Cass. civ., sez. I 27-10-2006, n. 23264 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI – ATTIVITÀ FALLIMENTARI – AMMINISTRAZIONE -Beni soggetti a pubblica registrazione – Dichiarazione di fallimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.G. e C.P. convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, il Ministero della Finanze per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti per avere acquistato un immobile da persona il cui fallimento non era stato annotato sul registri immobiliari, con la conseguenza che essi erano stati costretti a versare in via transattiva al fallimento, che intendeva far valere l’inefficacia dell’acquisto, la somma di L. 86.823.400. Il Ministero si costituiva deducendo la legittimità del rifiuto della trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento ed indicava, quale unico responsabile dell’omissione il curatore fallimentare L.G., che, evocato in giudizio, contestava la sussistenza di una sua responsabilità.

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 30 novembre 1998, condannava il Ministero al risarcimento dei danni e rigettava la domanda da esso proposta nei confronti del curatore.

Il Ministero delle Finanze proponeva appello, assumendo che legittimamente, in mancanza della nota di trascrizione, non redatta dal curatore, il Conservatore dei Registri immobiliari si era rifiutato di trascrivere la sentenza di fallimento e che, pertanto, il danno era da ascrivere solo, o quantomeno anche, alla condotta del curatore. La Corte territoriale rigettava il gravame, con sentenza dell’11 marzo 2002, osservando che; 1) l’unico onere gravante sul curatore del fallimento i quello ?notificare un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché aia annotato nei pubblici registri" e nella specie il curatore aveva regolarmente provveduto alla notifica dell’estratto; 2) l’annotazione (in realtà trascrizione) di cui alla L. Fall., art. 88 e prescritta nell’interesse pubblico e non nell’interesse dei creditori, già tutelati dal vincolo di indisponibilità decorrente dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento; 3) il Conservatore, quindi, si deve attivare sulla base della sola notifica dell’estratto della sentenza dichiarativa di fallimento e non può pretendere la compilazione della nota di trascrizione di cui all’art. 2659 c.c.; 4) non risultava, essendo insufficiente allo scopo l’annotazione "restituito tutto" apposta sul registro dell’ufficio, che il rifiuto di annotazione fosse stato comunicato al curatore e, quindi, si doveva escludere qualsiasi negligenza dello stesso.

Avverso detta sentenza propongono ricorso per cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia del territorio, deducendo due motivi. B.G. e C.P. nonché L.G. resistono con controricorso ed il terzo ha anche presentato memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il Ministero lamenta la violazione della L.Fall., art. 88, e degli artt. 2659 e 2674 c.c., deducendo che la formalità prevista dalla prima disposizione, pur essendo qualificata come annotazione, in mancanza di una preesistente trascrizione o iscrizione rispetto alla quale debba produrre i propri effetti, e in realtà una trascrizione e, pertanto, deve rispettare la disciplina dettata dall’art. 2659 c.c. nella parte in cui preveda la redazione dalla nota in doppio originale, con la conseguenza che il Conservatore, ai sensi dell’art. 2674 c.c., non può ricevere l’atto che sia sprovvisto della nota.

Il motivo è infondato, la L. Fall., art. 88, comma 2, dispone che "se il fallito possiede immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il curatore notifica un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché sia annotato nei pubblici registri". Si può condividere il rilievo, pacifico in dottrina, secondo cui erroneamente il legislatore ha parlato di annotazione in quanto la formalità in questione non inerisce ad un atto specifico, incidendo sulla sua validità od efficacia. Tale rilievo, tuttavia, anche portando ad una qualificazione della formalità in termini di trascrizione, non consente, tuttavia, di ritenere che nel caso di specie siano applicabili tutte le disposizioni in tema di trascrizione. La L. Fall., art. 88 esaurisce, infatti, la disciplina della fattispecie, tenuto conto delle finalità della disposizione. In proposito, ai deve rammentare che la funzione della trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento non è quella di rendere la stessa opponibile ai terzi, secondo lo schema comune alla trascrizione degli atti prevista dal codice civile, né quella costitutiva della trascrizione del pignoramento immobiliare (art. 555 c.p.c.); la sentenza dichiarativa di fallimento è, infatti, opponibile ai terzi sin dal momento della sua emissione (ed è questa la ragione per cui gli acquirenti, odierni controricorrenti, si sono trovati esposti all’azione del fallimento) e la pubblicità della sentenza è richiesta soltanto per dare ai terzi la possibilità di conoscere della dichiarazione di fallimento, comunque ad essi opponibile. Inoltre, sebbene la notifica dell’estratto sia prevista soltanto quando il fallito possiede immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, la trascrizione della sentenza non ha uno specifico riferimento a quei beni, ma al soggetto che è stato dichiarato fallito. Il che, da un lato, é consentito senza difficoltà da un sistema di pubblicità immobiliare basato sulle parsone e non sui beni e, d’altro canto, rende del tutto superflua la redazione di una nota di trascrizione, tenuto conto che gli elementi necessari per svolgere la funzione assegnata dalla norma si sostanziano nelle generalità del fallito e sono tutte contenute nell’estratto della sentenza dichiarativa di fallimento.

Con il secondo motivo il Ministero deduce la violazione della L. Fall., art. 38, ed il vizio di motivazione, lamentando che erroneamente la Corte territoriale aveva escluso una responsabilità almeno concorrente del curatore, considerato che il curatore, nei cinque mesi trascorsi tra il fallimento e la vendita da parte dal fallito, non si era accertato se la trascrizione fosse stata o meno eseguita e ciò malgrado la prassi consolidata, confortata dalla maggioranza della dottrina, prevedesse che la richiesta del curatore fosse accompagnata dalla nota di trascrizione.

Anche il secondo motivo è infondato. Esclusa la necessità della redazione di una nota di trascrizione, si deve anche escludere una responsabilità del curatore per non avere verificato il buon fine della sua richiesta. Infatti, anche ammettendo l’esistenza di una illegittima prassi delle Conservatorie che richiedeva la presentazione della nota, la responsabilità deve essere esclusa poiché gli obblighi in materia del curatore sono fissati dalla L. Fall., art. 88, ed il dovere di diligenza previsto dalla L. Fall., art. 38, riguarda i doveri dell’ufficio del curatore senza estendersi al dovere di attivarsi a tutela dei terzi in relazione a situazioni che li pongono in pericolo, ma non sono riconducibili alla sua attività, ma solo ad illegittime decisioni del Conservatore dei registri immobiliari. In proposito, se è vero che nell’ordinamento giuridico vigente, pur non esistendo a carico di ciascun consociato un generale dovere di attivarsi al fine di impedire eventi di danno, vi sono molteplici situazioni dalle quali possono nascere, per i soggetti che vi sono coinvolti, doveri e regole di azione, la cui inosservanza integra la nozione di omissione imputabile e la conseguente responsabilità civile (Cass. 8 novembre 2005, n. 21641, Cass. 29 luglio 2004, n. 14484; Cass. 1^ dicembre 2004, n. 22588), si deve escludere che un dovere di agire a tutela dei diritti dei terzi possa configurarsi dopo l’adempimento degli obblighi previsti dalla legge a tutela di questi stessi diritti. In questo caso, infatti, la legge ha individuato direttamente gli obblighi del curatore ed una diversa individuazione non può derivare dall’illegittima disapplicazione della disciplina legale.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna l’Amministrazione ricorrente al rimborso delle spese di lite liquidate in Euro 3.000,00, di cui Euro 2.900,00, per onorari, in favore di B.G. e C.P. ed in Euro 5.000,00, di cui 4.900,00 per onorari, in favore di L.G., oltre in entrambi i casi spese generali, IVA e CP.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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