T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 16-09-2011, n. 7326

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso in esame, il T.C. Antonio Stella ha impugnato l’esito del giudizio di avanzamento a Colonnello per il 2004, di cui al provvedimento prot. 03 – II/4/2/2004/32963 del 14 luglio 2004, in base al quale egli è stato dichiarato non idoneo ma, essendo stato collocato al 71^ posto della graduatoria, espressa dalla CSA, è stato escluso dal numero dei posti corrispondente a quello delle promozioni stabilite per la suddetta annualità.

L’interessato deduce un unico, articolato motivo di gravame per:

violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e 26 della L. n. 1137/1955, del D.M. n. 571/1993 nonché del D.Lvo n. 490/1997 come integrato dal D.Lvo n. 216/2000;

eccesso di potere in senso assoluto e relativo.

Con ordinanza presidenziale istruttoria n. 17/2005 l’intimata amministrazione è stata invitata a depositare atti e documenti di causa.

L’incombente è stato assolto mediante deposito della documentazione in data 17 giugno 2005.

Parte ricorrente, all’esito della versata documentazione, ha proposto motivi aggiunti (atti depositati in giudizio il 7 e 30 settembre 2005) mediante i quali ha ripreso e sviluppato le doglianze di cui all’atto introduttivo.

Con memoria notificata in data 811 maggio 2007 al Ministero della Difesa ed a tre controinteressati, e depositata il successivo 1 giugno, si è costituita in giudizio la vedova del T.C. Antonio Stella, deceduto il 13 maggio 2006, chiedendo la prosecuzione del giudizio.

Si è costituito il Ministero della Difesa.

L’Avvocatura di Stato ha depositato memoria in data 3 giugno 2010 con la quale, oltre a confutare le censure di ricorso, eccepisce l’inammissibilità del gravame.

All’udienza del 6 ottobre 2010, la Sezione, con ordinanza collegiale n. 1694/2010, ha ordinato l’integrazione del contraddittorio a carico della ricorrente (signora A.M.).

L’incombente è stato assolto nei termini mediante deposito della documentazione agli atti del fascicolo in data 1 febbraio 2011.

Il successivo 22 aprile, la ricorrente ha depositato documentazione (decreto n. 751/c, di riconoscimento al de cuius Antonio Stella della dipendenza dell’infermità da causa di servizio)

All’udienza del 28 giugno 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Il ricorso è parte inammissibile e parte infondato.

Parte ricorrente impugna l’esito del giudizio di avanzamento per l’anno 2004, di cui al provvedimento prot. n. MD/GMIL03II/4/2/2004/3296371 datato 14/7/2004 del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare – II Reparto – 4^ Divisione, in ragione del quale egli è stato dichiarato idoneo ma, siccome collocato al 71° posto della graduatoria, escluso dal numero dei posti corrispondente a quello delle promozioni stabilite per l’annualità in oggetto.

L’interessato ha dedotto:

1)violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e 26 della L. n. 1137/1955, del D.M. n. 571/1993 nonché del D.Lvo n. 490/1997 come integrato dal D.Lvo n. 216/2000;

2)eccesso di potere in senso assoluto e relativo.

Nell’ordine di trattazione dei motivi di gravame, il Collegio ritiene di procedere, per evidenti ragioni di economia processuale, dal vizio di eccesso di potere in senso relativo.

Nel denunciare, parte ricorrente, attraverso l’articolazione dei motivi di censura, la violazione della normativa dettata in materia di avanzamento al grado superiore, nonché l’eccesso di potere sotto vari profili, assume sostanzialmente l’inadeguatezza del punteggio attribuitogli rispetto agli elementi caratterizzanti il proprio curriculum – sulla cui illustrazione si sofferma – nonché rispetto a quello attribuito agli altri parigrado promossi, in tal modo prospettando un’ipotesi di eccesso di potere sia in senso assoluto sia in senso relativo.

Con riferimento a tale ultimo profilo – eccesso di potere in senso relativo – il Collegio ritiene di doversi pronunciare nel senso della sua inammissibilità per genericità e per mancato assolvimento dell’onere di fornire un principio di prova, non avendo il ricorrente offerto indicazione alcuna, dotata di una qualche concretezza, relativamente ai soggetti, da prendersi a riferimento, dalle cui valutazioni possa evincersi l’utilizzo, da parte della Commissione Superiore di Avanzamento, di un metro di giudizio difforme, concessivo nei confronti dei parigrado e più restrittivo nei propri confronti; né parte ricorrente ha indicato la categoria di qualità o di titoli in cui la denunciata disparità di trattamento e difformità di metro di giudizio si sarebbero realizzate.

Ed infatti, l’interessato si limita ad affermare una generica disparità di valutazione in suo danno, senza offrire indizi dai quali ragionevolmente desumere un serio sospetto di effettiva disparità e senza nulla seriamente dedurre a sostegno del denunciato vizio di eccesso di potere in senso relativo, laddove, nel processo amministrativo, anche dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, incombe sul ricorrente l’onere della formulazione ed individuazione dei vizi inficianti i provvedimenti di cui si duole, sia pure nei limiti a lui consentiti dalla disponibilità degli atti, adducendo concreti elementi idonei a dimostrare quantomeno la possibilità di sussistenza dei denunciati vizi.

Parte ricorrente si limita, invece, alla enunciazione astratta del vizio di eccesso di potere in senso relativo, senza indicare sotto quali profili, rispetto ai parigrado evocati, si integrerebbe tale vizio.

Dal più approfondito degli atti di causa, proprio della fase di merito del ricorso, si è potuto evincere che parte ricorrente ha affidato, sostanzialmente, l’articolazione della censura – mediante preannunciata proposizione di successivi scritti difensivi – all’esito dell’acquisizione della documentazione, oggetto di istanza istruttoria, relativa ai cinque controinteressati evocati in giudizio.

Il sig. Stella ha chiesto, infatti, in via istruttoria, l’acquisizione (anche) della documentazione caratteristica dei parigrado (schede di valutazione, libretti degli ufficiali promossi, stati di servizio) con la conseguenza che l’istanza istruttoria in questione (accolta con decreto presidenziale) si è risolta, in parte qua, nella richiesta di atti preordinata al fine della ricerca delle eventuali illegittimità meramente enunciate e non supportate da alcun elemento indiziario.

La rilevata genericità del motivo proposto, con il quale si denuncia un’ipotesi di eccesso di potere in senso relativo, si traduce nella inammissibilità dello stesso dato che nulla è stato seriamente dedotto quanto alla (eventualmente non corretta, per essere in ipotesi immotivatamente concessiva) valutazione effettuata in favore dei predetti ufficiali.

Ed invero, il ricorrente si è limitato ad affermare una generica disparità di valutazione in suo danno, senza offrire indizi dai quali ragionevolmente desumere un serio sospetto di effettiva disparità.

Per le suesposte ragioni, la censura inerente il denunciato vizio di eccesso di potere in senso relativo per avere la Commissione Superiore di Valutazione utilizzato un metro di giudizio difforme nei confronti del ricorrente rispetto ai parigrado promossi, va dichiarata inammissibile per genericità e mancato assolvimento dell’onere di fornire il principio di prova.

L’inammissibilità si estende ai successivi motivi aggiunti nella parte in cui il ricorrente, all’esito dell’acquisita documentazione istruttoria (documentazione caratteristica) ha, per la prima volta, ma tardivamente, dato concretezza al dedotto vizio di eccesso di potere in senso relativo.

Si può passare, ora, al vizio di eccesso di potere in senso assoluto.

Il ricorrente, meglio sviluppando il motivo di ricorso nei motivi aggiunti, ha dedotto le seguenti censure:

1)le motivazioni sottostanti l’attribuzione dei punteggi risultano infatti tutte uguali l’una all’altra per ciascun ufficiale;

2)tutte le motivazioni dei punteggi sono identiche fra loro per ciascun candidato;

3)la C.S.A. nella sola giornata del 23 marzo 2004 avrebbe effettuato un lavoro di valutazione enorme analizzando la posizione di ben 291 ufficiali;

4)l’esperienza professionale del ricorrente, acquisita in incarichi internazionali, non è stata messa in evidenza;

5)la commissione erroneamente ha rilevato che dall’esame della documentazione caratteristica del ricorrente si rinvengono giudizi finali non accompagnati da alcuna espressione di elogio, apprezzamento o compiacimento.

Con riguardo alle prime due censure, come seguono le considerazioni del Collegio.

L’art. 26 della legge 12 novembre 1955 n. 1137 – nel testo applicabile alla fattispecie in esame – prescrive che la valutazione per l’avanzamento a scelta degli ufficiali fino al grado di colonnello, debba essere effettuata sulla base dei seguenti elementi:

a)qualità morali, di carattere e fisiche;

b)benemerenze di guerra, comportamento in guerra e qualità professionali dimostrate durante la carriera, specialmente nel grado rivestito, con particolare riguardo all’esercizio del comando o delle attribuzioni specifiche, qualora richiesti dalla presente legge ai fini dell’avanzamento, al servizio prestato presso reparti o in imbarco;

c)doti intellettuali e di cultura con particolare riguardo ai risultati di corsi, esami esperimenti;

d)attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore.

L’art. 45 della legge 19 maggio 1986 n. 224, ha stabilito, successivamente, che il Ministero della Difesa, stabilisca le modalità applicative dell’art. 26 legge n. 1137 del 1955, "prevedendo criteri che evidenzino le motivazioni poste a base delle valutazioni".

Giova, innanzitutto, precisare che l’entrata in vigore della legge 7 agosto 1990 n. 241 non ha fatto venire meno la disposizione contenuta nell’art. 26 della legge n. 1137 del 1955, che affida alla commissione di avanzamento la valutazione complessiva degli scrutinandi sulla base degli elementi presi in considerazione dalla stessa norma, espressi legittimamente mediante punteggio (cfr. C.d.s. sez. IV, 14 febbraio 2005, n. 437; C.d.s., sez. IV. N. 7777/2006); vieppiù corretta, tale scelta appare alla luce dell’art. 40, secondo comma, del decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 490 – riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell’avanzamento degli ufficiali, a norma dell’articolo 1, comma 97, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 – (inapplicabile ratione temporis), che testualmente recita: "l’attribuzione dei punteggi rappresenta la sintesi del giudizio di merito assoluto espresso dalle commissioni di avanzamento nei confronti degli ufficiali idonei" (in senso conforme C.d.s. sez. IV, 14 febbraio 2005, n. 437).

Del pari è da ritenersi escluso, in considerazione del carattere di assoluta specialità del procedimento disegnato dall’art. 26 legge cit., che la commissione debba procedere alla preventiva puntuale predeterminazione dei criteri di valutazione degli elementi di giudizio elencati nell’art. 26 cit.; non potendosi ritenere che tale obbligo scaturisca dall’art. 45 della legge n. 224 del 1986, che impone unicamente di evidenziare le motivazioni poste a base delle valutazioni (articolo non abrogato espressamente dal citato decreto legislativo n. 490 del 1997, cfr. art. 70 e 71).

Invero, ai sensi dell’art. 13 del regolamento approvato con d.m. 2 novembre 1993, n. 571, in attuazione del su menzionato art. 45, la votazione per ciascun ufficiale è preceduta da un approfondito esame collegiale delle sue qualità e capacità, anche a seguito di relazione svolta da uno o più membri nominati dal Presidente.

Ciò premesso, va anche ricordato che il sindacato del giudice amministrativo deve indirizzarsi, per costante insegnamento giurisprudenziale, verso la verifica del corretto esercizio del potere valutativo, proprio della Commissione, nell’attribuzione del punteggio ad ogni singolo ufficiale, e, per non sconfinare nel merito dell’azione amministrativa, esso deve limitarsi al riscontro di palesi irrazionalità nell’assegnazione del punteggio, tali da non richiedere sfumate analisi degli iscritti in quadro, ma emergenti ictu oculi per la loro macroscopica evidenza.

Delimitato, come sopra, anche l’ambito del sindacato giurisdizionale e passando all’esame delle censure, il Collegio non condivide l’assunto di parte ricorrente secondo cui si sarebbe consumata, in occasione della avversata valutazione, la violazione del principio di autonomia del giudizio mediante precostituzione dei punteggi attribuiti dai membri della C.S.A…

L’interessato sostiene che l’attribuzione di espressioni omogenee ed indifferenziate non consente di apprezzare l’iter logico che ha condotto, invece, la C.S.A. alla assegnazione di un punteggio diversificato.

La consolidata giurisprudenza ha ritenuto, sul punto, che l’attribuzione, in sede di giudizio di avanzamento degli ufficiali, di punteggi uguali (o poco differenziati) per ogni categoria di titoli non costituisce, di per sé, sintomo di eccesso di potere, tranne il caso in cui emergano evidenti vizi di illogicità ed irrazionalità del giudizio espresso dalla Commissione.

Deve, peraltro, essere pure dato atto di un orientamento giurisprudenziale che ha ritenuto, sulla base di quanto previsto dagli artt. 25 della l. 12 novembre 1955 n. 1137 e 13 del D.M. 2 novembre 1993 n. 571 – che, ai fini dell’assegnazione del punto di merito necessario alla formazione della graduatoria, richiedono che ciascun membro della Commissione esprima le ragioni poste a base delle proprie valutazioni – come possa rivelarsi, conseguentemente, illegittimo l’operato della Commissione qualora, per motivare i punteggi assegnati a ciascuno degli ufficiali scrutinati, le espressioni dei componenti si differenzino di poco tra di loro, sì da far ritenere che le singole motivazioni siano del tutto apodittiche e, come tali, insufficienti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 31 marzo 1998 n. 529, nonché T.A.R. Campania, Napoli, 20 gennaio 2000 n. 134).

Sotto questo profilo, deve essere, però, osservato che la presenza di sottili sfumature terminologiche, o, addirittura, come sostenuto nella fattispecie, l’identità delle espressioni utilizzate in concreto – indicative di giudizi sostanzialmente omogenei – non disvelano, senz’altro, la presenza di un vizio motivazionale tale da inficiare automaticamente i giudizi espressi dai componenti della Commissione di Avanzamento, ma costituisce un mero "indizio" della stessa illegittimità, che deve essere corredato, per sostanziare tale tipologia invalidante, da elementi di concreto riscontro probatorio del vizio del giudizio.

Deve pure essere soggiunto che, ove venga in considerazione l’avanzamento di militari aspiranti a ricoprire il grado di ufficiale, come nel caso di specie, può rivelarsi concretamente impraticabile una marcata differenziazione, anche sotto il profilo delle espressioni letterali, a conforto di un giudizio avente ad oggetto ufficiali tutti in possesso di un prestigioso sviluppo di carriera e di elevate connotazioni personali e qualificazioni professionali, dovendo osservarsi che l’assimilabilità delle posizioni degli scrutinati, in relazione a profili che si rivelino sostanzialmente omogeneizzabili, ben può tradursi nell’impiego di sfumature terminologiche, ovvero di attenuate distinzioni letterali, laddove per gli aspetti più marcatamente differenzianti trovano invece espressione valutazioni ben più nettamente diversificate.

Non convince, pertanto, il Collegio la denuncia di parte ricorrente in ordine alla identità di motivazioni del giudizio rese dai Commissari nonostante i medesimi abbiano poi attribuito differenziati punteggi, non potendo ritenersi illogico che a detti punteggi corrispondano proposizioni valutative di contenuto identico per l’impossibilità di seguire con variazioni terminologiche le sottili differenze numeriche senza incorrere in vizi di altra natura.

Con riguardo specifico alla doglianza concernente la precostituzione dei punteggi attribuiti dai membri della Commissione, il Collego osserva, altresì, che, come dimostrato dai verbali (che fanno fede fino a querela di falso), l’organo ha operato in rigorosa ed esclusiva applicazione dell’art. 26 della legge n. 1173/1955; ciò con la conseguenza di trarre ragione dai punteggi assegnati dalla sola documentazione caratteristica e matricolare dell’interessato, giudicato in riferimento al proprio profilo attitudinale e di servizio.

Il ricorrente ha lamentato che la C.S.A., nella sola giornata del 23 marzo 2004, avrebbe effettuato un lavoro di valutazione enorme analizzando la posizione di ben 291 ufficiali.

Il Collegio ribadisce, innanzitutto, che le schede valutative del ricorrente non contengono espressioni di giudizio esattamente ripetitive e ciclostilate, bensì, similari, recando talora aggettivazioni diverse; ciò che può, comunque, giustificare, per quanto sopra già illustrato, l’attribuzione di punteggi identici da parte di ciascun commissario.

E’ stato chiarito in giurisprudenza che ove i punteggi – in relazione alle loro articolate componenti – siano stati attribuiti sostanzialmente all’unanimità e senza particolari discussioni dalla commissione (circostanza, questa, che di per sé, può ben determinare una riduzione consistente nei tempi di valutazione), la sussistenza di una adeguata valutazione dell’ufficiale – anche in una chiave comparativa con i colleghi – può imputarsi, ragionevolmente, alla circostanza che nessuno dei commissari – componenti la commissione in ragione di una particolare professionalità e di eminenti doti di esperienza – ha evidenziato particolari profili meritevoli di approfondimento ovvero che siffatta problematicità non è emersa nel corso del procedimento valutativo, peraltro svoltosi sulla base di predisposti schemi sinottici senz’altro agevolativi dei tempi di valutazione.

In tal caso, le valutazioni degli ufficiali superiori costituiscono l’espressione sintetica di opinioni condivise e non possono essere sindacate in sede giurisdizionale.

Va soggiunto, che se la censura in esame fosse stata sollevata nel senso di paventare l’irragionevolezza nei tempi di conseguimento del consenso, la stessa, per come prospettata, sarebbe anche inammissibile per genericità oltre che infondata per quanto appena sopra argomentato.

L’interessato ha anche sospettato della mancata valutazione, nei propri confronti, degli incarichi in ambito professionali.

La censura s’appalesa generica e, comunque, infondata.

Il ricorrente fonda, evidentemente, la suddetta censura sulla circostanza che dalle schede di valutazione non emerge, nella sua esaustività, l’evidenziazione di siffatti incarichi.

Sennonché, le schede di valutazione, per loro stessa natura, non possono dare conto minuziosamente del curriculum del valutando. Ciò che rileva, quindi, è la non incoerenza interna – rimasta inconfutata – tra le schede di valutazione ed il curriculum posseduto dal militare alla stregua della documentazione caratteristica.

Chiarito quanto sopra, va osservato che la commissione d’avanzamento compie la propria analisi valutativa sulla scorta del percorso curriculare dell’ufficiale quale emerge dall’intero suo libretto personale.

Ebbene, scorrendo il libretto personale del sig. Stella risulta, per tabulas, l’annotazione dei servizi e delle attività da lui disimpegnate nel periodo preso in considerazione; documenti tutti utilizzati dalla commissione d’avanzamento in una visione unitaria del percorso curriculare e della professionalità acquisita dal valutando.

Deve presumersi, pertanto, iuris tantum, che di essi la commissione abbia tenuto conto in sede di valutazione a meno di non volere revocare in dubbio (con la tecnica, però, della querela civile di falso) la veridicità del verbale reso dall’organo valutativo.

Ad avviso del ricorrente, la commissione avrebbe erroneamente rilevato la sussistenza di giudizi finali non accompagnati da alcuna espressione di elogio, apprezzamento o compiacimento.

La censura è infondata.

Dall’esame del libretto personale, si evince che il ricorrente, nel grado posseduto di tenente colonnello, ha riportato solo una volta, nella scheda valutativa n. 47 – anno 1996/1997 -, la qualifica di eccellente accompagnata dall’aggettivazione "vivo apprezzamento".

Per il resto, tutte le schede valutative relative al grado posseduto al momento della valutazione (ma anche del grado precedente) non recano, in aggiunta alla qualifica di eccellente, particolari aggettivazioni di merito quali fissate dalla normativa di settore.

Probabilmente, il ricorrente, nel dedurre la censura de qua, si riferisce a taluni rapporti informativi recanti, questi sì, formule aggiuntive di apprezzamento. Si tratta, invero, dei rapporti informativi nn. 57, 60, 62, 63, 64 e 65.

Sennonché, tale circostanza non appare in grado di inficiare la plausibilità del divisato giudizio finale in quanto i suddetti rapporti informativi si riferiscono a specifici e circoscritti periodi di attività, alcuni dei quali anche molto limitati nel tempo (circa un mese), come tali non in grado di alterare e/o attenuare l’attendibilità dei giudizi espressi nelle schede valutative che, come noto, prendono in considerazione una intera annualità sulla scorta delle qualità complessive possedute e dimostrate dal militare.

In disparte quanto sopra, la censura in esame s’appalesa, comunque, infondata sotto altro, dirimente profilo

Ed invero, la censura contenuta nel dedotto vizio di eccesso di potere in senso assoluto presuppone una figura di ufficiale con precedenti di carriera costantemente eccellenti ed esenti da qualsiasi menda o attenuazione di rendimento; sicché i sintomi di tale vizio possono cogliersi esclusivamente quando nella documentazione caratteristica risulti un livello tanto macroscopicamente elevato dei precedenti dell’intera carriera dell’ufficiale, da rendere a prima vista il punteggio attribuito del tutto inadeguato.

Tale presupposto non ricorre nel caso di specie.

Ed invero, dall’esame della documentazione caratteristica del ricorrente emerge un curriculum che, seppure apprezzabile e degno di considerazione, non appare di consistenza tale da rendere – all’esame esogeno della funzione amministrativa esercitata – irragionevole, inadeguato, macroscopicamente penalizzante il punteggio attribuito dalla commissione.

Come sopra anticipato, non emerge dalla documentazione personale dell’ufficiale un profilo di assoluta apicalità (intesa come qualifica apicale accompagnata costantemente da aggettivazioni e formule elogiative) in grado di revocare in dubbio, con sufficiente grado di prossima attendibilità, la plausibilità delle valutazioni effettate dalla commissione.

Va soggiunto, che:

nel corso della sua carriera il ricorrente ha riportato anche valutazioni non apicali nel grado di Capitano;

non proviene dai corsi regolari presso l’Accademia e la Scuola di Applicazione;

nei corsi fondamentali non ha riportato risultati particolarmente brillanti;

anche nelle precedenti promozioni nell’avanzamento a scelta ai gradi di Capitano e di Maggiore la sua posizione non era stata di spicco.

Per quanto sopra esposto, il Collegio ritiene che il ricorrente, pur meritevole di un elevato punteggio di merito, legittimamente, alla stregua del profilo di carriera posseduto, non si è visto attribuire ulteriori accrescimenti.

Il giudizio impugnato s’appalesa, pertanto, immune dai rubricati vizi di eccesso di potere in senso assoluto e violazione di legge.

In conclusione, il ricorso in esame è in parte inammissibile (avuto riguardo al vizio di eccesso di potere in senso relativo) e per il resto da respingere (avuto riguardo al vizio di eccesso di potere in senso relativo).

Le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata nel dispositivo, e sono poste in favore del Ministero della Difesa.

Nulla si dispone, invece, nei confronti dei controinteressati siccome non costituitisi in giudizio..

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, parte lo dichiara inammissibile, parte lo respinge nei sensi in motivazione.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore del Ministero della Difesa che si liquidano in complessivi Euro 3.000,00.

Nulla spese nei confronti dei controinteressati.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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