gli incassi in contanti fatturati e le minori somme registrate (equivalenti a quelle effettivamente versate in cassaforte) non erano rilevabili nei giorni in cui il M. era assente per ferie o altra causa.

La Corte d’appello, nel rigettare i motivi di impugnazione presentati dal M., ha osservato in particolare: a) l’infondatezza della tesi della congiura prospettata dall’imputato secondo cui i colleghi di lavoro, ai quali egli era inviso a causa delle sue alternative tendenze sessuali, avrebbero artatamente posto in essere la condotta contestata soltanto nei giorni della sua presenza in servizio per addebitarla alla sua persona, rilevando, invece, la Corte che la prova specifica era fondata non solo sulla predetta coincidenza temporale, ma altresì sulle dichiarazioni del querelante, R. R., legale rappresentante della società, costituitasi parte civile, circa l’assiduita con la quale il M. portava i soldi in cassaforte, in apparente ossequio alla direttiva aziendale secondo cui la liquidità di cassa non doveva prudenzialmente superare la somma in contanti di Euro 300,00, e sulle dichiarazioni di altro commesso, B.P., il quale aveva escluso di essere l’unico impiegato ad avere la disponibilità della chiave della cassaforte, che, pur nascosta alla vista del pubblico, era accessibile a tutti i quattro commessi del negozio, M. incluso; b) l’inutilità della richiesta perizia contabile per accertare l’esatto ammontare degli ammanchi, poichè alla querela erano stati allegati i dischi informatici che riportavano tutti i dati relativi ai fogli di cassa, ai documenti di vendita ed ai fogli di presenza, i quali erano stati esaminati dai Carabinieri delegati per le indagini che ne avevano verificato la rispondenza a quelli indicati nella consulenza redatta dall’impiegata contabile, V. V.M., della stessa società Syspack; c) il concorso del reato di falsità in scrittura privata, di cui all’art. 485 c.p., con il delitto di truffa, previsto dall’art. 640 c.p., trattandosi di due azioni distinte che offendono beni giuridici diversi, donde anche il rigetto della richiesta riduzione della pena.

2. Avverso la predetta sentenza il M., tramite il suo difensore, avvocato Angelo M. Roberti del foro di Roma, ha proposto ricorso per cassazione deducendo quattro motivi di impugnazione.

2.1. Con il primo motivo deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riguardo agli artt. 533 e 192 c.p.p..

Gli indizi a carico del M. sarebbero privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza e il giudice di merito non avrebbe dato conto, in motivazione, dei risultati acquisiti e dei criteri adottati, in particolare omettendo di considerare che tutti gli impiegati della Syspack avevano accesso alla cassaforte e che nessuno ha mai riferito di aver visto il M. alterare le cifre annotate degli incassi e depositare in cassaforte meno del dovuto; la Corte di merito avrebbe, inoltre, trascurato di considerare le ipotesi alternative a quella accusatoria del M., e, cioè, che l’imputato fosse stato vittima di una congiura ordita dai colleghi cui era inviso per la sua omosessualità ovvero che il legale rappresentante della Syspack, a causa della crisi economica in cui versava la società, avesse avuto interesse ad esporre incassi inferiori a quelli effettivi per motivi fiscali; in sintesi, l’affermata responsabilità penale del M. non resisterebbe ad ogni ragionevole dubbio e non assurgerebbe al grado di certezza postulato dalla legge.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia mancanza o manifesta illogicità della motivazione e violazione dell’art. 533 c.p., poichè la Corte territoriale, pur ammettendo l’interesse del testimone B. a stornare ogni sospetto dalla sua persona, avrebbe tuttavia affermato la responsabilità del M. sulla base della sola testimonianza del R., il quale non solo non ha accusato l’imputato ma lo ha addirittura definito come un impiegato molto attento e pignolo.

2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la mancata assunzione di una prova decisiva, costituita dall’omessa perizia contabile per valutare se effettivamente vi fossero stati degli ammanchi nella società Syspack e di quale entità.

Al riguardo la pronuncia di condanna si fonderebbe sulla consulenza tecnica della parte civile, oggetto di verifica da parte dei carabinieri sulla base dei soli documenti forniti dalla stessa società, senza autonomi accertamenti presso la sede della Syspack, con violazione del diritto di difesa dell’imputato.

2.4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce l’inosservanza della legge penale per il ritenuto concorso del delitto di truffa con quello di falsità in scrittura privata, posto che quest’ultimo, costituendo l’antecedente logico necessario del primo, sarebbe assorbito nel reato di truffa integrando con esso una singola azione criminosa.

Motivi della decisione

3. Tutti i motivi di ricorso sono manifestamente infondati.

3.1. La Corte territoriale ha dato ampia e coerente ragione della ritenuta riferibilità del fatto alla persona del M., in particolare esaminando anche l’ipotesi ricostruttiva alternativa, prospettata dall’imputato nel corso del giudizio, circa la presunta congiura ordita dai colleghi a suo danno, apprezzandola con motivazione adeguata e coerente come priva di fondamento.

3.2. La dichiarata responsabilità del M., contrariamente alla censura proposta, non si fonda sulla sola testimonianza del R., legale rappresentante della Syspack, ma su un complesso di elementi indiziari compiutamente rappresentati nella decisione di merito e coerentemente valutati, e il contenuto delle dichiarazioni del R. non è stato travisato dal decidente, essendosi il testimone limitato a riferire l’eccessiva precisione e attenzione del M. nel non lasciare in cassa somme in contanti superiori all’importo consigliato e i suoi frequenti accessi alla cassaforte, circostanze ragionevolmente apprezzate come coerenti con l’attribuzione degli ammanchi proprio alla condotta dell’imputato.

3.3. La Corte distrettuale ha dato adeguata motivazione delle ragioni del mancato accoglimento della richiesta difensiva di disporre perizia contabile, ex art. 603 c.p.p., perchè non necessaria al fine di decidere, attesa la compiuta rappresentazione delle operazioni di interesse nella documentazione contabile della società Syspack, sottoposta anche al vaglio dei carabinieri delegati per le indagini.

3.4. E’, infine, configurabile il concorso materiale -e non l’assorbimento – tra la falsificazione in scrittura privata e la truffa, quando il falso sia preordinato ed utilizzato come mezzo necessario per realizzare la truffa stessa: in tal caso, infatti, non ricorre l’ipotesi del reato complesso per la cui configurabilità è necessario che sia la legge a prevedere un reato come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro, e non siano invece le particolari modalità di realizzazione in concreto del fatto tipico a determinare una occasionale convergenza di più norme e, quindi, un concorso di reati (c.f.r., tra tutte, Sez. 2, n. 4701 del 16/12/1988, dep. 05/04/1989, Rv. 180937; e Sez. 5, n. 21409 del 05/02/2008, dep. 28/05/2008, Franchi, quest’ultima relativa ad analoga ipotesi di concorso tra il reato di falso in atto pubblico e la truffa).

4. Segue, a norma dell’art. 615 c.p.p., comma 2, e art. 616 c.p.p., l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende della somma, stimata equa, di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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