Cons. Stato Sez. III, Sent., 19-09-2011, n. 5263 Sanità e igiene

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La società P. D. S., operante nel campo dell’allevamento di galline ovaiole nel Comune di Monzambano, esponeva dinanzi al Tar Lombardia, sezione di Milano, che nell’aprile del 2003 l’Azienda sanitaria della provincia di Mantova, a seguito all’esito positivo degli esami per l’influenza aviaria su quaranta campioni di sangue prelevati da altrettante galline sentinella dell’allevamento, aveva intimato alla società stessa di abbattere una pluralità di capi presenti nel proprio allevamento.

A seguito di tale abbattimento, con istanza del maggio 2003, la società richiedeva la erogazione della indennità di cui alla legge n. 218 del 2008. Sempre nel maggio 2003 veniva tuttavia contestata all’allevamento la violazione del programma vaccinale a suo tempo attivato per avere ritardato il secondo intervento previsto per cui l’azienda senza impugnare il verbale provvedeva a pagare la prevista sanzione in misura ridotta.

Nell’ottobre 2003 veniva adottata la ordinanza del Direttore Generale della Asl di Mantova n. 2 prot. G 94028/2003 con cui si negava la corresponsione della sopradetta indennità prevista dalla legge n. 218 del 1988 motivando il rifiuto con l’avvenuto pagamento della sanzione in misura ridotta.

Tale comportamento costituiva un implicita ammissione di avere commessa la violazione contestata sicché in base all’art. 8, comma 2 della legge suddetta non spettava alla ricorrente la richiesta indennità. La suddetta interpretazione veniva avvalorata dal parere reso dal Ministero della Salute. Conseguentemente la società esperiva la azione giurisdizionale dinanzi al Tar Lombardia, impugnando la sopradetta ordinanza e contestando altresì il pregresso verbale di accertamento, il decreto regionale n. 24957/2002, il parere n.600.1/24400/A4/828 emesso in data 8 agosto 2003 dal Direttore dell’Ufficio 1 D.G.S.V.A. del Ministero della Salute, il parere del Responsabile del Dipartimento di prevenzione veterinaria di cui alla nota n. 2540 del 27 ottobre 2003 e il parere del Direttore Amministrativo.

Il Tar Lombardia, respingeva il ricorso.

Il primo giudice riteneva infatti che la trasgressione contestata alla ricorrente costituiva violazione al regolamento di polizia veterinaria, essendo lo stesso costituito non solo dal d.P.R. 320/1954, ma anche dalle norme comunitarie e dalla direttiva 92/40/CEE recepita con il d.P.R. 656/96.

Nell’atto di appello la società sostiene fondamentalmente che la sentenza avrebbe mal applicato la legge 218/88, art. 2 comma 8, non risultando violate alcuna delle tassative disposizioni che tale articolo assume a presupposto per il rifiuto dell’indennità per l’abbattimento di animali affetti da malattie epizootiche.

Per l’appellante la legge n. 218 del 1988 prevede tassativamente i casi in cui il beneficio non è concesso all’uopo indicando le specifiche violazioni normative che ne comportano la esclusione, con l’effetto che non tutte le violazioni di norme sanitarie o di polizia veterinaria danno luogo alla esclusione della indennità bensì solo alcune. Il legislatore infatti, nell’esercizio della propria potestà, avrebbe predeterminato, senza lasciare spazio a valutazioni autonome o residuali dell’amministrazione, le violazioni ostative alla concessione del beneficio in relazione alla specifiche disposizioni normative indicate e tale valutazione analitica, compiuta dal legislatore, sarebbe esaustiva e non suscettibile di specificazioni e integrazioni in sede applicativa.

In ogni caso la appellante assume di non avere censurato il diniego impugnato né di avere violato il programma di vaccinazione di cui al decreto regionale n.2495/2002 sia perché il suo allevamento di galline ovaiole in fase di deposizione non era soggetto agli obblighi del programma che era rivolto a galline ovaiole leggere di pollaio di svezzamento, sia perché la mancata esecuzione della seconda vaccinazione era dipesa da causa imputabile alla stessa ASL che dopo avere effettuato i prelievi il 14.3.2003, non aveva dato alcuna comunicazione alla ricorrente, così impedendo ad essa di dare corso alla seconda vaccinazione in attesa di detti risultati durante la quale il 14.4.2003 era stata poi riscontrata la presenza dell’infezione nell’allevamento con la conseguente emanazione dell’ordine di abbattimento di tutti i capi.

Il Tar avrebbe disatteso la censura richiamando la lettera dell’art. 2 comma 8 della legge n. 218 del 1988 non tenendo conto che è erroneo equiparare il pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa alla conclusione negativa del procedimento di irrogazione della sanzione mediante la emanazione della ordinanza ingiunzione di pagamento.

Con ulteriore motivo la appellante ha reiterato la censura di violazione dell’art. 2 della legge 216/1988 n. 218 e di eccesso di potere per carenza di potere assumendo che la indennità può essere negata solo per le violazioni indicate dalla legge 218 del 1988 non potendo la Regione né un suo dirigente modificare con un proprio provvedimento la portata della norma.

Si è costituita ed ha depositato una memoria difensiva la Regione Lombardia chiedendo con dovizia di argomentazioni il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza.

All’udienza di trattazione del 17.6.2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. La Sezione ritiene che l’appello non sia meritevole di accoglimento.

L’ articolo 2, comma 8, della legge 218/88 prevede che la indennità non è concessa a coloro che contravvengono alle disposizioni, tra altre, del regolamento di polizia veterinaria approvato con d.P.R. 320 del 1954. In tali casi l’indennità, ove competa, viene corrisposta soltanto a conclusione favorevole del procedimento di erogazione della sanzione amministrativa.

Contrariamente a quanto sostenuto nell’atto di appello, ritiene la Sezione che debba attribuirsi una portata dinamica al richiamo al regolamento di polizia veterinaria, costituito non solo dal d.P.R. 320/1954 e segnatamente dall’art. 152, che prevede la obbligatorietà dei trattamenti immunizzanti contro le malattie del pollame, ma anche da successive modificazioni e integrazioni e, per quanto riguarda la presente controversia, dal d.P.R. n.656 del 1996 concernente "Regolamento per l’attuazione della Direttiva 92/40/CEE che istituisce misure comunitarie di lotta contro l’influenza aviaria". Tale regolamento dispone "..il presente regolamento stabilisce le norme di polizia veterinaria da applicare in caso di comparsa dell’influenza aviaria".

L’art.8 del decreto regionale n.24957/2002, poi, prevedendo che in caso di malattia in allevamento, ai trasgressore non possano essere riconosciuti gli indennizzi previsti dalla legge n. 218 del 1988, si caratterizza per una mera valenza ricognitiva del sistema come già delineato dalle norme primarie di riferimento.

E invero nella fattispecie da un lato non è esclusa una interpretazione estensiva della norma primaria di riferimento posta dall’art. 2 comma 8 della legge n. 218 del 1988 tenuto conto che questa non ha carattere di sanzione amministrativa, dall’altro, la ratio del divieto di corrispondere l’indennità in questione a coloro che trasgrediscono le norme di polizia veterinaria risiede nella esigenza di evitare che dalla commissione di tali violazioni, possa derivare l’arricchimento del trasgressore risultando incoerente, anche dal punto di vista sistematico, ritenere che il beneficio economico possa essere erogato a chi abbia posto in essere una trasgressione a norme a tutela di interessi primari quali la salute anche a carattere sovranazionale. Nel caso in esame è stata appunto contestata alla società la violazione di un atto amministrativo, il decreto del dirigente regionale n. 24957/02, costituente applicazione di una norma di polizia veterinaria di derivazione comunitaria, contenuta nell’art. 16 del d.P.R. 656/96.

Il fatto che la società abbia pagato volontariamente la sanzione in misura ridotta ha realizzato la preclusione sancita dall’art. 2 comma 8 della legge n. 218 del 1988 che prevede che "..l’indennità, ove competa, viene corrisposta soltanto a conclusione favorevole del procedimento di erogazione della sanzione amministrativa".

Al punto 1.II dell’atto di appello la società, sul presupposto che le galline presenti nel proprio allevamento non sarebbero state soggette all’obbligo vaccinale in base al decreto dirigenziale suddetto e che, comunque, la violazione del programma di vaccinazione sarebbe derivato da causa imputabile all’intimata Azienda Sanitaria, evidenzia che il pagamento in misura ridotta non equivale a negativa conclusione del procedimento di irrogazione della sanzione, ma avrebbe la esclusiva finalità di definire la violazione in modo automatico a prescindere dalla fondatezza della contestazione.

3. Tale assunto non merita accoglimento.

La chiara previsione del comma 8 dell’art. 2, della legge n. 218/88 richiede che l’interessato si attivi per contestare l’irrogazione della sanzione. L’interessato ha piena discrezionalità nel decidere se ricorrere contro la sanzione o pagarla in misura ridotta, ma il pagamento dell’importo irrogato in misura ridotta, ai sensi dell’art. 16 della legge 689 del 1981, se comporta la estinzione della relativa obbligazione, conferma la violazione dell’ordinamento, in quanto il trasgressore anziché contestare e opporsi alla determinazione, si avvale della facoltà di pagare immediatamente e in misura ridotta la pena prevista. La conseguenza connessa a tale fatto dal legislatore è, ragionevolmente, il mancato riconoscimento della indennità in questione.

In sostanza solo dopo l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione per l’irrogazione della sanzione, l’interessato acquista titolo per ottenere l’indennità in questione.

Né può ora eccepirsi che l’allevamento non sarebbe stato obbligato al programma di vaccinazione o comunque che la violazione del piano di vaccinazione sarebbe stata imputabile alla ASL in quanto a norma dell’art. 2 comma 8 della legge 218/1988 non è ravvisabile la "conclusione favorevole del procedimento".

In materia di violazioni del codice della strada la Cassazione ha infatti posto un principio applicabile anche alla fattispecie rilevando che "il pagamento in misura ridotta nel processo verbale di contestazione della violazione…implica necessariamente l’accettazione della sanzione e, quindi, il riconoscimento da parte del contravventore, della propria responsabilità e, conseguentemente nel sistema delineato dal legislatore anche ai fini della deflazione dei processi, la rinunzia a esercitare il proprio diritto alla tutela giurisdizionale (cfr. Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 2862 del 2005).

In conclusione il primo e fondamentale motivo dedotto non merita accoglimento.

4. Con il secondo motivo la ricorrente contesta la legittimità del decreto n. 24957/02 del Dirigente dell’Unità Organizzativa Veterinaria dell’A.S.L. della Provincia di Mantova, nella parte in cui dispone la perdita della richiesta indennità in conseguenza della violazione alle sue disposizioni: solo la legge, infatti, avrebbe la forza giuridica di disporre in tal senso, non il decreto emanato dal dirigente regionale.

Anche tale motivo tuttavia non merita accoglimento perché il decreto contestato si limita pedissequamente a dare atto delle conseguenze già previste dalla norma primaria posta dalla legge n. 218/88 e, pertanto, assume valore ricognitivo e non dispositivo nulla innovando sotto il profilo sanzionatorio.

5. In conclusione l’appello non merita accoglimento mentre la peculiarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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