Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 14-07-2011) 17-08-2011, n. 32187 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) P.P. ha proposto ricorso avverso l’ordinanza 21 maggio 2010 della Corte d’Appello di Salerno che ha respinto la domanda di riparazione per l’ingiusta detenzione subita, dal 4 giugno 2002 al 31 dicembre 2003 (dal 30 giugno 2002 agli arresti domiciliari), a seguito dell’applicazione nei suoi confronti della misura cautelare della custodia in carcere per reati per i reati di partecipazione ad associazione dedita al traffico di stupefacenti, di acquisti e cessioni delle medesime sostanze ( D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74) nonchè per illegale detenzione di armi comuni da sparo.

La Corte ha ritenuto che il diritto alla riparazione dovesse essere escluso perchè l’istante, con il suo comportamento gravemente colposo, aveva dato causa alla custodia cautelare applicata nei suoi confronti.

In particolare, secondo quanto riferisce l’ordinanza impugnata, l’istante aveva tenuto un atteggiamento di connivenza non meramente passiva sull’attività di spaccio di stupefacenti da parte del marito.

2) A fondamento del ricorso si deduce un unico motivo di censura con quale si denunziano i vizi di violazione di legge, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sotto diversi profili perchè la Corte di merito avrebbe ritenuto l’esistenza di una connivenza neppure provata nel giudizio di merito.

In ogni caso, si sostiene nel ricorso, non si comprende come avrebbe l’istante potuto impedire che il marito si dedicasse alle illecite attività. 3) Ciò premesso va osservato, sul tema dell’esistenza della colpa grave preclusiva della riparazione, che il sindacato del giudice di legittimità sull’ordinanza che definisce il procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione è limitato alla correttezza del procedimento logico giuridico con cui il giudice è pervenuto ad accertare, o negare, i presupposti per l’ottenimento del beneficio indicato.

Resta invece nelle esclusive attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a motivare adeguatamente e logicamente il suo convincimento, la valutazione sull’esistenza e sulla gravità della colpa o sull’esistenza del dolo.

A questi fini il giudice della riparazione deve valutare i fatti accertati dal giudice penale per verificare se, indipendentemente dalla loro rilevanza penale, nelle condotte della persona sottoposta a custodia cautelare possano ravvisarsi elementi di dolo o colpa grave che abbiano avuto efficacia causale nel provocare la privazione della libertà personale.

Nel giudizio di riparazione può anche essere accertata l’esistenza di fatti diversi, che non abbiano formato oggetto dell’accertamento penale (nel senso che siano stati esclusi in quel giudizio) anche con il riferimento ad- atti non acquisiti al procedimento penale purchè, naturalmente, riguardino fatti che abbiano influito sull’emissione della misura cautelare.

Quello che il giudice della riparazione non può fare è di ritenere l’esistenza di fatti esclusi dal giudice del processo (o di escludere l’esistenza di fatti accertati) ben potendo, però, rivalutare (non ai fini dell’accertamento della penale responsabilità ma) ai fini dell’accertamento del diritto alla riparazione i fatti, anche penalmente irrilevanti, accertati o non esclusi dai giudici del merito. E’ dunque obbligo del giudice della riparazione verificare se questi ulteriori elementi esistano e, nel caso di risposta positiva, se la condotta dell’istante fosse connotata da dolo o colpa grave.

4) Nel caso in esame l’ordinanza impugnata si è attenuta a questi principi.

La Corte di merito ha ritenuto gravemente colposa la condotta dell’istante rilevando che la condotta della medesima non era caratterizzata da una presenza passiva alle illecite attività del marito ma, pur non essendo stato provato che concorresse nei reati da questi commessi, è emerso che riceveva il danaro dagli acquirenti e lo consegnava ai venditori, si interessava che il marito esigesse i crediti dai debitori, usava un linguaggio criptico nelle conversazioni telefoniche con il marito mostrando di essere a conoscenza dei suoi illeciti traffici.

Deve dunque ritenersi che i giudici di merito abbiano fornito di adeguata e non illogica motivazione la loro valutazione sull’esistenza della colpa e sulla sua gravità fondando questa valutazione sulle condotte descritte accertate nel giudizio sulla responsabilità; condotte che hanno creato la falsa apparenza della sua partecipazione ai reati e quindi provocato l’emissione della misura cautelare nei suoi confronti.

Queste valutazioni, essendo esenti dai vizi denunziati, si sottraggono al sindacato di legittimità avendo, i giudici di merito, individuato condotte macroscopicamente imprudenti quali quelle descritte la cui astratta idoneità ad integrare la colpa grave ipotizzata non appare seriamente contestabile.

5) Alle considerazioni in precedenza svolte consegue il rigetto del ricorso con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese tra le parti del presente giudizio.

P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4^ penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Spese compensate tra le parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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