Cons. Stato Sez. VI, Sent., 16-09-2011, n. 5158 Piano regolatore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sono impugnate le epigrafate sentenze del Tribunale amministrativo regionale della Liguria 22 giugno 2004 n. 1012 e n. 1013 che hanno dichiarato, rispettivamente, in parte irricevibile ed in parte inammissibile il ricorso di primo grado n. 400/02 ed inammissibile il ricorso n. 1700/01.

Con i ricorsi di primo grado ora richiamati i ricorrenti, tutti esercenti attività commerciali di vario tipo nella zona portuale di Sampierdarena in Genova, avevano impugnato (con il ricorso n. 1700/01) la delibera di Consiglio regionale 31 luglio 2001 n. 35 recante l’approvazione del Piano regolatore portuale di Genova nella parte in cui detta la disciplina relativa all’area di Sampierdarena – Ambito S7 – nonché (con il ricorso n. 400/02) la delibera del Presidente della giunta regionale 10 marzo 2000 n. 44 avente ad oggetto l’approvazione della variante integrale al Piano urbanistico comunale nella parte in cui detta la disciplina relativa al distretto di trasformazione TR 2/12 (P. di S. Benigno).

La sentenza di primo grado ha rilevato l’inammissibilità della impugnativa delle previsioni del piano portuale, sotto il profilo che sarebbero pedissequamente riproduttive delle scelte urbanistiche già compiute in sede di Piano regolatore generale, nonché la irricevibilità del ricorso avverso il piano urbanistico, attesa la tardività, per questa parte, dell’impugnazione.

Insorgono gli appellanti avverso dette sentenze per rilevarne l’erroneità sotto il profilo che l’effettiva lesività delle previsioni urbanistiche generali è stata da loro percepita soltanto in occasione della piena conoscenza delle previsioni del Piano portuale, di tal che ingiusta è la sanzione dell’irricevibilità nei confronti del ricorso avverso il Piano urbanistico comunale. Insistono pertanto nell’articolare le censure già prospettate dinanzi al primo giudice e fondate sul loro mancato coinvolgimento procedimentale e sull’irragionevolezza delle previsioni urbanistiche, dalla cui attuazione verrebbe, in omaggio a un preteso miglior assetto viario del comparto urbanistico, un pregiudizio alle loro posizioni di esercenti, da tempo remoto, attività commerciali in ambito portuale.

Si sono costituite in giudizio le intimate amministrazioni per resistere ai ricorsi in appello e per chiederne la reiezione.

All’udienza del 24 giugno 2011 gli appelli sono stati trattenuti per la sentenza.

Anzitutto va disposta la riunione dei ricorsi per evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva.

Preliminarmente va dichiarata l’improcedibilità degli appelli nei confronti dei soggetti che hanno manifestato la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione, per aver ottenuto medio tempore la soddisfazione della pretesa sostanziale, sia pure obliquo modo, attraverso una diversa collocazione in ambito portuale delle loro attività commerciali. Si tratta, in particolare – da quanto si desume dalla nota depositata in giudizio dai difensori in occasione dell’udienza di discussione del 24 giugno 2011 – degli appellanti M. G., V. S., E. S., R. L. S., Q. D. P. E. &. C. S., A. S., P. S., D. L. F. F. G., B. A. D. F. P. S., S. B. E. F. 1. S., R. G. C.. Nei loro confronti gli appelli vanno pertanto dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.

Quanto agli altri, per i quali persiste l’interesse alla decisione, il Collegio osserva che gli appelli vanno respinti siccome infondati.

In particolare, risulta dirimente ed ineccepibile quanto rilevato dal giudice di primo grado in ordine alla tardività dell’impugnazione nella parte in cui, nell’ambito del ricorso r.g. n.400/02, si rivolge avverso le previsioni di Piano regolatore generale: la variante urbanistica oggetto di gravame risulta infatti approvata con d.P.G.R. 10 marzo 2000 n. 44 (e pubblicata sul b.u.r. del 29 marzo 2000), mentre il ricorso di primo grado è stato notificato a distanza di due anni (29 marzo 2002) dalla pubblicazione del piano stesso.

Ora, l’art. 21, comma primo, l. 6 dicembre 1971, n. 1034, modificato dalla l. 21 luglio 2000, n. 205 (qui applicabile ratione temporis), ha chiarito che in tutti i casi in cui non sia necessaria la notificazione individuale del provvedimento e sia al contempo prescritta da una norma di legge o di regolamento la pubblicazione dell’atto in un apposito albo, il termine per proporre ricorso decorre dal giorno in cui è scaduto il periodo della pubblicazione. E’ stato così confermato l’indirizzo secondo cui il normale termine decadenziale per ricorrere contro gli atti amministrativi soggetti a pubblicazione necessaria, decorre per i soggetti non espressamente nominati, dalla pubblicazione medesima, non essendo indispensabile la notificazione individuale o la piena conoscenza (cfr. da ultimo Cons. Stato, IV, 10 giugno 2004, n. 3755; 30 luglio 2002, n. 4075). Sotto tale angolazione sono sicuramente atti pianificatori, soggetti a pubblicazione necessarie, quelli recanti l’approvazione di piani regolatori generali o loro varianti (a contenuto generale o di ampie zone e comparti territoriali), i quali, per costante giurisprudenza, devono essere contestati in giudizio nel termine decadenziale decorrente dalla data di pubblicazione, non essendo richiesta la notificazione agli interessati né il decorso dell’ulteriore termine di efficacia (cfr. ex plurimis Cons. Stato, IV, 16 ottobre 2001, n. 5467).

Nemmeno vale obiettare che, nel caso di specie, le pregiudizievoli previsioni di piano siano state in concreto conosciute dagli originari ricorrenti solo in occasione della loro trasposizione nell’ambito del piano portuale, dato che si tratta di circostanza non provata, estemporanea e comunque irrilevante, in quanto incapace di comportare la disapplicazione della regola generale sulla impugnazione degli atti di pianificazione o a contenuto generale. Non è neppure condivisibile il rilievo degli appellanti secondo cui il decreto di approvazione del piano avrebbe dovuto essere notificato personalmente ed individualmente a ciascuno degli originari ricorrenti, dato che per un verso le previsioni urbanistiche contestate – riguardanti l’intero assetto viario di comparto- non si concretano in previsioni a contenuto espropriativo puntuale su singoli beni che risultino in titolarità degli originari ricorrenti e, per altro verso, costoro non hanno dato prova della persistenza della loro posizione sostanziale legittimante (si tratta per lo più di ex concessionari demaniali con titoli concessori ormai scaduti).

Una volta acclarata la tardività dell’impugnazione avverso le previsioni urbanistiche contenute nella variante al piano regolatore generale risulta altresì consequenziale la declaratoria della inammissibilità del ricorso di primo grado (r.g. n. 1700/01) avverso la deliberazione (di Consiglio regionale 31 luglio 2001, n. 35) di approvazione del piano regolatore portuale in ordine alla disciplina urbanistica dell’area di Sampierdarena (ambito S7). Si è detto infatti, ed il dato è pacifico e incontestato in giudizio, che le previsioni del piano portuale relative a tale area sono riproduttive, nelle linee fondamentali, delle scelte già compiute in sede di approvazione della variante urbanistica, di tal che è questa approvazione l’atto a contenuto lesivo che avrebbe dovuto essere tempestivamente impugnato. D’altra parte è la stessa normativa statale di riordino della legislazione portuale ad aver espressamente previsto, in linea con i principi generali, che il piano regolatore portuale non possa derogare allo strumento urbanistico vigente (art. 5, comma 2, l. 28 gennaio 1994, n. 84 – Riordino della legislazione in materia portuale). Correttamente pertanto il giudic di primo grado ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso avverso il piano portuale che, sul P., non avrebbe potuto contenere previsioni diverse da quelle già assunte nello strumento urbanistico di pianificazione territoriale in funzione di un miglior coordinamento viario tra il porto, l’autostrada e la restante viabilità urbana.

Del tutto infondata appare poi la censura nella parte in cui, muovendo dall’erroneo presupposto della sussistenza della giurisdizione esclusiva nella materia, prospettano una disapplicazione delle previsioni di Piano regolatore generale da parte del giudice amministrativo.

Ma il giudice amministrativo, va rammentato, nell’esercizio della giurisdizione di legittimità non può che limitarsi a riscontrare, come qui già evidenziato dalla sentenza di primo grado, l’intervenuta decadenza dall’azione di annullamento delle disposizioni di piano regolatore generale.

Anche le censure avverso la declaratoria di inammissibilità dei motivi aggiunti di primo grado proposti avverso lo schema di assetto urbanistico previsto dal’art. 14 delle n.t.a. del PUC di Genova non meritano condivisione, risultando al contrario corretta la decisione di ritenere priva di portata lesiva autonoma tale previsione. Lo schema di assetto urbanistico rientra infatti tra la documentazione obbligatoria che ogni interessato deve produrre nel procedimento funzionale all’ottenimento del titolo amministrativo edilizio. Ora, non par dubbio che le appellanti non abbiano un interesse attuale a censurare i contenuti specifici di tale documentazione, vuoi in considerazione della riscontrata tardività della impugnativa avverso le destinazioni urbanistiche impresse dal PUC, vuoi perché lo schema di assetto urbanistico, essendo destinato a specificare la struttura insediativa e le sue connessioni con il contesto, presuppone la sussistenza di un interesse attuale ad ottenere un titolo edilizio rispetto a cui lo schema urbanistico si pone in relazione di strumentalità. Qui nessuno dei soggetti odiernamente appellanti ha dimostrato di avere un siffatto interesse, di guisa che l’impugnazione della previsione regolamentare che quella documentazione impone si appalesa per più profili inammissibile.

In definitiva gli appelli per questa parte vanno respinti.

Restano assorbite nella presente decisione di rigetto le ulteriori questioni, processuali e di merito, non espressamente affrontate in questa sede (compresa quella inerente la legittimazione processuale del Comitato per la tutela delle piccole e medie imprese di Sampierdarena)

In definitiva, gli appelli riuniti vanno dichiarati in parte improcedibili, per difetto sopravvenuto di interesse in capo ai soggetti dianzi specificamente indicati, ed in parte vanno respinti, nei sensi indicati in motivazione.

Le spese di lite di questo grado di giudizio possono essere compensate tra le parti, in considerazione dei contenuti eminentemente processuali del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti (RG n. 11179/04 e 11180/04), così provvede:

a) riunisce gli appelli;

b) dichiara improcedibili gli appelli nei confronti dei soggetti specificamente indicati in parte motiva e li respinge nei confronti degli altri.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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